Povero Lavoro!
Siamo i primi o gli ultimi, a seconda di chi guarda e commenta cosa. Non dovrebbe essere così, la realtà è una sola, ma ognuno ne racconta un pezzo secondo la propria convenienza
Tra un po’ ci saranno cinque referendum, ma non se ne parla. C’è la corsa scudetto e ai posti in Champions, un Papa da fare, il blackout, “…le cavallette!”. Però sono sicuro che per un paio di giorni si parlerà comunque di lavoro, di decreti-legge forse (ognuno ha gli executive orders che si merita), di salario minimo. Per un paio di giorni, non di più.
Fabrizio Tesseri
È morto un Papa. Tra poco se ne farà un altro.
Intanto, c’è uno che si è autocandidato al soglio pontificio e non credo che scherzasse. Lo stesso tipo, in cento giorni, ha fatto più casino di quanto i suoi predecessori abbiano fatto negli ultimi cento anni. Se si esclude qualche colpo di Stato qui e là per il mondo, l’uso di un’arma nucleare “a fin di bene” e dello sciroppo di glucosio su scala industriale.
A proposito, due Paesi confinanti, entrambi potenze (?!) nucleari, sono di nuovo sull’orlo di una guerra per un pezzo di terra pieno di montagne, qualche fiume e diversi milioni di persone che vivono e muoiono più o meno come nel medioevo, ma con la connessione internet.
Un altro pezzo di terra, intanto, viene quotidianamente arato da bombe, droni, omicidi mirati con la mira di Mr Magoo e migliaia di uomini, donne, bambini, vedono le loro case fatte a pezzi come le loro ossa, i loro sogni. A Gaza come a Kharkiv.
“Guerra mondiale a pezzi”. “Guerra asimmetrica”. “Guerra ibrida”.
Sentiamo il bisogno di metterci un aggettivo, catalogare ci dà sicurezza e ci orienta, come con i film sulle piattaforme di streaming, passiamo il tempo a scorrere i titoli, poi vediamo per la millesima volta Notting Hill.
Danno della nazista a una sopravvissuta della Shoah.
Sparano a un ragazzo per una lite in un parcheggio.
Ammazzano donne, solo perché sono donne. Anzi, solo perché quelli che le ammazzano sono uomini.
Tra ieri, oggi e domani, però, si parlerà anche un po’ di lavoro, salario, dignità.
Lo ha fatto autorevolmente il Presidente della Repubblica ed è partito il coro, il canto e il controcanto.
Ognuno legge e cita i numeri che vuole. Come vuole. Quanto vuole.
Siamo i primi o gli ultimi, a seconda di chi guarda e commenta cosa.
Non dovrebbe essere così, che la realtà è una sola, ma ognuno ne racconta un pezzo secondo la propria convenienza.
Così, chi ha poco tempo, pochi strumenti, poca voglia, finisce per non capirci niente e si limita a pedalare su una bicicletta senza ruote, come in uno dei primi episodi di Black Mirror, solo per portare qualcosa a tavola o comprare un cappello nuovo al proprio avatar.
C’è stato un blackout in Spagna e Portogallo. Il numero di quelli che su X esultavano perché era impossibile pagare con le carte di credito o dai wallet sui cellulari era impressionante, devono avere tutti una stamperia di banconote nel sottoscala, rigorosamente meccanica.
Chissà come ricaricherebbero il telefono da cui scrivono le loro idiozie. Giusto il tempo di escludere l’hackeraggio della rete di trasmissione e, subito, tutti esperti di inerzia, che per l’inizio del Conclave manca ancora qualche giorno e allora vai di instabilità delle rinnovabili e sorti magnifiche e progressive del nucleare di non so più che generazione.
Intanto, fuori è quasi maggio. La scuola di mia figlia ha mandato un avviso per la richiesta di contributi volontari, soldi, per far andare i ragazzi che si sono qualificati alle finali nazionali di scacchi.
Ragazzi che hanno fatto il giro degli imprenditori e negozianti del posto per chiedere una sponsorizzazione, perché la scuola non può spendere i soldi necessari. Imprenditori e negozianti che, finora, hanno fatto orecchio da mercante, appunto.
Mattarella, a pochi chilometri da qui, ha ricordato che i salari non bastano, che la sicurezza non c’è. Lavoro povero, lo chiamano.
Che c’entra? C’entra eccome. Perché ci potrebbero essere (ci sono!) ragazzi le cui famiglie non possono permettersi la spesa non prevista, non indispensabile, di un torneo scolastico di scacchi. Penso a quei ragazzi e ai loro genitori. Penso al loro “No, non posso venire” e a qualcosa che gli si incrina dentro.
Tra un po’ ci saranno cinque referendum, ma non se ne parla. C’è la corsa scudetto e ai posti in Champions, un Papa da fare, il blackout, “…le cavallette!”. Però sono sicuro che per un paio di giorni si parlerà comunque di lavoro, di decreti-legge forse (ognuno ha gli executive orders che si merita), di salario minimo.
Per un paio di giorni, non di più.
La vita con i tempi di TikTok. Solo che la vita non la puoi skippare.
E allora continuiamo a pedalare. “Produci, consuma, crepa”. Povero lavoro.
Il seminario Spykman
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Chiedo gentilmente a Stefano Feltri di illuminarci un po’ più approfonditamente su quello che è avvenuto, qualche giorno fa, in occasione del 25 aprile e della commemorazione di Sergio Ramelli.
Come sia possibile che una cittadina italiana che espone un “manifesto” antifascista, aggettivo che definisce uno dei valori fondanti la nostra Costituzione, davanti alla sua panetteria, venga “identificata” due volte nello stesso giorno dalle “forze” dell’ordine e che 2000 persone, vestite di nero, abbiano fatto il “rito del presente”, ossia tre saluti fascisti, per commemorare un camerata, non subiscano nessun controllo dalle forse dell’ordine ? E’ ancora reato l’apologia del fascismo o no? Ce lo dicano ! Oppure non lo è perché questo becero rito viene fatto a “scopo commemorativo” e allora sì soprassiede come sempre avviene da sempre in questo Stato ? Perché in Italia abbiamo attenuato il reato mentre in Germania è sempre, sempre reato e quindi vietato il saluto nazista ( ed esposizioni di simboli nazisti) e si rischiano tre anni di carcere, e migliaia di euro di multa,,mentre in Italia, se fai il saluto fascista, è assimilabile a rito commemorativo e quindi alla costruzione della memoria pubblica del paese? Cosa c’è da evocare e onorare ? Sussiste il pericolo, in Italia, di ricostituzione del partito fascista! Lo Stato condanna o approva queste rievocazioni rituali del partito fascista ?
Io sono indignata !
Bellissimo questo racconto di Tesseri. Lo chiamo racconto per la brevità delle frasi che scolpisce una situazione ( la nostra situazione!) che stringe il cuore e fa pensare a un futuro cupo e ineluttabile. Ma, se ci sono ancora persone che condividono e capiscono il richiamo profondo e pressante al senso di umanità che il racconto vuole suscitare, forse, non tutto è perduto.