Cosa pensa davvero Giorgia Meloni
I suoi discorsi come quello all'Atlantic Council contengono sempre velati ma chiarissimi riferimenti alla cultura fascista e post-fascista che non ha mai esplicitamente rinnegato. Altro che moderata
La frase più autenticamente di destra post-fascista italiana che Meloni abbia detto, è che l’occidente è uno stato mentale, un attaccamento prerazionale a un’idea piuttosto vaga di valori che potremmo dire occidentali. È, come dice Meloni stessa, un atto di fede
Filippo Riscica
Buon pomeriggio a tutti,
vi ricordo che tra poco, alle ore 15, vi aspetto per la diretta settimanale dal profilo Instagram di Radio3. E’ l’occasione per fare il punto sulla prima settimana di Revolution ma anche per discutere i temi che abbiamo toccato qui su Appunti.
Ci sarò io, ma spero ci siate anche voi, per intervenire con commenti e domande, un po’ come in una diretta radio classica di Radio3!
Vi aspetto, e nell’attesa - o per quando volete - vi propongo un pezzo molto interessante di Filippo Riscica che nel modo di esprimersi di Giorgia Meloni coglie una serie di cose che a me erano sfuggite ma che mi paiono molto rilevanti.
Buona lettura e a tra poco
Stefano
Qui trovate l’ultima puntata di Revolution e il pezzo di Appunti che approfondisce il tema: il caos dei treni non è colpa soltanto di un chiodo.
Nella testa di Giorgia Meloni
di Filippo Riscica
Qualche giorno fa, Giorgia Meloni ha ricevuto un premio dal think tank americano Atlantic Council e nel momento della consegna del premio, ha pronunciato un discorso che mi è sembrato una sorta di tentativo di porsi a difesa di valori democratici che sono terreno comune di molti, ma che Meloni ha presentato, senza mai citarla direttamente, come attaccati dall’interno dell’Occidente dalla cultura di sinistra.
Stefano Feltri ha presentato molto bene alcune presupposizioni e impliciti politici del discorso di Meloni nel suo pezzo per Appunti di qualche giorno fa. Per esempio, il fatto che l’Europa è citata di sfuggita, mentre l’Unione europea non lo è mai. Oppure, l’idea che le relazioni internazionali siano uno stato di cose in cui ci sono solamente le nazioni.
Accanto a questi punti, nel discorso di Meloni ci sono anche delle presupposizioni e degli impliciti che mostrano presupposti culturali profondamente di destra, che non traspaiono se non si presta attenzione alle esatte parole usate.
A un ascolto superficiale, infatti, sembrerebbe quasi che Meloni sia una moderata liberale che difende una forma tradizionale di stato di diritto da attacchi che vengono sia dall’esterno sia dall’interno.
Però c’è di più. Ci sono dei velati ma chiarissimi riferimenti alla cultura fascista e post-fascista che non ha mai esplicitamente rinnegato.
Riferimenti che pongono i valori dello stato di diritto liberale al di fuori del campo del confronto razionale tra parti, per inserirlo all’interno di un campo da accettare per fede, difendere e mantenere come la fiamma che del simbolo di Fratelli d’Italia e prim’ancora del Movimento Sociale Italiano.
Le radici di destra del discorso
La frase più autenticamente di destra post-fascista italiana che Meloni abbia detto, è che l’occidente è uno stato mentale (state of mind). Questo stato mentale è un attaccamento prerazionale a un’idea piuttosto vaga di valori che potremmo dire occidentali. È, come dice Meloni stessa, un atto di fede.
Per capire quanto di destra sia questa posizione, è utile guardare cosa scrissero Mussolini stesso, Arturo Marpicati e Gioacchino Volpe sotto la voce Fascismo dell’Enciclopedia Treccani del 1932:
Il modo fascista di concepire la vita è un] modo spiritualistico. Il mondo per il fascismo non è questo mondo materiale che appare alla superficie, in cui l'uomo è un individuo separato da tutti gli altri e per sé stante, ed è governato da una legge naturale, che istintivamente lo trae a vivere una vita di piacere egoistico e momentaneo.
