La speranza per il Venezuela
Anche se il presidente Maduro ha cercato in ogni modo di alterare il voto, con pressioni sui media, minacce, e promesse, le elezioni di oggi potrebbero segnare una svolta per il Paese al collasso
Il rischio è che il chavismo vinca epistemologicamente, anche dopo aver perso le elezioni alle urne. Non più una fazione, ma lo stile stile con cui si fa politica in Venezuela
Estefano Tamburrini
Buon giorno e di nuovo buona domenica,
una delle cose interessanti del progetto di Appunti è che molti contenuti nascono dalla comunità che partecipa.
Estefano Tamburrini è un giovane giornalista cresciuto in Venezuela e che oggi vive e lavora a Modena, che è anche la mia città di origine.
Si è proposto per raccontare le elezioni cruciali del Venezuela che potrebbero - forse - portare alla fine della lunga stagione di Nicolàs Maduro, al potere dal 2013 quando ha preso il posto di Hugo Chávez. In questo decennio lungo il Paese, dipendente dall’andamento del prezzo del petrolio, è sprofondato. Ma ora qualcosa potrebbe cambiare.
Vi ricordo che - se volete leggere un po’ di Appunti in questa calda domenica estiva - trovate varie cose da weekend:
La rubrica video degli Appunti settimanali:
Il fact checking al vescovo Rosario Gisana, protagonista del nostro podcast La Confessione
La nuova puntata della rubrica di Valeria Croce, Vita-Lavoro con la storia di Vito, che ha realizzato molti sogni a Londra ma poi ha deciso di tornare.
Buona lettura,
Stefano
La fine di Maduro?
di Estefano Tamburrini
Chi non fornirà le prove “di aver votato Maduro”, né sarà in grado di documentare la propria scelta elettorale in favore del presidente uscente, “non potrà ricevere la sportina alimentare” riservata ai simpatizzanti del regime.
Queste le istruzioni comunicate dai vertici del Gran polo patriotico a un'attivista del municipio Lagunillas poche ore prima delle elezioni presidenziali di oggi in Venezuela.
La comunicazione ufficiale spiega: “In molti potrebbero dire di aver votato Maduro, ma se noi consegnassimo 600 sportine e, al momento del conteggio, risultassero soltanto 400 voti ci sarebbe un problema”.
Dunque, “chi vota per Maduro deve farlo apertamente”, mostrando la propria scelta “a uno dei componenti del seggio elettorale” oppure documentando “in qualche modo il voto effettuato prima di depositarlo nell'urna”.
In Venezuela il voto di scambio è accompagnato dal ricatto e dalla violazione del segreto elettorale. La ”sportina alimentare” basta a garantire potere in un Paese in cui l’82 per cento della popolazione vive in condizioni di povertà e il 53 per cento di povertà estrema, secondo le stime dell’Onu.
In poco più di un decennio il Pil è crollato del 75 per cento passando da 380 miliardi a 100 miliardi di dollari e la produzione petrolifera, che oggi è di 800mila barili giornalieri mentre dodici anni fa oltrepassava le 2,4 milioni di unità al giorno.
In Venezuela sono stati persino disapplicati i correttivi che un tempo regolavano il mercato delle valute e, nello specifico, il cambio tra Bolìvar e dollaro ed è venuto meno il tetto già imposto al prezzo dei beni prima necessità. Così, stipendi e risparmi sono stati erosi dalla progressiva svalutazione della valuta locale.
Il reddito medio è di 130 e quindi insufficiente a coprire un paniere di base che ammonta a più di 554 dollari.
Per alcuni si tratta dell'effetto delle sanzioni applicate dai Paesi occidentali. Per altri, niente di più che l'effetto di una corruzione dilagante ai vertici dello Stato, con nuove e vecchie oligarchie che camminano questa volta a braccetto.
Ed è per queste ragioni che il consenso per Nicolàs Maduro è ai minimi storici con l'opposizione più che vicina che mai al traguardo del sorpasso elettorale. Al punto che alcuni sondaggi (Datanalisis, Datincorp, Delphos) danno vincitore Edmundo Gonzalez con oltre il 50 per cento delle schede. Sono presenti altri otto candidati, che però non appaiono rilevanti in un contesto elettorale polarizzato.
Alcuni sono oppositori dichiarati, come Daniel Ceballos, Antonio Ecarri Angola, Claudio Fermin ed Enrique Marquez. Altri sono considerati outsider, come il comico Benjamìn Rausseo, o il pastore evangelico Javier Bertucci.
