Il nuovo capitalismo del Trump 2
Dietro il voto americano c'è l’accettazione di una società gerarchicamente cristallizzata e organizzata: molti pensano che proprio questa sia la base per "make America great again"
Dietro il Trump 2 c’è un progetto di società che vede la straordinaria congiunzione tra libertà senza freni per chi può e norme stringenti per tutti gli altri, tecnologia avanzata oltre ogni limite e società sotto controllo
Roberto Seghetti
Laura Turini su Appunti ha messo a fuoco uno dei punti che potrebbero fare del Trump 2 l’avvio di una nuova fase generalizzata, un cambiamento di paradigma, come ho cercato di segnalare in uno dei commenti che ho scritto sul lavoro che Stefano Feltri e gli altri commentatori hanno fatto su Appunti, uno sforzo non banale, molto centrato, da apprezzare.
Il punto che vorrei mettere in luce, sia pure in estrema sintesi e tagliando un po’ grossolanamente i fatti, è questo: l’esito delle elezioni Usa non rappresenta la vittoria di un vecchio modello di capitalismo, sia pure il più aggressivo, libertario e diseguale di sempre, contro una proposta alternativa certamente insufficiente e poco credibile. C’è di più.
Lacci e lacciuoli sono stati da tempo ridotti, i cittadini più ricchi, i viaggiatori del mondo, vivono già da tempo su un altro pianeta rispetto alle persone comuni. Non si tratta di mani più libere per le grandi aziende a stelle e strisce.
Nella vittoria di Trump ci sono caratteristiche e temi che lasciano pensare da un lato a un progetto concreto e definito per una diversa e nuova organizzazione della società e, dall’altro, all’accettazione di questo cambiamento profondo da parte del popolo.
Punto primo. La presenza e l’importanza di Elon Musk salta agli occhi e, come ha giustamente notato Laura Turini, ha un significato e un portato che va ben oltre il colore.
Musk non è solo un multimiliardario che ha affiancato Trump: è un imprenditore che ha interessi diretti con lo Stato e con l’apparato militare e di sicurezza Usa; che ha interessi in quasi tutti gli Stati del mondo, considerato che i suoi satelliti circondano la terra; è un inventore, un capo azienda e uno dei principali strateghi delle nuove tecnologie, ma soprattutto è il formidabile mago che predica mani libere nell’avanzamento e nelle innovazioni della tecnologia con meno remore morali e etiche sull’eventuale impatto sociale.
Basti pensare qui, tanto per fare qualche esempio, ai chip impiantati nel cervello o all’idea di una colonizzazione di Marte anche come possibile via di salvezza da un pianeta che nel frattempo rischia di diventare molto inospitale.
Nessuno oggi sa esattamente dove ci porterà la tecnologia, in particolare dove ci porteranno esattamente le applicazioni dell’intelligenza artificiale nel lavoro, nella vita personale, nella scienza, nella difesa, nell’esplorazione spaziale e, più in generale, nell’organizzazione sociale.
Molto si discute sui confini da fissare per evitare che l’umanità ne sia schiacciata. Ma è proprio in questo contesto di opportunità straordinarie, ma anche di rischi, che il potere nel paese più forte e avanzato al mondo finisce “anche” nelle mani del cantore della sperimentazione senza limiti.
E nessuno sa se Musk sarà solo accanto a Trump, quando durerà, se durerà, la coabitazione o se addirittura sarà Musk, cioè l’uomo che ha le caratteristiche che ho appena delineato, a prevalere nel tempo.
Il blocco dietro Trump 2
Punto secondo. Trump è Trump, ma dietro non ha più una maggioranza raccogliticcia di fan che lo seguono come fosse l’uomo dei miracoli, il tycoon che si è fatto da solo e l’uomo di spettacolo nel quale si identificano.
Trump 2 è sostenuto da un blocco sociale rappresentato da un’alleanza tra ricchi e poveri, tra operai e miliardari, tra cantori delle nuove tecnologie informatiche e nostalgici dell’industria più hard che ci sia.
Il collante tra queste diverse parti della società non può essere solo la debolezza della sinistra, anche se nella sconfitta contingente ha avuto il suo peso.
C’è qualcosa di più e di diverso: c’è un progetto di società che vede la straordinaria congiunzione tra libertà senza freni per chi può e norme stringenti per tutti gli altri, tecnologia avanzata oltre ogni limite e società sotto controllo.
