7 Commenti
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Avatar di marisa lazzarino

Ottimo lavoro di Mattia Diletti. Mi hanno colpito le risposte date a Mamdani da alcuni intervistati: identiche a quelle che spesso ho sentito dare qui in Italia ad attivisti politici di idee democratiche e progressiste. Scetticismo, sfiducia, rifiuto di votare....Comincio a pensare che da noi sfiducia e scetticismo siano penetrati inconsapevolmente anche nella mente di coloro che pur in buona fede si impegnano nel tentativo di cambiare qualcosa. Queste persone mancano degli strumenti minimi necessari per una efficace comunicazione politica e finiscono per girare a vuoto e disperdere energie. Ricordo a me stessa che forse tutti quanti stiamo dimenticando che per avere successo in qualsivoglia attività sono necessari studio e preparazione

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Avatar di Stefano Fares

«Il Partito Democratico è in crisi d’identità», una condizione forse relativamente nuova per quello Statunitense, direi ontologica per quello italiano. Anche perché secondo me il problema principale è diretta conseguenza dalla scelta dell’aggettivo – «democratico» – che è tutto fuorché un progetto politico, almeno in una democrazia. È ovvio che un partito sia democratico: perfino quelli che perseguono l’opposto della democrazia, per poter liberamente partecipare alla vita politica (democratica) di un paese, si dichiarano «democratici».

Così, ogni volta che il Mamdani di turno si presenta come vincitore o anche soltanto come ipotesi di vittoria, ecco che ci si scervella per copiare il più possibile nome e programma nella speranza che funzioni anche da noi, sostanzialmente per osmosi, quando non per diretto pensiero magico.

Quello che manca, sempre e irrimediabilmente, è – appena – uno straccio di idea politica. La parola più nefasta tra le brutte parole: l’ideologia. Totalmente assente, come se fosse un vanto, alla continua ricerca della costituzione di un partito che sia finalmente apartitico, come tante iniziative o associazioni culturali, così che possa acchiappare il voto di chiunque la pensi in qualunque maniera.

Leggevo un’interessantissma analisi di un guru danese della politologia internazionale che spiegava come il Partito Socialdemocratico di quel paese avesse risolto il problema del fenomeno, così diffuso non soltanto in Europa ma un po’ in tutto il mondo, dei sempre maggiori consensi elettorali dell’estrema destra razzista e xenofoba. Con l’uovo di Colombo: assumendo, il Partito Socialdemocratico medesimo, quelle posizioni all’interno del suo programma di governo. Della serie Socialdemocratici a casa nostra e terù alla sò cà, per intenderci.

L’apparente paradosso danese rappresenta limpidamente il nocciolo della questione. Nel momento in cui l’ideologia non conta più nulla e conta soltanto il consenso, allora la distorsione del marketing politico conduce a questi risultati. Il marketing politico, cosa fa?, esegue sondaggi di ogni tipo, identifica cosa l’elettore cliente si vuole sentir dire e suggerisce ai partiti clienti le politiche più adatte per raccogliere il maggior numero di consensi. Tutto molto bello (cit.). Peccato che è un metodo obsoleto da tempo. Oggi, anche le migliori aziende marketing oriented sono in grande difficoltà perché gli acquirenti sono molto più volatili ed è sempre più difficile capire cosa vogliono. Il celebre aneddoto presente in ogni corso di marketing da quarant’anni a questa parte è sempre valido. Mister Ferrero voleva vendere le uova di pasqua tutto l’anno, ma i marketer facevano i loro bravi sondaggi e dimostravano che no, la gente non vuole mangiare uova di pasqua tutto l’anno, le vuole mangiare solo a Pasqua. Ma Ferrero era convinto e mise in produzione una quantità esagerata di ovetti kinder, limitandosi a ordinare al reparto marketing di vendere quella roba. Ancora oggi è uno dei prodotti più venduti.

Per dire che non è vero che la gente sappia esattamente cosa desideri. Bisogna avere più coraggio per interpretare i bisogni delle persone. E si possono offrire loro soluzioni per problemi che neanche sapevano di avere, purché siano efficaci.

