PARLARNE TRA AMICI - L’influencer Sofia Viscardi è sempre sembrata una di noi ventenni. Ma lei adesso aspetta un bambino, a 26 anni. E noi cosa vogliamo?
E' giusto che fare figli sia una scelta e non un destino. Ma a 20 anni non si può davvero scegliere se avere figli o no, e' presto, si hanno altre priorità. Io durante i 20 mi sono laureata , ho fatto un erasmus, ho lavorato come au pair in Australia,ho iniziato la mia carriera. A fare figli non ci pensavo. Ora che ne ho 32 ho una bimba di pochi mesi. I desideri e le priorità cambiano. Godetevi i 20!
Mi sorprende molto la necessità di dovere offrire ai figli il meglio. Il meglio è l’amore ed una buona educazione. Certo faticheranno nella vita come ho faticato anche io . Ma la vita non è fatta di posizioni sociali
E' un piacere ritrovare Sofia Sossai su Appunti, mi era mancata tanto!! E mi fa molto piacere sapere che è riuscita ad entrare all'università di Bologna, dimostrazione di un talento e di capacità fuori dal comune.
Spiace dire che tutti siamo d'accordo solo su una cosa, serve stabilità economica per fare figli: forse sarebbe lo stesso se si avesse una famiglia alle spalle che ci supporta, ma non l'ho letto e lo lascio come spunto.
Trent'anni fa conobbi in Erasmus un ricercatore universitario francese: aveva 22 anni ed aveva dovuto affittare un appartamento perchè con la sua compagna avevano avuto un bambino: oggi è un professore universitario, ha lasciato la compagna per una collega ed ha tre figli. Questo mi fa riflettere sul fatto che ai giovani d'oggi manca un pò di incoscienza tipica della loro età, della serie "andiamo in India col furgone": probabilmente è colpa di noi genitori che non gli insegniamo a buttarsi, non escono di casa per fare esperienze da soli ma hanno bisogno di stare in gruppo perchè i genitori hanno paura, non loro. Nell'articolo vedo solo problemi culturali italiani, mi piacerebbe che allargassimo un pò gli orizzonti.
In un mondo in cui gli influencer sono capaci di decidere la razza di cane che bisogna assolutamente avere, questi (gli influencer, non i cani, per ora) hanno già dimostrato di poter fare incredibili miracoli: Dostojevski è infatti in testa alle classifiche di vendite fra i giovanissimi grazie a TikTok. Se sono riusciti a fare questo, cosa sarà mai risollevare la natalità patria?
Basterà quindi aspettare che una manciata di influencer “normali” (non milionari col barboncino, stile Ferragni) capiscano che fare figli è bello e comincino a raccontarlo.
I giovani scopriranno forse allora quello che io non sapevo quando, con un pizzico di incoscienza, a 29 anni sono diventato papà: che il fattore economico è la sfida più piccola fra quelle da affrontare quando si diventa genitore. Che se uno aspetta a essere “pronto” per diventare genitore non lo diventerà mai. E, soprattutto, che la genitorialità è la cosa più straordinaria nella vita di una persona e che diventare genitori è una tale fonte di risorse ed energia che ogni problema viene superato.
Con questo non voglio dare la colpa ai giovani dicendo, come si sente spesso, che non fanno figli per egoismo. Anche perché ho la sensazione che i colpevoli di questa mentalità siamo stati noi, educandoli (e contribuendo nei nostri ruoli quando abbiamo potere, nelle aziende, per esempio) allo studio, la carriera e al “sistemarsi” economicamente prima di ogni cosa. Salvo poi farli scoprire da soli che lo studio e la preparazione non sono sinonimo di felicità, tutt’altro.
mi piace molto questo commento: ci si dimentica spesso di raccontare quanto sia divertente crescere i bambini e che grande esperienza di crescita personale sia.
I miei figli sono nati quando avevo 26 e 28 anni. Abitavamo in una casa ereditata dai nonni. Mio marito aveva un lavoro stabile come funzionario statale. Io dopo la prima gravidanza ho lasciato il lavoro. Sono laureata e bilingue e avevo esperienza di lavoro con buone referenze. È stata una mia scelta decidere di occuparmi personalmente della cura dei figli nei primi cinque anni. Ero lontana dal mio paese e dalla mia famiglia e quindi ci è mancata la presenza della nonna materna. Ero molto indipendente e auto sufficiente. Confidavo di trovare un altro lavoro al momento opportuno.
