Il fenomeno Zohran Mamdani: analisi in sei punti
Il candidato sindaco Democratico a New York ha vinto le primarie e indica una strada possibile: è un prodotto della crisi, che lavora a un’alleanza possibile tra classi medie e popolari
In vista delle elezioni di metà mandato del 2026 e delle presidenziali del 2028, i Democratici hanno bisogno di una rivolta di successo, come fu quella del Tea Party per i repubblicani nel 2010. Mamdani può essere una delle micce di questa rivolta
Mattia Diletti
Prima che in Italia cominci la litania “la sinistra riparta da Zohran Mamdani”, questo articolo vuole svolgere la funzione di chiarire cosa sia il fenomeno Mamdani - nel limite delle battute di un contributo del genere.
L’obiettivo è quello di offrire spunti su quanto Mamdani sia un fenomeno americano e newyorchese - e quindi irripetibile - e quanto un fenomeno globale.
La sinistra americana e quella europea hanno una disperata fame di vittorie: per loro non è più tempo di perdere avendo ragione, di vincere ma non riuscire ad applicare neanche il 10 per cento dei propri programmi, di chiamare i propri elettori a sacrifici e responsabilità (degli errori degli altri, dei buchi di bilancio della destra ecc ecc.).
Un’eventuale sconfitta di Mamdani alle elezioni a sindaco della sua città racconterà una storia comunque interessante, ma né depotenzierà enormemente la portata. Chi lo osteggia, lo sa.
Primo. Mamdani ha vinto le primarie nel momento giusto, ovvero nel mezzo di una crisi di identità del Partito Democratico
Il Partito Democratico è in crisi di identità dagli anni della presidenza Obama; dopo la vittoria di Donald Trump nel 2024 siamo arrivati a un punto di non ritorno.
Nel 2016, con incoscienza, fu offerto il ritorno dell’establishment clintoniano in un’epoca di grandi polarizzazioni sociali e ideologiche.
Vi era una nuova domanda di protezione, ma anche di un cambiamento più forte (il sanderismo); sono stati offerti, invece, gli apparati di potere del vecchio modello neo-liberale della terza via.
Joe Biden ha vinto grazie alla grande mobilitazione anti-trumpiana del 2020, una sorta di “presidenza” ponte verso un nuovo Partito Democratico, un’alleanza fra vecchio e nuovo (peccato, però, che la Fenice non sia mai emersa dalle ceneri).
In vista delle elezioni di metà mandato del 2026 e delle presidenziali del 2028, i Democratici hanno bisogno di una rivolta di successo, come fu quella del Tea Party per i repubblicani nel 2010 (contro il centrismo “out of touch” e contro il velleitarismo di parte della sinistra americana). Mamdani può essere una delle micce di questa rivolta.
Dopo l’ascesa di alcuni Democratici radicali prima della crisi del Covid - la “nidiata” dei giovani sanderisti, alla Ocasio-Cortez - vi era stato un rinculo di questa componente.
A New York, per esempio, il sindaco in carica Eric Adams aveva vinto su una piattaforma "legge e ordine” già nel 2021, proprio mentre la sinistra arretrava (meno eletti e meno voti).
Quattro anni dopo, e diversi scandali di corruzione dopo, l’establishment democratico ha saputo proporre solo la vecchissima guardia di Andrew Cuomo, ridando forza alla “rottamazione” da sinistra: contro Trump e contro i potentati del Partito.
Secondo. Mamdani è figlio del Novecento americano e di quello globale
Ripartire da Mamdani fuori da New York è - quasi - impossibile. Più facile adottare i suoi temi di lotta di classe e giustizia sociale in “salsa pragmatica”, che provare a scimmiottarne la postura. La storia della famiglia Mamdani/Nair è una straordinaria storia del Novecento, a cavallo fra impero britannico e impero americano.
Mamdani ha trasformato la sua intera vicenda familiare in un punto di forza. Il padre del candidato sindaco è un intellettuale di fama mondiale, che appartiene a una minoranza indiana-musulmana perseguitata: il suo viaggio va dall’India all’Uganda, dall’Uganda agli Stati Uniti (passando per la Tanzania e il Sud Africa). Stabilitosi negli Stati Uniti, è divenuto professore alla Columbia, dove è stato Direttore dell’Istituto di studi africani.
La madre di Zohran, Mira Nair, è un’importante regista indiana di base negli Stati Uniti (Monsoon Wedding e Mississippi Masala sono i suoi film più noti), anche lei con una biografia novecentesca (proveniente dalla piccolissima borghesia indiana, si trasferisce negli USA vincendo una borsa ad Harvard).
Un amico di famiglia che passa a cena? Amitav Ghosh, scrittore indiano fra i più grandi intellettuali viventi (qui saluta la vittoria di Zohran su Instagram). L’intellighenzia, e i suoi figli, esistono ancora: uno di essi è stato così bravi da vincere lo stigma che accompagna il mondo intellettuale, soprattutto negli USA.