L'uomo del fascismo è individuo che è nazione e patria, legge morale che stringe insieme individui e generazioni in una tradizione e in una missione, che sopprime l'istinto della vita chiusa nel breve giro del piacere per instaurare nel dovere una vita superiore libera da limiti di tempo e di spazio: una vita in cui l'individuo, attraverso l'abnegazione di sé, il sacrifizio dei suoi interessi particolari la stessa morte, realizza quell’esistenza tutta spirituale in cui è il suo valore di uomo.
Dunque concezione spiritualistica.
La concezione spiritualistica di cui si parla è molto simile allo stato mentale di cui parla Meloni, che invita infatti a difendere i valori dell’Occidente con un atto di fede insieme all’idea di patria e nazione. Il punto è che un atto di fede non è soggetto a vincoli di razionalità.
Non possiamo spiegare razionalmente perché sosteniamo certi valori. Li possiamo accogliere come eredità ricevuta, mantenere e difendere. Il punto è che proprio perché la difesa sostenuta da Meloni è basata su di un atto di fede, non è aperta al confronto razionale su questi valori tra parti politiche contrapposte.
Li accoglie come se fossero un blocco di marmo stabile nel tempo che ci definisce con la sua immutabile stabilità. Inoltre, come ogni atto di fede reagisce se i cardini del sistema sono contestati e questa reazione è di difesa ad oltranza proprio perché la fede, per essere tale, non può riconoscere obiezioni basate su ragioni.
Proprio questo atto di fede nel sistema patria-nazione e nella più generale e vaga cornice occidentale è il contributo autentico del discorso di Meloni, perché tutte le altre cose che ha citato (centralità della persona, eguaglianza e libertà, stato secolare, stato di diritto) sarebbe veramente risibile considerarle patrimonio esclusivo della destra.
Piuttosto, sono patrimonio comune e fondativo dei moderni stati liberali ed è piuttosto sorprendente che una persona che non ha mai rinnegato le sue origini post-fasciste ritenga che i valori da difendere siano quelli dello stato liberale che il Fascismo ha distrutto.
Il mito dell’identità
Il secondo punto che mi ha colpito è che il sistema di valori sostenuti per atto di fede determina chi siamo.
Questa è una parte del discorso che trovo veramente divertente, perché inizia con una citazione del filosofo Roger Scruton sulla oikophobia e finisce con una di Michael Jackson. L’aspetto divertente è che Scruton era così avverso alla musica pop che la paragonava alla pornografia.
Questi valori identitari vanno difesi da un nemico che attanaglia sia l’Europa che gli Stati Uniti e che Meloni identifica con l’avversione verso la propria “casa”. Ossia, un’avversione per i valori che costituiscono l’Occidente. Questa avversione ci porterebbe a voler eradicare i simboli della nostra civilizzazione.
Il riferimento è chiaramente all’idea che il partito Democratico americano e la sinistra europea starebbero guidando una campagna contro l’identità stessa dell’Occidente e i suoi simboli.
Ora non voglio addentrarmi nella questione del presunto attacco ai simboli e i valori occidentali, perché è complicata e meriterebbe un’analisi a parte. I punti deboli del discorso di Meloni qui sono due.
Il primo è che negli ultimi quattro anni negli Stati Uniti c’è stata una presidenza Democratica e di tutti i valori di cui Meloni si è fatta portatrice l’unico che non è rispettato è il diritto romano.
Questo è un punto di nuovo molto divertente, perché com’è ben noto, nel mondo anglosassone, che fino a prova contraria è parte integrante dell’Occidente, non esiste il diritto romano, ma la common law.
Semmai, ad aver attentato allo stato di diritto e alle libertà (vedi l’aborto) è stata la destra di Donald Trump.
Per quanto riguarda la sinistra europea, fatico a vedere un attacco sistematico e organizzato, una avversione ai valori dell’Occidente. Al massimo, c’è una non troppo diffusa messa in questione dell’immagine che l’Occidente ha dato di sé come di un luogo in cui questi valori sono pienamente realizzati.
