12 Commenti

ma solo io ho notato che lavorare dalle otto di mattina a oltre mezzanotte non è vita ma sfruttamento anche se la persona in questione sembra non lamentarsene? Sono contenta che in questo caso i dieci anni di vita dedicati solo al lavoro per far arricchire il padrone siano serviti a riuscire a costruirsi una vita più equilibrata in Italia, ma spesso non è così ed è uno dei problemi maggiori del nostro paese quello dei giovani costretti a partire (parlo di costrizione, non di libera scelta).

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lug 28Messo Mi piace da Valeria Croce

Bellissima storia, raccontata in modo molto coinvolgente. Faccio a Vito e Samia un grande in bocca al lupo per il loro futuro. Abbiamo bisogno di persone come loro, che fanno esperienze lontano e tornano con un gran bagaglio!

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Grazie Valentina :)

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lug 28Messo Mi piace da Valeria Croce

Il tema degli expat degli anni 2000 non è ancora stato affrontato con la dovuta maturità. Forse ci siamo ancora dentro ed è ancora presto. Una patina di pregiudizi, specialmente positivi, resta ancora sullo sfondo di tante narrazioni nonostante le storie di ritorni causa reale insostenibilità della propria condizione sono molteplici ed in crescita. Alcune di queste storie le conosco da vicino e non differiscono da quella qui riportata.

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lug 28Messo Mi piace da Valeria Croce

grazie Valeria, articolo molto interessante, abbiamo bisogno di storie e di strumenti per capire meglio ciò che ci circonda.

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Grazie mille Elena!

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lug 28Messo Mi piace da Valeria Croce, Stefano Feltri

Grazie a Valeria Croce per il racconto su Vito. C’è sensibilità, emotività ma anche dati e analisi sociologiche. Brava! Anche mio figlio è tornato dopo sette anni a Londra, grato della enorme esperienza. Ora ogni tanto ci torna per incontrare gli amici inglesi e per rivivere quell’atmosfera che ricorda con nostalgia. Purtroppo non è tornato in Italia perché il suo Paese è cambiato rispetto alle motivazioni per cui era partito. I problemi italiani sono rimasti tutti ed il raffronto con come andavano le cose a Londra è continuo e molto amaro.

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Grazie molte Rita per il tuo gentile commento. Condivido con te le valutazioni sui “problemi italiani”, che non permettono aimè a chiunque lo desideri di fare ritorno.

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lug 28Messo Mi piace da Valeria Croce

Molto interessante la storia di Vito. Fate bene a dare spazio ai giovani che vanno fuori e poi rientrano. Ho due figli cinquantenni. Sono andati all’estero tutti e due. Dopo una decina di anni uno è tornato a vivere a Roma, l’altro è ancora fuori con la sua famiglia. Sono contenti della loro decisione. Io ormai anziana sono felice che almeno uno sia tornato. Riconosco che quando erano piccoli ho fatto di tutto per renderli indipendenti e “internazionali”. Forse perché sono australiana, figlia di diplomatici, abituata ad una vita raminga.

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Cara Margaret, sicuramente, come hai detto tu, la famiglia di origine influisce molto sull’eventuale decisione di partire e andare a cercare lavoro all’estero. La stessa madre di Vito, anche se non specificato nell’articolo, è italoamericana (sebbene lui non avesse imparato da lei la lingua). È probabile che questo abbia fatto la sua parte, magari inconsciamente.

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Complimenti per l'estro narrativo, più convincente delle considerazioni sociologiche

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lug 28·modificato lug 29Messo Mi piace da Valeria Croce

Storia interessante quella raccontata da Valeria: quanti Vito ci sono stati e ci saranno ancora ?

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