La nuova lotta per il potere in Libia
L’uccisione di Abdul Ghani al-Kikli sarebbe parte di un piano per eliminare i principali leader delle milizie storiche di Tripoli e rafforzare il primo ministro del GNU
Le milizie di Tripoli potrebbero diventare politicamente irrilevanti una volta che i loro leader vengono assassinati, hanno però storicamente svolto un ruolo nel controllo territoriale locale. Sebbene viste come “organizzazioni criminali”, queste milizie spesso agivano come forze di polizia de facto, tenendo sotto controllo i gruppi criminali rivali
Dario Cristiani e Karim Mezran
Milano, 15 maggio, ore 18, libreria Egea
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Il 12 maggio 2025, Abdul Ghani al-Kikli, noto come “Ghnewa”, comandante della milizia di Abu Salim conosciuta negli ultimi anni come Stability Support Apparatus (SSA), formalmente affiliato al Consiglio Presidenziale, è stato ucciso, scatenando scontri che hanno poi provocato almeno sedici morti prima che la situazione tornasse alla calma.
Secondo Al Wasat, testimoni hanno udito intensi colpi d’arma da fuoco nel campo militare di Tikbali, nella zona est di Tripoli, vicino ad Abu Salim, la roccaforte storica di Ghnewa, le cui strade erano completamente deserte.
Stando a quanto riferiscono altre fonti direttamente da Tripoli, il capo della milizia è rimasto ucciso in quello che si profila essere un agguato volto ad eliminarlo dalla scena militare libica.
Dopo gli scontri, il ministero della Difesa del Governo di Unità Nazionale (GNU) ha annunciato di aver preso il “pieno” controllo dell’area di Abu Salim.
La mattina del 13 maggio, il ministero ha ulteriormente confermato di aver preso il pieno controllo di tutti i quartier generali appartenenti alle forze della SSA e ha emesso istruzioni per procedere con il suo piano per garantire sicurezza e stabilità nell’area.
Su X (precedentemente Twitter), il primo ministro del GNU, Abdulhamid Dbeibah, ha elogiato i ministeri dell’Interno e della Difesa, nonché tutti i membri dell’esercito e della polizia, descrivendo gli eventi come “un passo decisivo verso l’eliminazione dei gruppi irregolari”.
Quanto è stato raggiunto “conferma che le istituzioni legittime sono in grado di proteggere la nazione e preservare la dignità dei suoi cittadini. Costituisce un passo decisivo verso l’eliminazione dei gruppi irregolari e il rafforzamento del principio secondo cui non c’è posto in Libia se non per le istituzioni statali e nessuna autorità se non quella della legge”.
Il patto faustiano con le milizie
Dopo l’inizio della rivoluzione nel Febbraio 2011, l’intervento esterno – della NATO e dei paesi del golfo, in particolare del Qatar – in support dei ribelli, il crollo del regime nell’Agosto 2011 e l’uccisione di Gheddafi il 20 ottobre 2011, la situazione sul terreno ha visto l’emerge di milizie – spesso cosi locali e localizzate da essere chiamate con il nome dei quartieri in cui nascevano – con i paesi del Golfo – in questo caso anche gli Emirati Arabi Uniti, non solo il Qatar – sempre più attivi, mentre europei e americani si defilavano, con Washington che di fatto usciva dalla Libia dopo l’uccisione dell’ambasciatore Chris Stevens a Benghazi.
In questo vuoto complessivo, con il collasso delle strutture – spesso informali e non propriamente istituzionalizzate – che reggevano il potere ai tempi di Gheddafi, si è creato un vuoto, in particolare a Tripoli.
Inizialmente, le milizie legate alle città di Misurata e Zintan avevano preso il sopravvento nella gestione della situazione nella capitale, ma queste forze furono poi cacciate da varie milizie locali.
Molti misuratini, in particolare, furono costretti ad andarsene temporaneamente in seguito alle richieste popolari di espulsione dalla capitale dopo il massacro di Gharghour, in cui 47 manifestanti furono uccisi dalle milizie di Misurata nel novembre 2013.
