12 Commenti

Non credo affatto che la soluzione passi soprattutto da una migliore immagine che i politici dovrebbero dare di sé, un politico può apparire onesto e non interessato alla carriera personale ma portare comunque avanti politiche antipopolari che fanno giustamente incazzare la maggioranza delle persone. Tra l'altro mi trovo a scrivere questo commento proprio poche ore dopo che la democrazia rappresentativa tanto osannata dalle élite quando devono far passare qualche provvedimento sgradito è stata per l'ennesima volta ignorata in Francia dove Macron, che non può permettere a chi ha vinto le elezioni di governare perché di sinistra e inviso all'establishment finanziario, ha nominato Primo Ministro appunto un esponente di un partito che ha perso le elezioni. Basta prenderci in giro dai, Afd non è altro che la Merkel senza l'ipocrisia felpata che contraddistingue chi frequenta le stanze dei bottoni, nessuna differenza sostanziale né nelle politiche - fatte e proposte - né nell'ideologia che le anima. Continuare a raccontarsela fingendo di vivere ancora in democrazia a cosa serve? Almeno qui tra di noi possiamo essere onesti.

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Se il fordismo ha caratterizzato il '900 (compresa la brutalità degli stermini si massa) il modello basato sul "personal", supportato dal controllo in poche mani dell'informatica e del suo strapotere, è in grado di frammentare oggi la società inducendo solitudine, rabbia e disperazione. All'identità si classe (dissoluzione dei corpi intermedi) si è sostituito la frammentazione delle identità, neppure di status, ma di opinione, manipolabili a proprio vantaggio da chi detiene il controllo dells tecnologia

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ago 17·modificato ago 17

Concordo anche io con l'analisi dell'articolo. Questa rabbia si puo' quasi riassumere nella frase "get off of my lawn" (fuori dal mio giardino) ed e' li' che la demagogia populistica attecchisce.

Piccola aggiunta: non si puo' parlare di questione morale senza citare Enrico Berlinguer, politico di ben altra caratura, e l'incredibile intervista con Scalfari in cui la descrive:

https://www.enricoberlinguer.it/questione-morale-berlinguer/

(buona lettura)

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L'ho letto. Ho il libro con lintervista. Trovo che appartenga ad un'altra epoca, purtroppo

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ago 17Messo Mi piace da Stefano Feltri

Bellissima analisi, misurata e profonda. Ringrazio Stefano Feltri per aver dato vita a questa newsletter , che spesso leggo ( come accaduto oggi) anche ai miei figli 19 enni, confusi dal rumore dei social media, dove viaggia, costante e indisturbata, la diffusione di disvalore morale.

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Avete presente le parrocchie? = presenza sul territorio. Sarebbe importante sapere dove andare fisicamente a parlare e conoscere i propri rappresentanti! Quindi organizzazione dei partiti e nuova legge elettorale. Tre principi per la DEMOCRAZIA:

- RAPPRESENTATIVITA'

- CAPACITA' E RAPIDITA' DECISIONALE

- ATTUAZIONE DELLE DECISIONI (MENO BUROCRAZIA E PIU' 0RGANIZZAZIONE)

LA RABBIA SI COMBATTE CON PIU' EQUA DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA PRODOTTA!!

Grazie per l'attenzione

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Non mi pare che le chiese siano affollate. Non mi pare, altresì che le parrocchie lo siano. Presa al contrario, però, la Sua osservazione è illuminante: se nemmeno la presenza sul territorio di centri di aggregazione cambia le cose, i partiti, sindacati, associazioni possono attenuare la rabbia?

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Io penso, seppure in modo confuso, che il problema sia soprattutto quello di definire la democrazia come liberale, cioè se capisco bene ancorata ai valori del libero mercato. Se la mia interpretazione è corretta credo che la rabbia sia generata soprattutto dalle ingiustizie sociali, dalle enormi differenze tra chi ha tanto e chi ha troppo poco. Credo cioè che sia una rabbia di mancanza di diritti elementari, primo fra tutti il diritto alla salute che la crisi del nostro sistema sanitario di fatto non assicura più. In questa ottica la rabbia si combatte sul piano economico e dei diritti, cioè con una politica capace di portare avanti e realizzare questi obiettivi. Il mio sogno sarebbe quello di parlare di democrazia e basta senza ulteriori connotazioni e sicuramente non come democrazia liberale. Al più mi piacerebbe poter parlare di democrazia sociale

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Sono d'accordo in linea di principio con te, solo osservo che affinché un diritto sia tale, ad esempio il "diritto alla salute", occorre che sia considerato un dovere da tutta la società, cioè l'organizzazione della società deve imporre dei doveri ai suoi membri affinché possa essere garantito un tale diritto. Tutta l'evoluzione liberista ci sta portando in opposta direzione: il dritto me lo compro perché posso permettermelo; non è vero che la sanità privata complementa la pubblica, la sostituisce in favore di chi può pagarla, portando al circolo vizioso: ma se mi devo pagare tutto, perché devo pagare anche le tasse?