Il secondo punto debole è che, anche ammettendo che vi siano delle messe in questione di alcuni valori che sono associati all’Occidente, l’idea che sembra avere Meloni è quella in un sistema immutabile e immutato.
Ancora una volta, l’aspetto della fede in questi valori non le fa vedere che non sono una sintesi armoniosa ma un terreno di scambio, confronto, e compromesso, che è sempre stato soggetto a critiche.
Di queste critiche, piuttosto, non dobbiamo avere paura, fintanto che sono portate avanti in maniera razionale e non sulla base di atti di fede o di onde emotive.
Questo non vuol dire che non si possa negoziare un accordo che preservi cose cui teniamo particolarmente e che non sono incompatibili con una società giusta. Però, la negoziazione per mantenere tradizioni o valori ritenuti imprescindibili presuppone che ci sia un riconoscimento dell’altro come soggetto politico legittimo.
Non vuol dire certo arroccarsi nel bastione e difendere una presunta identità occidentale che altro non è che un'invenzione della nostra memoria.
I rischi dell’appropriazione
Quello che credo sia preoccupante, e che è importante non diventi il nucleo che definisce la narrazione di destra, è che questo sistema di valori che caratterizza lo stato liberale non deve essere in alcun modo confuso con la conservazione acritica del passato.
Piuttosto, il sistema di valori alla base dello stato liberale è il presupposto per il mantenimento di una pluralità di scambi razionali, non basati su atti di fede, e soggetti a cambiamenti.
Quindi, perché nel discorso la difesa dei valori dello stato liberale è stata presentata come il nucleo che la destra difende?
Perché ponendo questi valori nel campo della destra, si possono presentare gli avversari come nemici di valori che la gran parte di noi vorrebbe mantenere, perché utili alla prosperità delle nostre vite.
Questo non è un elemento di originalità di Meloni, ma è una narrazione che sta prendendo piede nella destra americana e che è lì esemplificata da figure come Jordan Peterson e lo stesso Elon Musk.
La peculiarità di Meloni è, però, la sua origine politica completamente incompatibile con le idee da lei professate.
Siccome Meloni non ha mai esplicitamente rinnegato le sue radici post-fasciste, delle due l’una: o Meloni ha ipocritamente difeso la democrazia liberale, giocando di strategia e cercando di alienare gli avversari ai loro stessi valori, o non si rende conto della contraddizione profonda in cui vive se si pone a difesa della democrazia liberale senza rinnegare le sue radici politiche profondamente illiberali.
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Ho letto il contributo e credo che vada interpretato alla luce del più ampio fenomeno al quale assistiamo ogni giorno circa la perdita di autenticità nel modo di comunicare (comprendendo toni, scelta lessicale, contenuti e forme della comunicazione). Da cittadina mi chiedo: dove tracciamo la linea tra ciò che prendiamo sul serio e ciò che invece possiamo attribuire a una infelice scelta comunicativa dipendente dal contesto (vedasi commento sopra, per esempio).
Tutto questo anche nel contesto di una progressiva perdita di autorevolezza (e non autorità, nb) delle istituzioni. Magari ci sara tempo e modo di approfondire questi aspetti, se ritenuti di interesse?
Anche a me questo articolo è sembrato che portasse argomenti non dico non reali ma abbastanza di lana caprina. Meloni stava facendo un discorso di occasione ad un pubblico selezionato che crede a determinate cose. Che avrebbe dovuto dire ? "Grazie a questi traditori dei valori spirituali ma aspettate (e sperate 🙂), che appena le destre autentiche riusciranno a governare allora ne riparleremo!"? Siamo seri, nessuno si mette a concionare i fedeli sui danni fatti dal potere dei papi del passato se viene invitato a leggere durante la messa. Comunque pure questa storia dei valori occidentali è divertente, vorrei che mi si dicesse non quali sono, che a ripeterli come un mantra non è che trasformino un fascista in liberal-democratico, ma in quale momento storico sarebbero maturati e poi vediamo insieme cosa hanno prodotto a seguire...