A sinistra c’è notoriamente una prateria di consensi che stanno tutti lì. Intonsi. Tutti quelli che una volta «erano comunisti», per tutti i perché di Giorgio Gaber, e oggi non vanno più a votare perché gli viene il vomito a pensare a Berlinguer e a vedere i sedicenti politici di oggi. Ma quella sinistra parlava di lotta di classe e di padroni e cercava il modo migliore e meno traumatico possibile – internazionalmente sostenibile – per costruire una società socialista che si affrancasse dal capitalismo, in crisi oggi ancora più di allora. Per «fare la rivoluzione», con pacatezza, magari, un passo alla volta, ma con quel fine ultimo lì.

A ben vedere sono ancora quelle le parole corsare, quelle parole potenti in grado di fare la differenza. L’ideologia c’è già ed è pronta, con fior di pensatori: Marx, Gamsci, Berlinguer. La visione del mondo c’è già. Applichiamola e spieghiamo ai lavoratori poveri perché sono poveri. Sono poveri perché il loro lavoro sottopagato permette a poche persone – i padroni – di essere molto ricche. E QUESTO NON VA BENE. Lo vogliamo dire che non va bene? Vogliamo dire che non va bene niente di questa realtà del primo quarto di secondo millennio? Lo vogliamo dire che questo è un mondo marcio, malato e profondamente ingiusto? E QUESTO NON VA BENE. Esiste la tecnologia per distribuire equamente la ricchezza fra tutte le persone del pianeta ed è tecnicamente possibile. Perché deve essere bollata come utopia irrealizzabile qualcosa che sarebbe materialmente possibile realizzare? Perché bisogna arrendersi alle guerre, alle carestie, alla fame, alla morte e alla distruzione e non si può lavorare altrettanto alacremente per raggiungere un benessere condiviso e in pace con tutti?

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Avatar di Nadia Urbinati

Condivido tutto. Ott8ma riflessione. Manca il momento organizzativo radicato e credo che Mamdani lo abbia capito. C'è da sperare che i dem si scuotano dal torpore e che, soprattutto, il big business non si mobilità con Cuomo o Adams. Se Mamdani perde sarà davvero un segnale di sconfitta per il midterm

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Avatar di Giovanni Ferraro

Allo stesso modo, in sedicesimi per elettori, analizzerei Silvia Salis.

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Avatar di Riccardo Barbieri

Buono. Mutatis mutandis, cos'è che manca di più fra i vari punti alla sinistra italiana?

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Avatar di Enrico Febbraro

A mio personalissimo avviso la parabola di Mamdani è un altro segnale del cambiamento di medio periodo che ha cominciato ad attraversare gli Stati Uniti. Mamdani non è più la vecchia America con baricentro Europeo, forti radici nei valori tradizionali e borghesi cristiani ed intrisi di una fortissima componente ebraica, specie a nyc. No, rappresenta (come la Ocasio) quella nuova America che demograficamente nel giro di qualche tempo diventerà prevalente. Non sorprende che un tipo come Ackman osteggi apertamente l’ascesa di uno come Mamdani, altro che sovrastrutture ideologiche!

Tuttavia siamo agli inizi di questo processo, ma è ampiamente avviato, democratici o repubblicani che siano. Anche il Trumpismo è già un segnale di questa rotazione valoriale. Si faccia poi in salsa più socialista o liberale, rileva a livello locale e può portare influenza culturale anche fuori, ma non siamo più nel ‘900.

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Avatar di Mattia Diletti

Si, è vero. C’è anche una frontiera simbolica: fra 20 anni l’America dovrebbe divenire un paese minority/majority, ovvero un paese nel quale i bianchi saranno solo la minoranza più grande (è vero già per le metropoli americane). Però la storia dei genitori di Mamdani, invece, è dentro la vicenda del Novecento americano: diplomazia culturale, apertura delle università al mondo per accrescere il potenziale scientifico degli Stati Uniti, società aperta ecc ecc un altro capitolo che si sta chiudendo

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