La criptovaluta dell’iride
Secondo Sam Altman l’automazione prodotta dall’intelligenza artificiale renderà necessario redistribuire ricchezza. Dunque serve una identità biometrica univoca. E tutto questo è pericoloso
Il Garante della Privacy italiano ha già emesso un comunicato in cui ha dichiarato che “il trattamento dei dati biometrici basato sul consenso degli aderenti al progetto, rilasciato sulla base di una informativa insufficiente, non può essere considerato una base giuridica valida”
Laura Turini
L’intelligenza artificiale è stata protagonista assoluta del premio Nobel di quest’anno, con John Hopfield e Geoffrey Hinton, a cui è andato il premio per la fisica per le loro ricerche che hanno consentito lo sviluppo del machine learning, David Baker, Demis Hassabis e John Jumper a cui è andato quello per la chimica, ricordando che Hassabis e Jumbper hanno sviluppato AlphaFold, un importante programma di Google Deepmind in grado di prevedere la struttura delle proteine.
Qualcuno ha perfino ironizzato che il premio Nobel per la letteratura sarebbe spettato a ChatGPT.
Geoffrey Hinton, pur essendo il padre delle reti neurali artificiali, è anche il personaggio più illustre ad avere espresso preoccupazioni per un uso distorto dell’intelligenza artificiale, destinata, in futuro, a diventare sempre più potente, a superare le capacità di ragionamento dell’uomo e a diventare tanto simile a noi da rendere difficile distinguere un essere umano da un robot umanoide.
Quest’ultima affermazione, a dire il vero, non è tanto di Hinton e neppure dello scrittore Philip K. Dick, che pure aveva fantasticato un’ipotesi simile, ma è una convinzione reale e concreta di Sam Altman, lo stesso che ha fondato OpenAI, proprietaria di ChatGPT, ed uno degli uomini più influenti nell’ambito dell’intelligenza artificiale.
Altman immagina un mondo digitale e Internet invasi da bot che saranno indistinguibili dagli esseri umani, per cui ritiene indispensabile trovare una soluzione a questo problema.
Così nel 2019, insieme ad Alex Blania, ha fondato a San Francisco la società dall’iconico nome di Tools for Humanity con lo scopo di sviluppare strumenti utili per l’umanità, come dice il suo nome.
Gli obiettivi sono ambiziosi e mirano a mitigare almeno due degli effetti dell’evolversi dell’intelligenza artificiale.
Il primo riguarda la perdita di posti di lavoro tradizionali e la necessità di fornire agli umani un reddito universale per sostenere chi si troverà senza fare nulla a causa di avanzati sistemi di AI. Questo è, in effetti, uno temi maggiormente in discussione a livello economico e politico anche se la redistribuzione del reddito non pare risolva il problema.
Il rischio maggiormente avvertito è quello delle conseguenze sociali di avere parte della popolazione nullafacente e non in grado di gestire il tempo libero, per mancanza di risorse culturali, economiche e psicologiche, che potrebbe determinare crisi collettive di identità e una percezione di inutilità della propria esistenza.
Non è questa la sede per approfondire questo interessante argomento, ciò che qui conta è che secondo Altman, e non è il solo a dirlo, a un certo punto sarà necessario redistribuire ricchezza e, dato che saremo in una realtà completamente informatizzata, ciò potrà avvenire soltanto con valuta virtuale, sarà necessario riconoscere un umano da una macchina e si dovrà evitare che una persona possa creare più identità digitali per evitare duplicazione di accrediti e truffe.
È proprio questo il secondo problema che Tools for Humanity vuole risolvere e per farlo ha architettato un sistema che unisce finanza e sistemi di riconoscimento.
Il suo mondo fantastico si chiama il WorldCoin, una criptovaluta Wld come altre, che si gestisce tramite una comune app, il wallet World App, ma che ha la caratteristica fondamentale di richiedere una Proof of Humanness, una prova di essere un umano, per potere accedere. Questa prova viene fornita attraverso il WorldID, un’identità digitale esclusivamente umana, non replicabile da un bot, che si crea con un processo che inizia con la scansione dell’iride dell’utente e qui iniziano le perplessità.
Non si tratta di un meccanismo analogo a quello usato per sbloccare dell’IPhone, ma di qualcosa di ben più articolato.
Il segreto nell’iride
Tools for Humanity ha bisogno, non di leggere, ma di scansionare fisicamente l’iride della persona acquisendo un’immagine che viene utilizzata in modo temporaneo, a loro dire senza salvarla, per trasformarla in un codice informatico crittografato, il WolrdID, che viene registrato sulla blockchain e associato in modo univoco all’utente, senza che possa essere duplicato o alterato.
Si tratterebbe di un metodo più sicuro di tutti gli altri sistemi di autenticazione e, a loro dire, rispettoso della privacy perché l’utente potrebbe accedere alla criptovaluta senza dovere utilizzare nome, cognome o altri dati identificativi.
Il co-fondatore Alex Blania ha dichiarato alla CNN: “Stiamo cercando di creare la più grande rete finanziaria e di identità del pianeta e di Internet, e lo facciamo per risolvere un problema futuro, ossia come verificare l'umanità di un soggetto. Inoltre, lanciando una valuta digitale, stiamo dando una quota di proprietà del mondo digitale a ogni soggetto che sia veramente umano. Il risultato sarà molto più grande di questi due obiettivi singolarmente considerati, perché creerà la più grande rete di questo tipo su Internet”.
