Il vero presidente degli Stati Uniti
Elon Musk continua a interferire nella politica di altri Paesi, a sostegno del governo Meloni contro i magistrati. Ma ora le sue posizioni sono quelle dell'uomo che ha comprato la Casa Bianca a Trump
Adesso l’interesse nazionale degli Stati Uniti e quello personale di Musk saranno sovrapposti, perché sarà Musk a stabilrie cos’è nell’interesse nazionale e a spiegarlo a Trump
Leggi i primi due articoli della serie su Elon Musk
Quando Elon Musk ha partecipato alla festa nazionale di Atreju, organizzata da Fratelli d’Italia a dicembre 2023, era soltanto l’uomo più ricco del mondo con alcune ossessioni in comune con le destre più radicali, come la guerra alla cosidetta cultura “woke” del politicamente corretto e della tutela delle minoranze.
Oggi Elon Musk è una via di mezzo tra un vicepresidente ombra di Donald Trump, un ministro, e un editore in conflitto di interessi che è conivnto di aver comprato la Casa Bianca per il suo candidato.
Dunque, il fatto che Elon Musk si schieri con il governo Meloni contro i giudici che bloccano la detenzione di migranti in Albania assume una rilevanza nuova, dopo le elezioni presidenziali del 5 novembre.
“These judges need to go”, questi giudici se ne devono andare, scrive sulla sua piattaforma X in risposta a un commento di Mario Nawfal, sedicente conduttorte del “più grande show su X”, che ospita tutti i protagonisti della galassia complottista e suprematista di Musk, dall’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro a Robert Kennedy Jr.
Anche nel fare politica, quindi, Musk è in conflitto di interessi. O meglio, allinea i suoi interessi: promuove lo show di un suo dipendente su X mentre sostiene un governo amico, quello di Giorgia Meloni.
Matteo Salvini ha poi provato, con un tweet in inglese in risposta al commento di Musk, a cercare altra solidarietà per il processo che lo vede imputato a Palermo per sequestro di persona di migranti, sulla nave Open Arms nel 2019. Musk non ha risposto, ma i due già si erano scambiati effusioni social varie volte in passato.
Questo genere di esternazioni politiche di Elon Musk sono ormai frequenti: non sono argomentate, sono ordini, linee editoriali se guardiamo Musk come a un editore che usa X per influenzare il dibattito, proclami politici se lo consideriamo un attore che intossica la democrazia da un lato all’altro dell’oceano.
A luglio aveva evocato la “guerra civile”, quando il governo laburista di Keir Starmer si trovava ad affrontare le rivolte anti-immigranti per le strade della Gran Bretagna. E il Parlamento britannico aveva minacciato di convocarlo.
Non credo che se ne farà niente, ora che Donald Trump è stato eletto. Il problema è che adesso i posizionamenti politici di Musk hanno dietro, o almeno accanto, il peso politico del prossimo presidente degli Stati Uniti.
Quando Musk avalla la tesi del governo Meloni che i giudici italiani bloccano l’operazione Albania per ragioni politiche e non giuridiche, prende una posizione che non è personale, ma che è di fatto quella della prossima amministrazione americana.
E’ quasi ufficiale, visto che Musk è destinato ad avere un ruolo formale, per smantellare l’amministrazione federale, lincenziare migliaia di impiegati pubblici non allineati e risparmiare, dice lui, 2mila miliardi di dollari.
Oggi Donald Trump non potrebbe certo contraddire Musk. E così, per la prima volta, vediamo un oligarca digitale che ha conquistato il potere negli Stati Uniti e da quella posizione interferisce nella politica interna di altri Paesi.
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