Questo è il fatto inedito e di maggior impatto: l’alleanza politica e sociale tra la destra religiosa e i più avanzati leader dell’informatica, tra la libertà senza freni nell’esplorazione delle più moderne tecnologie e la nostalgia per le rigide regole sociali del bel tempo che fu, tra vincitori e vinti del modello politico, sociale ed economico che abbiamo tutti vissuto fin qui.
Per essere più chiaro: io credo che la gran parte dei cittadini Usa che hanno votato Trump sappiano bene che nel progetto del loro presidente (ma più in particolare dei suoi principali sostenitori) c’è una società che cristallizza le disuguaglianze e probabilmente porterà a una società meno libera per coloro che hanno meno possibilità.
Ma gli sta bene così, perché ritengono che la democrazia, nella declinazione liberista e globalista che abbiamo vissuto fin qui, in realtà non sia più riformabile e dunque tanto vale accettare una società disuguale se c’è chi promette di difenderti. Gli altri, i super ricchi, avranno vantaggi personali notevoli, ma li avrebbero avuti in ogni caso e sono visti più come possibili paladini di questa difesa che come interessati profittatori.
In sostanza non siamo di fronte a un popolo di stolti tacchini che vota senza capirlo il cuoco che prepara il pranzo per il giorno del Ringraziamento (lo stupido è una figura orizzontale, sta ovunque, a destra, a sinistra, al centro): siamo in una fase diversa, qui c’è l’accettazione di una società gerarchicamente cristallizzata e organizzata, perché si pensa che prendere atto di questo nuovo paradigma sia la strettoia indispensabile per tornare a una vita meno incerta. Non è detto che sia migliore: ma meno incerta. Nel mondo di Star Wars l’impero è opprimente, ma per diversi aspetti anche protettivo.
Punto terzo. La prospettiva del ritorno ai dazi e alle guerre commerciali è una conferma di questa impostazione mentale della maggior parte degli elettori: se la globalizzazione ha portato benefici in termini di crescita dei paesi del Terzo Mondo e una immensa crescita della ricchezza dei più ricchi nelle economie avanzate, ma ha portato a un lento ma progressivo scivolamento nella qualità della vita delle masse nei paesi occidentali, ben venga l’idea di gettarla alle ortiche. Poi che sia o no possibile tornare davvero indietro o che l’esito alla fine possa anche essere negativo, questo non importa.
L’idea che l’America è grande, che parlano tutti la stessa lingua, che è un solo grande mercato (mica come il guazzabuglio europeo), che è il paese più forte militarmente e che lì ci sono i migliori in campo li spinge a giocare la partita così, tanto più che la tentazione dell’isolamento lì cova da sempre sotto la cenere.
Infine, la guerra o almeno quella che coinvolge l’Ucraina e l’Europa. Che finisca perché l’Ucraina sia costretta a cedere una parte dei propri territori all’invasore russo o che gli Usa riescano a sganciarsi perché l’Europa ci mette del suo non importa. Basta che finisca per gli americani.
Votando Trump gli elettori Stati Uniti hanno firmato volontariamente questo contratto. E penso che anche da questa parte dell’oceano molti firmerebbero lo stesso contratto, se vi fosse la fine della guerra e meno impegni per noi.
Né all’interno, sull’organizzazione della società, né nelle relazioni internazionali sono cambiamenti di poco conto. È l’inizio di un altro mondo. Peggiore (come io credo), migliore o solamente molto diverso lo si vedrà con il tempo.
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SPEAKERS
Gaia Rubera, Amplifon Chair in Customer Science and Head of Marketing Department, Università Bocconi
Giorgos Verdi, Policy Fellow, European Power Programme, European Council on Foreign Relations
MODERATED BY
Stefano Feltri, Communication Advisor, Institute for European Policymaking @ Bocconi University
E, già che ci sono, vi segnalo anche un evento al quale io non partecipo ma che è di sicuro interesse e che viene organizzato in partnership con lo IEP@BU, del quale Mario Monti è presidente onorario.
Video: Make America Great Again - La lezione di Manlio Graziano
Ecco qua il seminario dello Spykman Center a cura di Manlio Graziano con una prima analisi geopolitica del voto del 5 novembre che ha consacrato Donald Trump 47mo presidente degli Stati Uniti.
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