Sono favorevole a fare i figli quando si è giovani per motivi fisici e mentali. Ci vogliono ovviamente le basi e la sicurezza economica però in fondo se si è fortunati si possono contenere le spese: niente tate, molto giocare all’aria aperta, solo vestiti essenziali, giochi pochi ma buoni. Era un’altra epoca forse (anni 70). Mi ritengo fortunata. Ho potuto impostare bene i figli nei primi anni fondamentali, sono cresciuti sereni e contenti. Io avevo ancora tanta energia e una bella dose di incoscienza e entusiasmo. Ho poi ripreso a lavorare inizio anni 80 a 35 anni.
Io sono sempre molto sorpreso e anche un pò amareggiato quando si parla di questo tema e non si considera che avere dei figli possa essere una delle esperienze più belle e naturali che la vita offre. E' più importante viaggiare, non avere impedimenti per impegnarsi al massimo ed avere successo nel lavoro?
Articolo equilibrato e ben argomentato. Fare figli deve essere una scelta e non un destino. Dunque è molto più difficile di prima. Forse i problemi potrebbero risolversi facendo ricorso al sentimento di generosità che è latente in ciascuno di noi. Generosità in primo luogo verso la nostra natura umana che verrebbe ad essere limitata proprio dall'esclusione di un'esperienza di vita unica e speciale nel suo genere.
Sono d’accordo con Giuliano Blasetti, sono del 1966 (baby boomer, ben inteso - quelli che sembrava avessero davanti a se tutte le prospettive del mondo) e all’età di Sofia Sossai dicevo anch’io che non volevo avere figli. Verso i trenta ho iniziato a cambiare idea, ma fra un divorzio dal primo marito e la ricerca dell’uomo “giusto” per fare figli ne avevo quaranta, quindi poi è stato molto complicato per ovvi motivi biologici. Ci sono riuscita quasi per un miracolo (molto alimentato dagli ormoni) e a quarantasette anni ho avuto due gemelli meravigliosi. Nel frattempo ho fatto una carriera brillante ma posso dire col senno di poi che era più facile lasciarli col papà o con la nonna per un viaggio di lavoro quando erano piccoli che non adesso che hanno undici anni e tutti gli impegni scolastici. Certo prima si facevano i figli e basta senza chiedersi se si era con la persona giusta… ma quello descritto non è un fenomeno nuovo, anche se certo la comunicazione iper veloce sulle cose terribili che avvengono e avverranno sulla terra non aiuta. Ma come dice Giuliano, noi avevamo il terrorismo, la minaccia atomica… Sarei curiosa di sentire cosa dice la generazione un po’ più grande, fra i trenta e i quaranta e oltre, dove ci si scontra per esempio con la difficoltà di parlare serenamente di procreazione, assistita e non. E non parliamo delle coppie omosessuali. Inoltre, scusate ma qui c’è un problema di classe: gli intervistati mi sembrano tutti provenienti (come me del resto) da un background borghese di studi universitari e mito del successo professionale. Tutto il mio affetto alla influencer incinta che ora nel frattempo avrà avuto il suo bambino.
Colgo l’occasione per fare una precisazione…Come già era stato spiegato per i primi articoli questa rubrica non si dà come obiettivo principale quello di essere un campione statistico rappresentativo di una generazione. Non posso avere questa pretesa di universalità naturalmente perché significherebbe non tenere conto delle molteplici differenze che ci caratterizzano a partire dal background sociale.
C’è anche da dire però che oramai i giovani che intraprendono un percorso universitario sono almeno la metà quindi sarà anche una visione di classe però non è più isolata come una volta.
