L’enigma del lavoro
Il governo celebra il record di occupazione e il calo dei disoccupati, il presidente della Repubblica denuncia la gravità della questione salariale. Chi ha ragione?
Salari stagnanti significano consumi stagnanti, ma anche bassi incentivi a risparmiare sulla forza lavoro attraverso innovazione di processo, automazione, investimenti. Il Primo maggio ci sarà il solito profluvio di retorica, ma poi sarebbe utile che partiti, sindacati, associazioni di imprese formulassero analisi sulle radici di questo problema e su quali soluzioni propongono
In questo Primo Maggio, ci sono due Italie del lavoro. C’è quella del governo Meloni, celebrata dai social della presidente del Consiglio, dei ministri, degli esponenti di Fratelli d’Italia: record di occupati, disoccupazione bassa, “mai così tanto lavoro per le donne” e mai così pochi giovani in cerca di lavoro.
Sono annunci trionfalistici che hanno una base nei numeri. Cito dal sito di Fratelli d’Italia: record di occupati a luglio 2024 con 24 milioni di lavoratori, tasso di disoccupazione al 6,5 per cento. Tasso di occupazione femminile al 52,3 per cento, disoccupazione giovanile scesa al 20,8 per cento.
E poi c’è l’Italia del lavoro del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nel suo discorso in vista del Primo maggio, in una visita alla Bsp Pharmaceuticals di Latina, il capo dello Stato ha usato toni molto diversi, senza alcun trionfalismo e molto preoccupati:
“Sappiamo tutti come le questioni salariali siano fondamentali per ridurre le disuguaglianze, per un equo godimento dei frutti offerti dall’innovazione, dal progresso.
Salari inadeguati sono un grande problema, una grande questione per l’Italia.
Incidono anche sul preoccupante calo demografico, perché i giovani incontrano difficoltà a progettare con solidità il proprio futuro. Resta, inoltre, alto il numero di giovani, con preparazione anche di alta qualificazione, spinti all’emigrazione.
Questi fenomeni impoveriscono il nostro “capitale umano”.
Se queste cose le avesse dette chiunque altro, si sarebbe trovato additato allo scherno del pubblico sul muro della prossima festa di Atreju: quest’anno si potevano fare i selfie con le profezie di sventura di “gufi” e “rosiconi” all’evento di Fratelli d’Italia.
Come stanno insieme queste due narrative? Come è possibile avere insieme un record di occupazione e un allarme per il costo della vita, per i salari, per le prospettive imminenti del mercato del lavoro?
Sembra un enigma: se il calo demografico riduce la platea dei lavoratori attivi e se la fuga dei cervelli priva il Paese di alcuni talenti, più o meno istruiti, la competizione per quelli che restano dovrebbe spingere al rialzo i salari. Se la disoccupazione scende, significa che le imprese si contendono i lavoratori disponibili e quindi, in teoria, dovrebbero essere disposte a pagarli di più per sottrarli alla concorrenza.
La questione salariale
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