Come per Pete Buttigieg (figlio di un noto studioso gramsciano maltese) e Kamala Harris (figlia di un economista giamaicano), lo stigma era doppio: intellettuale e non americano. Mamdani ci ha aggiunto anche la confessione religiosa.
Terzo. Mamdani è un prodotto della crisi: parla a chi ha paura di non farcela, e mostra l’alleanza possibile fra classe media e classi popolari
La sociologia dei sostenitori e degli elettori di Zohran Mamdani assomiglia molto a quella che portò alla vittoria, a sorpresa, di Alexandria Ocasio-Cortez nelle primarie del 2018. Immediatamente dopo la vittoria di Mamdani è subito partita la contro-narrazione del “solito radical chic” (vedi punto 2): un candidato che parla dei poveri… ma viene votato nei quartieri bene.
Mamdani ha vinto con un messaggio di tipo economico, “l’affordability”: le classi medie e popolari non possono permettersi questa città, le politiche del sindaco devono occuparsi di questo (se ne parla al punto 3).
Questo messaggio è stato molto più potente, fino a ora, di qualsiasi tentativo di demolizione di Mamdani.
Nella ricostruzione di Michael Lange apparsa sul New York Times, il voto della upperclass per Mamdani è un frammento secondario della storia: un voto di opinione e “moralista”, contro Trump e Cuomo. Quest’ultima ha votato per il candidato percepito come più anti-trumpiano e contro l’ex-governatore dello Stato di New York, dimessosi a causa di undici denunce per molestie; un’altra parte della “New York bene” ha votato Cuomo, per affinità e perché considerato più affidabile.
La vittoria ha poggiato su ben altro: il voto di una middle class affaticata, spesso multietnica (bianca, ispanica e asiatica) e soprattutto giovane, che si percepisce sul filo dell’arretramento sociale, soprattutto in una città a misura di super-ricchi come New York.
Una parte di questi giovani non aveva mai votato alle primarie, un’altra si era radicalizzata già ai tempi di Bernie Sanders.
A questo voto si è aggiunto quello di una parte di working class altrettanto spaventata, anch’essa multietnica, come è multietnica New York (con una performance formidabile fra i musulmani e i bengalesi che vivono in città, che ha controbilanciato il successo di Cuomo in alcuni quartieri ebraici).
Quarto. Senza “populismo economico” la sinistra americana non può farcela
La storia della classe media e delle classi popolari “che non ce la fanno” sono stati il fulcro della narrazione di Mamdani, ma anche la spina dorsale del suo consenso.
Nella ricostruzione della sua strategia post-voto - una specie di canovaccio per tutti gli aspiranti competitor radicali d’America, apparso su Instagram poco dopo le primarie - vi è grandi enfasi sugli elettori “pigri” e sfiduciati, “disengaged” (un pezzo importante del sostegno a Trump nelle presidenziali del 2024: elettori che non fanno parte del culto MAGA e che lo staff di Mamdani percepisce come contendibili).
Mamdani ha costruito un pezzo della sua propaganda sull’ascolto di alcuni segmenti dell’elettorato di Trump: cittadini scontenti che appartengono alla middle e working class, ai quali promette di prendere sul serio le loro paure rispetto all’inflazione e al costo della vita. Sugli elettori citati nel punto 3, e su questi ultimi, è stata costruita una campagna mediatica che ha raccontato la vita reale delle persone, in una città dove si percepisce una grande fatica esistenziale dai tempi della crisi del Covid-19.
Proposte come il trasporto gratuito, il blocco degli affitti, la creazione di negozi pubblici per la vendita di merci a prezzo calmierato, i servizi gratuiti per l’infanzia… sono considerati da molti “populismo economico”, se non “comunismo”, ma fanno il paio con le aspirazioni di migliaia di persone.
E’ impressionante il fuoco di fila che si è alzato contro Mamdani da parte di alcuni esponenti della business community di Wall Street, totalmente disabituata a convivere con una sfida di carattere politico e ideologico: l’esempio più eclatante è stato quello di Bill Ackman - fondatore di Pershing Square Capital Management (importante società di gestione di hedge fund) - che si è autocandidato a fundraiser di un potenziale candidato centrista anti-Mamdani (Ackman è uno storico finanziatore del Partito Democratico, ma nelle ultime elezioni ha appoggiato Donald Trump).
Quinto. La sinistra americana non può farcela solo con i “populisti”
Dopo la pandemia l’accesso economico a merci e servizi si è trasformato, come detto, in una crisi esistenziale. Convincere una banca alla concessione di un mutuo per un'abitazione richiede un livello di liquidità pressoché irraggiungibile: la stragrande maggioranza dei newyorkesi vive in affitto, e il canone medio mensile è di 3.676 dollari.
I costi per l’assistenza all’infanzia stanno crescendo vertiginosamente, raggiungendo una media di 26.000 dollari a bambino nel 2024, con un aumento del 43 per cento dal 2019. I costi dei trasporti pubblici continuano ad aumentare mentre il servizio, in particolare quello degli autobus, peggiora.