I gruppi locali, poco a poco, prendevano sia il controllo di fatto delle strade della capitale, sia il controllo dei traffici – leciti e non – che vi avvenivano: dal controllo del mercato nero delle valute nel vecchio suq di Tripoli al controllo del contrabbando di petrolio e armi con la Tunisia, dal traffico di esseri umani al controllo di banche e istituti di credito, che finivano per essere strumento dei capi milizia locali nella creazione dei loro network di patronato.
Questo era quindi il quadro sul terreno che si trovò ad affrontare Fayez al-Sarraj quando su nominato presidente del Governo dell’Accordo Nazionale, prodotto dal negoziato tenuto sotto l’egida delle Nazioni Unite in Marocco.
Per mesi, al-Sarraj non ebbe la possibilità di entrare e operare da Tripoli, e ciò avvenne solo quando vi fu un accordo con le quattro principali milizie che si dividevano il controllo del territorio cittadino: La Brigata dei Rivoluzionari di Tripoli, all’epoca guidata da Haitham al-Tajouri; le Forze Speciali di Deterrenza (SDF, o Radaa) di Abdelraouf Kara; le Brigate Nawasi, controllate dalla famiglia Al-Qaddur, ed infine le forze special di Abu Salim, conosciute come già detto negli ultimi anni come Stability Support Apparatus (SSA).
Quella di al-Kikli era in effetti una di queste, e il patto faustiano con cui si diede la possibilità ad al-Sarraj di operare aveva però creato questa estrema dipendenza del potere politico dal controllo territoriale di queste milizie.
L’uccisione di al-Kikli va quindi vista in questa macro-cornice, che non è stata modificata nelle sue fondamenta da Dbeibah ma che si sviluppava secondo canoni diversi: Al-Kikli era stato negli ultimi anni vicino a Dbeibah, ma le tensioni esistenti tra gruppi tripolitani e gruppi misuratini restavano forti, e l’autonomia con cui le milizie a Tripoli gestiscono affari, sicurezza e ordine pubblico ha rappresentato storicamente un problema per le autorità formali.
Dbeibah, in questo senso, sin dall’inizio del suo mandato ha cercato di rafforzare la verticale del potere centrale e di ridurre l’autonomia dei capi milizia. Ma, come vedremo, paradossalmente questa uccisione potrebbe creare nuovi problemi per Dbeibah.
Nuovi uomini forti?
I gruppi coinvolti in questa escalation sono la Brigata 444ª e la Brigata 111ª, entrambe nominalmente allineate con il ministero della Difesa del GNU. La 444ª è guidata dal Maggiore Generale Mahmoud Hamza, nominato direttore dell’Intelligence Militare da Dbeibah nel 2023, mentre la Brigata, 111ª precedentemente nota come Brigata 301ª, è guidata da Abdussalam al-Zoubi di Misurata.
Commentando gli eventi, il generale Hamza ha dichiarato: “Tre ore sono state sufficienti per completare un’operazione precisa guidata dalla Brigata 444ª e dalla Brigata 111ª contro le forze criminali più brutali del paese dal 2011”.
L’uccisione di al-Kikli sarebbe parte di un piano di questi gruppi per eliminare i principali leader delle milizie storiche di Tripoli e consolidare il controllo sulla capitale con forze completamente fedeli al primo ministro del GNU.
Secondo fonti libiche, Hamza e Zoubi stavano lavorando a questo piano da tempo. La strategia originale prevedeva l’inizio delle operazioni ad aprile contro un’altra importante milizia di Tripoli: le Forze Speciali di Deterrenza (SDF, o Radaa) di Abdulrauf Kara, coloro che controllano l’aeroporto di Mitiga. Tuttavia, il piano è stato poi posticipato.
Le SDF sono anche il gruppo che aveva rapito lo stesso Hamza nel 2023, scatenando una delle peggiori ondate di scontri a Tripoli dal cessate il fuoco dell’ottobre 2020.
Al-Kikli sarebbe stato preso di mira dopo i suoi attacchi alla Libyan Post Telecommunications and Information Technology Company (LPTIC), la più importante compagnia statale libica dopo la National Oil Corporation (NOC), attacchi che hanno intensificato le tensioni.
Al-Kikli avrebbe rapito e sparato al nuovo presidente del consiglio di amministrazione, Salaheddin Elnajih, recentemente nominato da Dbeibah.