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Gentile Privitera, lei riprende l'argomento della rabbia (che devo dire comincia a farmi un po' "arrabbiare" -io dò al termine rabbia una connotazione che sarebbe lungo argomentare qui -) parlandone -anche- in modo specifico per la Germania e l'Alternative fur Deutschland e i connessi rischi per la Germania, cuore d'Europa e non solo in senso geografico. Arriva anche lei ad una conclusione plurima più o meno coerente con coloro che l'hanno preceduta. Intanto che vi sia una questione morale e che i partiti tradizionali devono dimostrare al popolo che i loro membri non sono attaccati alla carriera e ai vantaggi personali. Certo, ma è storia vecchia, lo diceva già Beppe Grillo al tempo dei "Vaffa days"! Forse lo diceva anche Machiavelli ...Già, ma come dimostrare di non avere questo animus? E come arrivare a farlo capire al popolo ? Con che genere di messaggi, informazioni, dimostrazioni? Ma anche fascisti e nazisti potrebbero non essere così interessati al proprio particulare. Su questo terreno anzi i fanatici destroidi possono battere a mani basse le sinistre, che invece nel tempo, oltre a non fornire esaltanti esempi di specchiati costumi, si sono morbidamente adeguate al neoliberismo, al capitalismo più smaccato, alla genuflessione alla finanza internazionale, al "there is not alternative" , agli equilibri di bilancio, alla necessità di manovre "antiinflazionistiche", agli "spread" etc. Del resto se hai debiti pubblici soverchianti e apocalittici che fai? Io insisto invece sulla dimensione socioeconomica: certo i rabbiosi sono gli esclusi, i dimenticati, quelli che non si sentono rappresentati, che vedono negati i propri "valori", trascurato il colore della pelle etc. Sicuro, sarà così, ma ciò avviene in coloro che associano queste rivendicazioni a condizioni di disagio e di incertezza materiali. Se sono ricco, o agiato, sto bene, mi posso permettere i consumi che voglio, assicurazioni sanitarie di prim'ordine, buone scuole per i miei figli, vacanze esclusive etc., non mi metto certo in piazza a gridare slogan contro altre categorie che ritengo più privilegiate della mia, o contro il sistema malvagio e oppressivo, indipendentemente dalla mia etnia, dai miei valori, dalle mie fedi (se ne ho...) a vociferare che il mio paese sia "great again". D'altra parte la pecunia mi aprirebbe comunque diverse porte e se ricco nero, difficilmente un poliziotto bianco mi farebbe morire soffocato con un ginocchio sulla nuca.

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Mi è piaciuto il suo commento. Il nodo è, di fatto, costituito da più problemi: il neoliberismo, la globalizzazione senza controlli, la finanza speculativa, ma soprattutto il disagio personale di non contare, di non esistere, di non avere uno spazio in un mondo sempre più organizzato, gestito e controllato dai pochi che detengono il potere della tecnologia e della finanza.

Quindi, tra le cose da fare per invertire questo andamento, c’è il dialogo individuale tra chi ha gli strumenti e la maturità per comprendere il disagio e coloro che lo vivono. Come si fa? Con i media, con lo storytelling, con la pubblicità. Questi strumenti permettono di cambiare opinioni e di ridare significato a un senso di sé sempre più sfuggente e svuotato. Senza un'azione mirata sulla comunicazione, la politica rimane solo bla, bla, bla.

Come ha detto qualcuno nei commenti qui sopra, le vecchie strutture di aggregazione come la Chiesa e le parrocchie sono vuote perché il loro storytelling influisce sempre meno in un mondo inondato di informazioni contraddittorie, spesso false, e dal consumo sfrenato. I valori, ancora validi, del passato devono essere traslati in un nuovo racconto che possa riaccendere l'entusiasmo di partecipare a questa società.

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Interessante articolo, molto chiaro e scorrevole, l'autore mi pare offra una sintesi apprezzabile per scorrevolezza e chiarezza della tesi di Invernizzi-Accetti. Condivido la precisa analisi fatta, mi sarebbe piaciuto un approfondimento ulteriore sulla questione morale, che per l'Italia rimanda ad un mai risolto tema risalente a ben altra temperie politico-sociale del secolo scorso.

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