Candidature queste senza un impatto sull'opinione pubblica ma utili a moltiplicare nomi e sigle politiche che rendono poco intuitiva la scheda elettronica curata da Smarmatic, rischiando di confondere un dieci percento dell'elettorato oppositore.
Sulla scheda elettorale il volto di Maduro è presente in tredici opzioni a seconda delle sigle che lo sostengono mentre Gonzàlez appare solo tre volte. Poi, le 22 opzioni rimanenti sono ripartite tra gli altri candidati.
Le tre settimane di campagna elettorale sono state segnate dalla persecuzione ai danni degli attivisti dell'opposizione, con almeno 62 di loro che si sono trovati in stato di fermo per alcuni giorni o per diverse ore, secondo quanto denunciato dalla Corte interamericana per i diritti umani, che ha denunciato il carattere “arbitrario delle detenzioni”.
Ne ha parlato anche il Partito comunista venezuelano, attraverso la voce di un suo esponente, Neirlay Andrade, che ha sottolineato come il regime abbia abbandonato ogni parvenza di socialismo diventando “sempre più reazionario”.
La Conferenza episcopale venezuelana (Cev) ha fatto un appello a “intensificare gli spazi di preghiera per la pace e il benessere” del Paese affinché “il processo elettorale avvenga in un clima di rispetto”.
I vescovi hanno chiesto la fine delle persecuzioni “contro coloro che facilitano gli strumenti necessari alle attività e la libertà di movimento di candidati che rappresentazioni opzioni diverse da quella governativa” giudicando come “sleale e carente di ogni etica politica quanto accaduto finora”.
Le opposizioni denunciano che le irregolrità elettorali non sono tanto al momento del voto, quanto nelle manifestazioni di “ricatto, controllo e repressione” che avvengono prima, durante e dopo il voto. Sarà perciò cruciale il monitoraggio nei seggi.
Ma non è detto che l’opposizione riesca a collocare i propri rappresentanti ovunque dalle 5 del mattino di domenica 28 luglio a mezzanotte del 29 luglio. Men che meno nelle zone rurali e aree interne del Paese.
È questa la condizione di un'elezione inedita con Maduro che promette “un bagno di sangue” in caso di sconfitta, suscitando le preoccupazioni del presidente brasiliano Luiz Inàcio Lula Da Silva, i cui osservatori non saranno presenti a causa delle provocazioni lanciate da Caracas in queste ultime ore.
Assenti anche la Colombia e l'ex-presidente argentino Alberto Fernàndez, a cui è stato revocato l'invito come avvenuto con l'Unione europea, accusata di “ingerencia” da Maduro. Gli osservatori ammessi sono stati minuziosamente setacciati dal regime di Maduro.
È stato anche revocato l'accredito a centinaia di giornalisti dopo che Nicolàs Maduro si ha definito alcune grandi agenzie internazionali come Afp, Ap, Efe e Reuters “banditi e sicari della menzogna” intenti a “fomentare le tensioni nel Paese”. Sono stati chiusi anche alcuni blog e testate digitali prima attivi nel Paese quali RunRunes, Analitica e Medianalsis.
I Paesi vicini rimangono col fiato sospeso, perché dall'esito dell'elezione dipende anche la permanenza di 4 milioni di venezuelani, su circa 22 milioni ancora in patria, decisi ad andar via qualora non dovesse cambiare nulla.
Quest’anno sono già partiti in 192mila, che hanno attraversato il valico di El Darién, secondo quanto riportato dalle autorità frontaliere del Panama. Gli sloffati venezuelani sono 8,5 milioni, di cui la maggior parte distribuiti in Sudamerica.
C’è anche il rischio che dopo l'elezione di oggi cambi poco, comunque vada. Almeno nel breve periodo. Perché, se c'è qualcosa che accomuna entrambe le fazioni è l'assenza di un pogramma elettorale chiaro e condiviso dall'opinione pubblica.
La campagna elettorale è rimasta ferma ai grandi cortei con bandiere venezuelane che sventolavano insieme a quelle dei partiti; agli slogan dei militanti in divisa – rossa, azzurra, bianca –, ai simboli religiosi e ai jingle che animavano i comizi carenti di contenuti.
Il rischio è che il chavismo vinca epistemologicamente, anche dopo aver perso le elezioni alle urne. Non più una fazione, ma lo stile stile con cui si fa politica in Venezuela.
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