Non tutti coloro che fanno l’università appartengono a una borghesia ricca. Io, come già scritto, sono un po’ perplessa da quello che ho letto. Mi pare che nella ‘evoluzione’ si sia buttato via il bambino con l’acqua sporca- come diceva mia nonna- . Se fare un figlio significa avere la certezza di garantirgli il meglio , o da ciò che ho letto, volere che sia al top sociale, significa renderlo un disgraziato, per le attese che la famiglia riverserà su di lui
Preciso che in realtà la maggioranza dei giovani non va in università, quindi è possibile che questa sia e rimanga una visione di una certa classe di società
Penso anch'io che i problemi siano in buona parte culturali. L'aspetto economico c'è, ma facevamo figli quando avevamo letteralmente fame, e oggi comunque consumi come viaggi internazionali più volte all'anno o aperitivi continui sembrano diventati essenziali. Sulle notizie negative: ho letto da un sondaggio che molti "non fanno figli per la crisi climatica". Siamo seri, io sono nato quando c'era il terrorismo che ammazzava gente per strada a ogni angolo; non diciamoci che non figliamo per la temperatura che si alza ma perché, oggettivamente, la vita di chi non ha figli è sei volte più interessante e appagamte personalmente. Poi magari ci si sveglia soli e si rimpiangono i figli non avuti, ma fa parte del gioco.
La nostra generazione ha visto la successiva arrestarsi e guardarsi intorno molto prima che i cosiddetti problemi economici cominciassero a pesare.
Erano gli anni ‘90, quando si cominciava a prendersi anni sabbatici, a realizzarsi nel tempo libero e non nella professione, a costruirsi scalette temporali studiate come una lista di matrimonio.
Infatti è da allora che è iniziato quasi di colpo il crollo della nascite.
Mia moglie ed io eravamo soli nella città che ci ospitava.
Lei, medico brava nel laurearsi presto, fece la prima figlia a 27 anni, poi ne avemmo altri due.
Io, fisico, condivisi con lei tutte le incombenze pratiche.
Facemmo discrete carriere, anche se lei rifiutò di fare il primario quando oramai la famiglia ce lo avrebbe permesso.
Io andai un po’ più avanti, ma comunque continuammo a dividere tutto.
I primi anni, quando mia moglie lavorava in Pronto Soccorso, con turni e notti, non furono facilissimi, ma li ricordiamo quasi romanticamente.
I nostri figli sono un po’ lontani, in termini di scelte, da quelle di molti loro coetanei.
Ad esempio la nostra prima figlia, fisica come me e impegnata nella ricerca, ha avuto la sua prima figlia a 28 anni.
Sono convinto che i problemi principali siano culturali.
E' giusto che fare figli sia una scelta e non un destino. Ma a 20 anni non si può davvero scegliere se avere figli o no, e' presto, si hanno altre priorità. Io durante i 20 mi sono laureata , ho fatto un erasmus, ho lavorato come au pair in Australia,ho iniziato la mia carriera. A fare figli non ci pensavo. Ora che ne ho 32 ho una bimba di pochi mesi. I desideri e le priorità cambiano. Godetevi i 20!
Mi sorprende molto la necessità di dovere offrire ai figli il meglio. Il meglio è l’amore ed una buona educazione. Certo faticheranno nella vita come ho faticato anche io . Ma la vita non è fatta di posizioni sociali
E' un piacere ritrovare Sofia Sossai su Appunti, mi era mancata tanto!! E mi fa molto piacere sapere che è riuscita ad entrare all'università di Bologna, dimostrazione di un talento e di capacità fuori dal comune.
Spiace dire che tutti siamo d'accordo solo su una cosa, serve stabilità economica per fare figli: forse sarebbe lo stesso se si avesse una famiglia alle spalle che ci supporta, ma non l'ho letto e lo lascio come spunto.
Trent'anni fa conobbi in Erasmus un ricercatore universitario francese: aveva 22 anni ed aveva dovuto affittare un appartamento perchè con la sua compagna avevano avuto un bambino: oggi è un professore universitario, ha lasciato la compagna per una collega ed ha tre figli. Questo mi fa riflettere sul fatto che ai giovani d'oggi manca un pò di incoscienza tipica della loro età, della serie "andiamo in India col furgone": probabilmente è colpa di noi genitori che non gli insegniamo a buttarsi, non escono di casa per fare esperienze da soli ma hanno bisogno di stare in gruppo perchè i genitori hanno paura, non loro. Nell'articolo vedo solo problemi culturali italiani, mi piacerebbe che allargassimo un pò gli orizzonti.