Migliaia di famiglie giovani hanno lasciato la città negli ultimi cinque anni, specialmente i newyorkesi meno abbienti, che non vedono per sé alcun futuro praticabile in città.
Secondo James Carville, una delle menti della campagna elettorale di Bill Clinton nel 1992, inventore del mantra “It’s the economy, stupid”, Mamdani ha compiuto un piccolo gesto rivoluzionario: ha fatto percepire a questi newyorkesi che vede, percepisce e condivide la fatica esistenziale di cui si parlava al punto 4.
Carville, un centrista che non ha mai mancato di polemizzare con Sanders e Ocasio-Cortez, capisce che il tema della “affordability” introdotto da Mamdani può funzionare come grimaldello del Partito Democratico, anche per i moderati. “It’s the economy, stupid”, declinato ai tempi della precarietà permanente e della paura della perdita di status economico.
La vincitrice delle primarie democratiche per il governatorato del New Jersey, Mikie Sherrill (una moderata con alle spalle una carriera militare) ha lanciato la sua “Affordability agenda” per le elezioni del 2025.
Altri strumenti - meno radicali di quelli di Mamdani - ma stesso messaggio. In un Paese federale e diversificato come sono gli Stati Uniti, dove “il modello Mamdani” non può essere esportato a ogni angolo per ragioni culturali e sociali, un segno della forza del suo messaggio.
Sesto. La politica della sinistra, senza organizzazione scientifica del lavoro, è solo un hobby
In ultimo, una banalità. La vittoria di Mamdani è frutto dell’incontro del suo talento naturale con un’organizzazione scientifica del lavoro (dei volontari e degli staff), disciplina, investimenti economici oculati, competenze comunicative.
Lo stesso era accaduto nel 2018 con il caso si Alexandria Ocasio-Cortez (accompagnata, infatti, da una potente auto-narrazione del metodo degli "insorgenti").
Per il columnist britannico Owen Jones - figura della sinistra radicale inglese - l’insegnamento universale della vittoria di Mamdani sono le “3M”, ovvero tre fondamenti operativi: “messaging, medium and movement”.
La prima “M” rappresenta la chiarezza dei messaggi legati alle policy, che richiamano tutte il tema della “affordability: “congelare gli affitti; autobus gratis; servizi per l’infanzia gratuiti” (una strategia per uscire dall’angolo della “identity politics” nel quale il trumpismo aveva cacciato la sinistra liberal).
La seconda “M”, i media della campagna: campagna virale e digitale, con un investimento economico evidente nella qualità del prodotto finale (uno per tutti… lo straordinario video in cui spiega, in un misto di hindi e inglese, come si vota alle primarie).
Come per Alexandria Ocasio-Cortez - praticamente coetanea di Mamdani: lei è del 1989, lui del 1991 - parliamo di una generazione credibile nella narrazione di sé attraverso il digitale, con doti naturali da “celebrità della porta accanto” e una padronanza dei meccanismi delle campagne virali che appartiene anche al candidato, non solo agli staff della comunicazione.
E’ diventato comune, soprattutto fra i più giovani, conoscere il nome di Mamdani esclusivamente attraverso i contenuti creati su Instagram e Tik Tok, senza alcuna mediazione o interferenza esterna.
In ultimo, la terza “M”, il movimento, edificato negli anni di attivismo come membro dell’assemblea dello Stato di New York, e poi cresciuto nella voglia di “rottamazione” e di opposizione al trumpismo (Mamdani sostiene che i suoi volontari abbiano bussato alla porta di 600 mila newyorchesi).
Manca la 4 “M”: sfondare nel campo mainstream. A novembre sapremo, e sapremo affinare meglio i nostri ragionamenti.
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A mio personalissimo avviso la parabola di Mamdani è un altro segnale del cambiamento di medio periodo che ha cominciato ad attraversare gli Stati Uniti. Mamdani non è più la vecchia America con baricentro Europeo, forti radici nei valori tradizionali e borghesi cristiani ed intrisi di una fortissima componente ebraica, specie a nyc. No, rappresenta (come la Ocasio) quella nuova America che demograficamente nel giro di qualche tempo diventerà prevalente. Non sorprende che un tipo come Ackman osteggi apertamente l’ascesa di uno come Mamdani, altro che sovrastrutture ideologiche!
Tuttavia siamo agli inizi di questo processo, ma è ampiamente avviato, democratici o repubblicani che siano. Anche il Trumpismo è già un segnale di questa rotazione valoriale. Si faccia poi in salsa più socialista o liberale, rileva a livello locale e può portare influenza culturale anche fuori, ma non siamo più nel ‘900.
Condivido tutto. Ott8ma riflessione. Manca il momento organizzativo radicato e credo che Mamdani lo abbia capito. C'è da sperare che i dem si scuotano dal torpore e che, soprattutto, il big business non si mobilità con Cuomo o Adams. Se Mamdani perde sarà davvero un segnale di sconfitta per il midterm