Elon Musk l’ineluttabile
Che fare se non c’è alternativa ai satelliti di Starlink dell’imprenditore vicino a Trump? Rassegnarsi non è l’unica opzione
Se scegliamo di non utilizzare tecnologie terze, dobbiamo anche proporre alternative, anche meno efficienti, ma possibili, dichiarando di rinunciare a certi benefici in cambio di una maggiore libertà e indipendenza. Va tutto bene purché si sia onesti fino in fondo
Laura Turini
In una recente puntata di Otto e mezzo si è verificata una congiuntura astrale più unica che rara. Marco Travaglio, Lucio Caracciolo e Mario Sechi, tre giornalisti molto diversi tra loro, convergono sulla stessa opinione, non ci sono alternative a Elon Musk e all’uso dei suoi satelliti se si vuole davvero portare la connessione nelle aree più remote del paese e ne sono tutti convinti, nonostante la conduttrice Lilli Gruber cerchi in ogni modo di stimolarli a valutare le eventuali criticità.
Nonostante le smentite ufficiali c’è chi scommette che l’accordo con Starlink si farà, sia per rispettare le scadenze del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che prevede che sia completata la copertura con banda larga ultraveloce entro il 2026, utilizzando una tecnologia molto performante e affidabile, sia per rafforzare i rapporti con gli Stati Uniti, ma soprattutto perché non ci sono alternative convincenti.
Mettere nelle mani di un privato la sicurezza nazionale, i nostri dati, tutto quello che ci caratterizza come Stato ed entità autonoma non è certo lo scenario più auspicabile, considerando anche che la legislazione americana, per motivi di sicurezza, impone alle proprie aziende la massima trasparenza sui dati che trattano, ma non sarebbe certo della prima volta che accade.
Da Internet al cloud, tutte le infrastrutture tecnologiche più impattanti sono già nelle mani di privati e stranieri, basti pensare al predominio assoluto di Google, Microsoft e Amazon, alla faccia di tutte le nostre leggi e leggine che impongono il rispetto di sacrosanti principi e rigide garanzie per la privacy.
I nostri valori sembrano quindi vacillare di fronte alla mancanza di infrastrutture tecnologiche che ci conduce dritti di fronte a un bivio, chiudersi il naso e fare buon gioco a cattiva sorte utilizzando tecnologie altrui o restare arretrati, per non dire fuori, dal mondo che ci attende. La seconda strada non è ovviamente percorribile, almeno per gli stati tradizionali, per cui la scelta sembra praticamente obbligata.
La nostra presidente del Consiglio è, come al solito, molto scaltra e furba nel fare apparire come un grande successo, frutto di un’amicizia personale, ciò che l’Italia subisce, priva com’è di qualsiasi peso reale sul piano internazionale, ma la realtà è ben diversa.
L’Europa ha in serbo da tempo la creazione di un supercomputer, rispettoso dei principi e dei valori europei, che dovrebbe competere con i potenti calcolatori di oltreoceano, ma la distanza tecnologica rispetto a Stati Uniti e Cina è abissale.
Per questo si ricorre, come unica strategia, alla regolamentazione, confidando in un effetto Bruxelles che purtroppo non sembra funzionare nel mondo digitale. Le leggi europee hanno in qualche modo influenzato, nel passato, la produzione industriale di macchinari e apparecchiature perché le aziende si adeguavano alla nostra normativa pur di non perdere un mercato di sbocco così importante come l’Europa.
Non sta accadendo la stessa cosa per l’intelligenza artificiale e alcune imprese hanno già deciso di non fornire in Europa alcuni servizi per non rischiare le pesanti sanzioni dell’AI Act.
Se tre giornalisti così diversi convergono su un punto così critico è perché ,ad essere onesti, è proprio così, qualsiasi cosa si voglia dire e contestare, giustamente, sul piano teorico, dal punto di vista pratico non si può non fare i conti con il fatto che abbiamo le scarpe rotte.
Come fermare Musk in Italia
Certo, le critiche ad un possibile accordo con Elon Musk per l’uso dei suoi satelliti in Italia si sprecano sul piano dei principi, al punto che due senatori Pd, Nicita e Basso, i primi di dicembre 2024, nell’ambito del disegno di legge Concorrenza, hanno presentato due emendamenti definiti addirittura “anti Musk”, con lo scopo di limitare l'influenza delle grandi piattaforme nel settore delle telecomunicazioni italiane.
Il primo emendamento vieterebbe ai soggetti a cui si applica il Digital Services Act (DSA) di fornire servizi di connettività, sia all’ingrosso che al dettaglio, compresi quelli satellitari, impedendo con ciò a Starlink di operare nel mercato italiano.
Il secondo escluderebbe le tecnologie satellitari terze dall'accesso ai fondi del PNRR nelle aree già coperte da gare assegnate agli operatori di telecomunicazione, proteggendo così gli investimenti delle imprese italiane e garantendo una maggiore equità nella distribuzione delle risorse pubbliche. Secondo Nicita e Basso queste misure sono necessarie per evitare che piattaforme globali sfruttino la loro posizione dominante per entrare in mercati regolamentati come quello delle telecomunicazioni, danneggiando gli operatori locali.