In un mondo in cui gli influencer sono capaci di decidere la razza di cane che bisogna assolutamente avere, questi (gli influencer, non i cani, per ora) hanno già dimostrato di poter fare incredibili miracoli: Dostojevski è infatti in testa alle classifiche di vendite fra i giovanissimi grazie a TikTok. Se sono riusciti a fare questo, cosa sarà mai risollevare la natalità patria?
Basterà quindi aspettare che una manciata di influencer “normali” (non milionari col barboncino, stile Ferragni) capiscano che fare figli è bello e comincino a raccontarlo.
I giovani scopriranno forse allora quello che io non sapevo quando, con un pizzico di incoscienza, a 29 anni sono diventato papà: che il fattore economico è la sfida più piccola fra quelle da affrontare quando si diventa genitore. Che se uno aspetta a essere “pronto” per diventare genitore non lo diventerà mai. E, soprattutto, che la genitorialità è la cosa più straordinaria nella vita di una persona e che diventare genitori è una tale fonte di risorse ed energia che ogni problema viene superato.
Con questo non voglio dare la colpa ai giovani dicendo, come si sente spesso, che non fanno figli per egoismo. Anche perché ho la sensazione che i colpevoli di questa mentalità siamo stati noi, educandoli (e contribuendo nei nostri ruoli quando abbiamo potere, nelle aziende, per esempio) allo studio, la carriera e al “sistemarsi” economicamente prima di ogni cosa. Salvo poi farli scoprire da soli che lo studio e la preparazione non sono sinonimo di felicità, tutt’altro.
mi piace molto questo commento: ci si dimentica spesso di raccontare quanto sia divertente crescere i bambini e che grande esperienza di crescita personale sia.
Sono una boomer.
I miei figli sono nati quando avevo 26 e 28 anni. Abitavamo in una casa ereditata dai nonni. Mio marito aveva un lavoro stabile come funzionario statale. Io dopo la prima gravidanza ho lasciato il lavoro. Sono laureata e bilingue e avevo esperienza di lavoro con buone referenze. È stata una mia scelta decidere di occuparmi personalmente della cura dei figli nei primi cinque anni. Ero lontana dal mio paese e dalla mia famiglia e quindi ci è mancata la presenza della nonna materna. Ero molto indipendente e auto sufficiente. Confidavo di trovare un altro lavoro al momento opportuno.
Sono favorevole a fare i figli quando si è giovani per motivi fisici e mentali. Ci vogliono ovviamente le basi e la sicurezza economica però in fondo se si è fortunati si possono contenere le spese: niente tate, molto giocare all’aria aperta, solo vestiti essenziali, giochi pochi ma buoni. Era un’altra epoca forse (anni 70). Mi ritengo fortunata. Ho potuto impostare bene i figli nei primi anni fondamentali, sono cresciuti sereni e contenti. Io avevo ancora tanta energia e una bella dose di incoscienza e entusiasmo. Ho poi ripreso a lavorare inizio anni 80 a 35 anni.
Io sono sempre molto sorpreso e anche un pò amareggiato quando si parla di questo tema e non si considera che avere dei figli possa essere una delle esperienze più belle e naturali che la vita offre. E' più importante viaggiare, non avere impedimenti per impegnarsi al massimo ed avere successo nel lavoro?
Articolo equilibrato e ben argomentato. Fare figli deve essere una scelta e non un destino. Dunque è molto più difficile di prima. Forse i problemi potrebbero risolversi facendo ricorso al sentimento di generosità che è latente in ciascuno di noi. Generosità in primo luogo verso la nostra natura umana che verrebbe ad essere limitata proprio dall'esclusione di un'esperienza di vita unica e speciale nel suo genere.