All’inizio di aprile, dopo la nomina di Elnajih, Dbeibah aveva sottolineato “l’importanza della piena e ordinata divulgazione di tutte le entrate e i profitti della compagnia” nonché la necessità di “aderire alla trasparenza finanziaria per rafforzare la fiducia dello Stato e dei cittadini nelle prestazioni delle istituzioni pubbliche”, con lo stesso Elnajih che denunciava la “campagna sistematica che prende di mira la compagnia”, esprimendo “pieno impegno a rispettare le direttive del Primo Ministro sulla divulgazione e trasparenza”.
Dopo il rapimento, le autorità militari hanno richiesto la consegna dei responsabili, ma al-Kikli ha rifiutato, diventando così il principale bersaglio da colpire, non solo per Zoubi e Dbeibah, ma anche per molte altre fazioni di Misurata.
Ghnewa non aveva mostrato alcuna intenzione di raggiungere un accordo negoziato. Ciò ha portato all’imboscata: è stato convocato per discutere, come successo altre volte in passato, ma è stato invece ucciso.
Questo sviluppo dovrebbe anche essere visto nel contesto delle continue tensioni intra-misuratine, con Zoubi particolarmente preoccupato per la stabilità della propria posizione.
Agendo preventivamente, Hamza e Zoubi hanno quindi eliminato Ghnewa e sequestrato tutte le sue basi, rafforzando notevolmente le loro posizioni personali e di potere, sia nell’ambito misuratino, sia nell’ambito più ampio della Libia occidentale.
I due sono ora divenuti i pilastri dei nuovi equilibri militari di Tripoli e dintorni, e al momento sono anche i principali difensori e sostenitori del primo ministro Dbeibah.
I rischi di un’escalation
Tuttavia, mentre l’uccisione di al-Kikli potrebbe aver prevenuto un’escalation più ampia a breve termine, resta da vedere come reagiranno le milizie delle SDF e dell’SSA.
Si parlava di un possibile accordo negoziato: Dbeibah, Hamza e Zoubi attualmente hanno il sopravvento e potrebbero fare pressione sulle SDF affinché accettino i termini di una possibile resa, offrendo immunità o concessioni in cambio della cessione del controllo di Mitiga.
Invece, stando alle immagini provenienti da Tripoli, nella serata del 13 Maggio la Brigata 444 ha attaccato il gruppo di Kara, provocando la violenta risposta del gruppo madkhalita. Questo è un passaggio importante da sottolineare, e differenzia parzialmente il gruppo di Kara dalle altre milizie di Tripoli.
Questa è una milizia islamista radicale madkhalita, sono quindi un gruppo salafita che si rifà a Rabee al-Madkhali, teologo saudita che propugna un’ideologia salafita ultra-conservatrice ma politicamente quietista.
A differenza degli altri gruppi madkhaliti in Libia, le SDF sono contro Haftar ed è anche contro gruppi come la Fratellanza Musulmana. Questo passaggio è rilevante perché aiuta a spiegare la maggior resilienza e compattezza di questa milizia.
Le SSA di al-Kikli rappresentano più un classico gruppo criminale: morto il leader, probabilmente qualcuno più giovane e territorialmente radicato lo sostituirà’ ma nel breve periodo questo gruppo è ora fuori dall’equazione principale.
Invece, il gruppo di Kara – avendo anche una caratterizzazione ideologica – è di difficile da disintegrare, sia dal punto di vista militare sia da quello organizzativo.
Inoltre, stando alle immagini condivise sui social media, in supporto di Kara e dei suoi sembrano anche essere arrivati gruppi che si oppongono a Dbeibah provenienti da altre zone della Libia occidentali, come Zawiya e Warshefana, dinamica classica che ha sempre caratterizzato le varie guerre intra-milizie che ci sono state in Libia dal 2014 in poi.
Dopo ore di combattimenti, le agenzie internazionali hanno però riportato il raggiungimento di una tregua. Quanto duratura sarà da vedere.
In questo contesto, un altro elemento deve essere considerato: mentre le milizie di Tripoli potrebbero diventare politicamente irrilevanti una volta che i loro leader vengono assassinati, hanno però storicamente svolto un ruolo nel controllo territoriale locale.