Tutto molto chiaro, peccato che mentre venivano avanzate queste proposte la Lombardia avviava una sperimentazione per utilizzare connessioni satellitari nelle zone non coperte.
Gli schieramenti che si stanno formando, pro o contro il possibile accordo del governo italiano con Starlink, non possono non fare i conti con il piano di realtà ed è solo muovendo da quello che si può decidere che tipo di paese vogliamo costruire.
Se scegliamo di non utilizzare tecnologie terze, dobbiamo anche proporre alternative, anche meno efficienti, ma possibili, dichiarando di rinunciare a certi benefici in cambio di una maggiore libertà e indipendenza. Va tutto bene purché si sia onesti fino in fondo.
La nostra premier dovrebbe smettere di parlare di nazionalismo, quando è prostrata ai piedi dei monopolisti più agguerriti che tutto hanno tranne il senso dello Stato, per i quali il concetto di nazione inizia e finisce con le loro aziende.
I progressisti, o chi per loro, dovrebbero fare un bagno di realtà e rendersi conto che il mondo sta andando avanti senza tanti scrupoli trascinato dai gigacapitalisti che stanno facendo piazza pulita di tutti i valori democratici per imporre la loro visione del mondo e non basano le parole e i buoni principi per fermarli.
Tra sommettersi supinamente a questi nuovi potenti, alleandosi con loro, e cercare di fermarli quando non è possibile, andrebbe trovata una terza strada, ci vorrebbe un’illuminazione, un’idea nuova per un futuro alternativo in cui lo Stato possa continuare ancora a svolgere la propria funzione.
Anziché inneggiare al nazionalismo di provincia, o fare fughe solitarie in America, sarebbe più funzionale, e ben più efficace, coalizzarsi a livello Europeo con lo scopo di siglare accordi economici e politici per l’utilizzo di tecnologie indispensabili che non devono restare monopolio privatistico.
L’obiettivo dovrebbe essere avere accesso alla tecnologia in modo equo e trasparente, a condizioni economiche ragionevoli, con garanzie di riservatezza, con patti di opzione per eventuali sviluppi, sforzarsi, sul piano contrattuale e diplomatico, di trovare soluzioni per essere in qualche modo protagonista, anche se non principale e non comparsa del film che stiamo vivendo.
Questo dovrebbe essere il compito della politica, quella seria, di cui non si vede neppure l’ombra.
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La prima cosa da fare e' quello di vedere qual e' l'efficienza di Starlink sia a livello civile sia militare. Chi lo sa? In secondo luogo sarebbe bene vedere se esistono alternative immediate. IRIS 2 sembra arrivare a compimento nel 2030. Ma non sembra essere militare. A livello militare c'era SICRAL e si pensa a SICRAL 2, pare che abbiano stanziato le risorse. Gia' Starlink sta creando problemi agli astronomi, poi li creera' per i detriti, che gia' sono tanti, e poi saturera' le orbite basse. Nella tecnologia niente e' ineluttabile. L'Europa sconta i ritardi dovuti ad interessi di parte, ma anche alla burocrazia che tratta settori avanzati come quelli ordinari. Il tempo e' fondamentale per avviare progetti tecnologici come quelli satellitari e l'AI che peraltro hanno grandi ricadute su altri settori piu' di consumo. Possibile che il dibattito sia tra persone che non hanno nessuna competenza tecnologica, se non per il sentito dire, e non si avvii una seria discussione tra esperti? Esiste una agenzia: l'Agenzia Spaziale Italiana potrebbe dare le risposte alle domande emergenti?
Continuo a vedere tanto strabismo in questo dibattito. Provo a riassumere una serie di questioni.
1. Come fanno oggi le aree remote? Di quanta gente parliamo? Quale impatto reale sulla competitività e la sicurezza? Ne vale la pena per queste aree remote?
2. Come fanno oggi le forze armate italiane a comunicare tra loro? Che tecnologie usano? Fornite da chi? Pur al buio dubito che non siano state fornite dagli americani o da qualcuno che abbia ricevuto il loro placet.
3. Il problema di “sicurezza nazionale” emerge perché parliamo di Musk e trump che non sono simpatici (per ovvi motivi, aggiungo) o perché dopo 80 anni dallo sbarco di Anzio cerchiamo velleitarie indipendenze? Se Starlink ce lo proponeva un più simpatico oligarca liberal sotto l’ombrello di un’amminstrazione dem benedetta dai commentatori della sinistra noi avremmo avuto la stessa postura?
Sono molti interrogativi che mi aspetterei di vedere sciorinati in un dibattito maturo che vada oltre la polarizzazione sulle persone, persone che hanno un peso relativo, e su posizionamenti ideologici che non valgono nulla.