Sono d’accordo con Giuliano Blasetti, sono del 1966 (baby boomer, ben inteso - quelli che sembrava avessero davanti a se tutte le prospettive del mondo) e all’età di Sofia Sossai dicevo anch’io che non volevo avere figli. Verso i trenta ho iniziato a cambiare idea, ma fra un divorzio dal primo marito e la ricerca dell’uomo “giusto” per fare figli ne avevo quaranta, quindi poi è stato molto complicato per ovvi motivi biologici. Ci sono riuscita quasi per un miracolo (molto alimentato dagli ormoni) e a quarantasette anni ho avuto due gemelli meravigliosi. Nel frattempo ho fatto una carriera brillante ma posso dire col senno di poi che era più facile lasciarli col papà o con la nonna per un viaggio di lavoro quando erano piccoli che non adesso che hanno undici anni e tutti gli impegni scolastici. Certo prima si facevano i figli e basta senza chiedersi se si era con la persona giusta… ma quello descritto non è un fenomeno nuovo, anche se certo la comunicazione iper veloce sulle cose terribili che avvengono e avverranno sulla terra non aiuta. Ma come dice Giuliano, noi avevamo il terrorismo, la minaccia atomica… Sarei curiosa di sentire cosa dice la generazione un po’ più grande, fra i trenta e i quaranta e oltre, dove ci si scontra per esempio con la difficoltà di parlare serenamente di procreazione, assistita e non. E non parliamo delle coppie omosessuali. Inoltre, scusate ma qui c’è un problema di classe: gli intervistati mi sembrano tutti provenienti (come me del resto) da un background borghese di studi universitari e mito del successo professionale. Tutto il mio affetto alla influencer incinta che ora nel frattempo avrà avuto il suo bambino.
Ringrazio per gli spunti di riflessione.
Colgo l’occasione per fare una precisazione…Come già era stato spiegato per i primi articoli questa rubrica non si dà come obiettivo principale quello di essere un campione statistico rappresentativo di una generazione. Non posso avere questa pretesa di universalità naturalmente perché significherebbe non tenere conto delle molteplici differenze che ci caratterizzano a partire dal background sociale.
C’è anche da dire però che oramai i giovani che intraprendono un percorso universitario sono almeno la metà quindi sarà anche una visione di classe però non è più isolata come una volta.
Non tutti coloro che fanno l’università appartengono a una borghesia ricca. Io, come già scritto, sono un po’ perplessa da quello che ho letto. Mi pare che nella ‘evoluzione’ si sia buttato via il bambino con l’acqua sporca- come diceva mia nonna- . Se fare un figlio significa avere la certezza di garantirgli il meglio , o da ciò che ho letto, volere che sia al top sociale, significa renderlo un disgraziato, per le attese che la famiglia riverserà su di lui
Preciso che in realtà la maggioranza dei giovani non va in università, quindi è possibile che questa sia e rimanga una visione di una certa classe di società
Penso anch'io che i problemi siano in buona parte culturali. L'aspetto economico c'è, ma facevamo figli quando avevamo letteralmente fame, e oggi comunque consumi come viaggi internazionali più volte all'anno o aperitivi continui sembrano diventati essenziali. Sulle notizie negative: ho letto da un sondaggio che molti "non fanno figli per la crisi climatica". Siamo seri, io sono nato quando c'era il terrorismo che ammazzava gente per strada a ogni angolo; non diciamoci che non figliamo per la temperatura che si alza ma perché, oggettivamente, la vita di chi non ha figli è sei volte più interessante e appagamte personalmente. Poi magari ci si sveglia soli e si rimpiangono i figli non avuti, ma fa parte del gioco.
Sappiamo tutto questo da circa trent’anni.
La nostra generazione ha visto la successiva arrestarsi e guardarsi intorno molto prima che i cosiddetti problemi economici cominciassero a pesare.
Erano gli anni ‘90, quando si cominciava a prendersi anni sabbatici, a realizzarsi nel tempo libero e non nella professione, a costruirsi scalette temporali studiate come una lista di matrimonio.
Infatti è da allora che è iniziato quasi di colpo il crollo della nascite.
Mia moglie ed io eravamo soli nella città che ci ospitava.
Lei, medico brava nel laurearsi presto, fece la prima figlia a 27 anni, poi ne avemmo altri due.
Io, fisico, condivisi con lei tutte le incombenze pratiche.
Facemmo discrete carriere, anche se lei rifiutò di fare il primario quando oramai la famiglia ce lo avrebbe permesso.
Io andai un po’ più avanti, ma comunque continuammo a dividere tutto.
I primi anni, quando mia moglie lavorava in Pronto Soccorso, con turni e notti, non furono facilissimi, ma li ricordiamo quasi romanticamente.
I nostri figli sono un po’ lontani, in termini di scelte, da quelle di molti loro coetanei.
Ad esempio la nostra prima figlia, fisica come me e impegnata nella ricerca, ha avuto la sua prima figlia a 28 anni.
Sono convinto che i problemi principali siano culturali.