Sebbene ampiamente viste come “organizzazioni criminali”, queste milizie spesso agivano come forze di polizia de facto, tenendo sotto controllo i gruppi criminali rivali.
Al contrario, le brigate guidate da Hamza e Zoubi sono fortemente militarizzate e non particolarmente adatte a funzione di polizia o governance localizzata.
C’è anche una grande domanda sul futuro dei miliziani di Ghnewa. Accetteranno — in particolare quelli nati e cresciuti ad Abu Salim, un’area con una profonda rilevanza storica a causa della presenza della famigerata prigione politica di Gheddafi — questo nuovo ordine senza resistenza?
O si riorganizzeranno sotto una nuova leadership, probabilmente più radicale, e tenteranno di riconquistare il controllo delle loro roccaforti tradizionali?
I prossimi giorni saranno cruciali per determinare se questa uccisione segna l’inizio di una nuova fase nella guerra civile libica o rimane un incidente isolato.
Sui social media libici, Ghnewa è stato anche accusato di far parte di una rete legata a Khalifa Haftar e agli Emirati Arabi Uniti, lavorando contro la leadership di Tripoli. Tuttavia, tali accuse non sono nuove.
Anche nel 2019, all’inizio dell’offensiva militare (fallita) di Haftar contro Tripoli, diversi media libici e account sui social media affermavano che Ghnewa si stava preparando a fuggire con il denaro promesso da Haftar, cosa poi mai avvenuta.
Centralizzare il potere
Il primo ministro Dbeibah ha espresso la sua soddisfazione per questa operazione militare. L’assassinio di Ghnewa e lo smantellamento della sua brigata SSA rappresentano sicuramente un passo avanti nel suo tentativo di centralizzare il potere.
Ma, sebben al-Kikli fosse probabilmente il capo milizia più potente di Tripoli, continuare quest’opera andando apertamente anche con le SDF di Kara non sarà una passeggiata, come mostrato dagli incidenti del 14 maggio.
Kara e i suoi, islamisti madkhaliti, hanno probabilmente un’organizzazione più resiliente rispetto a quella delle SSA di al-Kikli.
Quest’ultimo era a capo di un milizia con un profilo più da classica organizzazione criminale, meno inquadrata dal punto di vista ideologico e organizzativo.
Inoltre, come visto dagli eventi delle ultime ora, le SDF hanno anche la possibilità di catalizzare e organizzare il supporto di altri gruppi anti-Dbeibah che si trovano in Tripolitania, cosa che al-Kikli non ha avuto modo di fare visto che l’imboscata di cui è rimasto vittima è stata in parte sorprendente.
Inoltre, per il primo ministro (in teoria ancora ad interim) c’è anche un’altra questione: l’uccisione di al-Kikli, per le sue modalità, elimina uno degli ultimi grandi ostacoli all’ascesa militare e strategica del generale Hamza e del suo sodale Zoubi.
Recentemente, Hamza ha anche elevato il suo profilo politico e diplomatico, guidando delegazioni militari e di intelligence di alto livello in vari paesi: Turchia, Algeria, persino la Siria.
Pertanto, potrebbe ora posizionarsi per un ruolo di leadership più ampio nel paese, potenzialmente mettendolo in rotta di collisione anche con gli attuali alleati.
Dopotutto, il web è pieno di video e di foto passate di Dbeibah e al-Kikli insieme. E se questo rafforzamento di Hamza rappresentasse un problema diverso, nel lungo periodo, per Dbeibah? Alcuni osservatori regionali si stanno già chiedendo: potrebbe Hamza diventare la versione libica di Ahmed al-Sharaa, il nuovo leader siriano?
I contesti sono molto diversi, ma il controllo diretto dei gruppi armati – in queste situazioni – possono fare la differenza.
Dbeibah sta usando sia i suoi network che la sua forza economica per rafforzare il suo controllo e centralizzarlo definitivamente una volta e per tutto, ma non è detto che tutto ciò sia necessariamente abbastanza.
Dario Cristiani è Senior Fellow del German Marshall Fund,
Karim Mezran è direttore del North Africa Initiative, Middle East Program, Atlantic Council
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