Insomma, la nuova società di Altman sembra voler risolvere i problemi creati dall’altra società di Altman, OpenAI, immaginando un mondo in cui viene redistribuita ricchezza digitale e questo sarà tanto più possibile quanto più alto sarà il numero di utenti che aderiranno al sistema, facendo aumentare il valore del Worldcoin.
L’obiettivo, sempre per il bene dell’umanità s’intende, è quindi quello di fare crescere gli aderenti, creando la più vasta comunità al mondo di irideidentificati. Altman ha dichiarato al sito CoinDesk: “La speranza è che, con l’aumentare delle persone che acquisteranno questo token, credendo che sia il futuro, cresceranno anche i flussi di entrate in questa economia, per cui i nuovi acquirenti finanzieranno il progetto”.
Tools for Humanity ha quindi lanciato una campagna per effettuare la scansione dell’iride di milioni di persone in tutto il mondo, installando un magico e misterioso oggetto chiamato Orb, una sfera metallica grande come un’anguria, in centri commerciali e luoghi altamente frequentati, cercando di attrarre i passanti. Chi accetta di appoggiare il proprio occhio davanti al foro di Orb per procedere alla scansione, riceve in cambio un benefit, che può essere un gadget o WorldCoin del valore di circa 50 dollari.
Secondo quanto riportato da Popular Science, alla fine del 2023, sarebbe stata scansionata l’iride a oltre tre milioni di persone in centoventi paesi diversi, ma l’obiettivo che si vuole raggiungere è ancora lontano. Per questo Alex Blania ha dichiarato di lavorare a un nuovo design di Orbit, più accattivante, che possa fare avvicinare gli utenti senza timori.
Non sappiamo se il design sarà sufficiente a convincere gli scettici, ma di sicuro molti sono preoccupati di quanto sta accadendo e in alcuni stati, come il Kenya, sembra abbiano fatto divieto alla società di raccogliere dati biometrici.
La resistenza in Italia
Anche in Europa le voci contrarie si fanno sentire e, pur non essendo presente in Italia, il nostro Garante della Privacy ha già emesso un comunicato in cui ha dichiarato:
“Dalle informazioni ricevute dalla società e da quelle reperibili sul sito della stessa, l’Autorità ritiene che il trattamento dei dati biometrici basato sul consenso degli aderenti al progetto, rilasciato sulla base di una informativa insufficiente, non può essere considerato una base giuridica valida secondo i requisiti richiesti dal Regolamento europeo.
Oltretutto, la promessa di ricevere Wld token gratuiti da parte di Worldcoin incide negativamente sulla possibilità di esprimere un consenso libero e non condizionato al trattamento dei dati biometrici effettuato attraverso gli Orb”.
Così, mentre in Senato si sta discutendo un probabilmente inutile disegno di legge sull’intelligenza artificiale, i privati continuano ad andare avanti, arrogandosi il diritto di sostituirsi alle istituzioni in un processo di identificazione e redistribuzione della ricchezza che dovrebbe essere ad appannaggio esclusivo della politica che nel frattempo guarda altrove.
Il dialogo Stefano Feltri - Laura Turini su Stroncature
Nei giorni scorsi ho presentato il mio libro Dieci rivoluzioni nell’economia mondiale (che l'Italia si sta perdendo), uscito nei mesi scorsi per Utet, in un evento organizzato dal bel progetto Substack Stroncature. Con me c’era anche un’altra ormai storica firma di Appunti, cioè Laura Turini. Trovate il video qui:
Notizia positiva: Utet mi ha comunicato che hanno ristampato il libro, se volete lo trovate qui:
Appunti è possibile grazie al sostegno delle abbonate e degli abbonati. E’ con il loro contributo che Appunti può crescere e svilupparsi anche con progetti ambiziosi come La Confessione. Se pensi che quello che facciamo è importante, regala un abbonamento a qualcuno a cui tieni
A me sembra uno schema alla Ponzi nascosto dietro una cortina fumogena di innovazione tecnologica e di proclami pseudo redistributivi
Non c’è nulla di particolarmente sorprendente in questo processo di innovazione tecnologica. Nel corso della storia ci sono stati scalini simili, spesso ben raccontati dall letteratura e quasi sempre preceduti da enormi timori per lo status quo. Le considerazioni da fare a min avviso sono due:
- tutto questo succederà ancora una volta negli USA che da centro pulsante imperiale hanno ancora la capacità di fornire la direzione detenendo l’esclusiva tecnologica. Gli unici che forse possono contendere loro tale scettro sono i rivali cinesi, va da sé che per noi europei è meglio che i poli non si invertano :)
- non è vero che inutile affrontare questo grande processo dal punto di vista normativo, anzi è proprio il contrario. Non potendo noi in Italia, né in Europa, competere ormai sulla frontiera tecnologica e dell’innovazione semplicemente perché non ne abbiamo la forza e’ bene provare a incidere in altro modo. L’Europa è ancora una potenza globale su aspetti regolatori e ambientali in molti campi (es. nella chimica) e quando prende una decisione influenza tantissimo nel resto del globo. La stessa cosa è bene che si faccia anche nel caso in questione provando a limitare gli eccessi che sono tipici del modello culturale di oltreoceano o eventualmente peggio per l’impostazione autoritaria che potrebbe venire da levante.