Cosa resterà dei Cinque Stelle
Si apre l'assemblea costituente che ha come primo obiettivo permettere a Conte di liberarsi dell'influenza di Grillo e plasmare il Movimento a sua immagine. Ma non è chiaro per farci cosa
A leggere i quesiti sui quali si dovranno pronunciare gli iscritti al Movimento durante l’assemblea costituente si capisce che c’è un problema di identità nei Cinque stelle che va ben oltre le alleanze
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Fin dal video di presentazione del grande processo di democrazia deliberativa avviato nei mesi scorsi, Giuseppe Conte ha messo ben in chiaro qual è l’obiettivo politico più rilevante: stabilire chi comanda sul Movimento Cinque stelle, se lui o Beppe Grillo.
O meglio, se al presidente indicato dal garante - cioè Conte - è consentito organizzare la base del Movimento per fare cose diverse e opposte rispetto a quelle che il garante - cioè Grillo - vuole.
Conte ha poi dato la disdetta al contratto annuale da 300.000 euro per la “comunicazione” che il Movimento ha pagato a Grillo negli ultimi anni a fronte di prestazioni non chiare, ma che determinava un ribaltamento di ruoli. Un garante che è anche collaboratore ben pagato del Movimento su cui deve vigilare.
L’assemblea costituente del Movimento Cinque stelle che si tiene a Roma il 23 e il 24 novembre è uno strano tipo di evento, dalla doppia natura.
E’ sia un momento ri-fondativo, nel quale tutto viene rimesso in discussione, dal modello organizzativo al nome al programma alle alleanze, sia il confronto tra due piattaforme politiche, diciamo così, e due leader. Un non-congresso per un non-partito, che in realtà è un congresso di un partito.
Giuseppe Conte contro Beppe Grillo che, sul suo blog ormai sganciato dal Movimento, ha lanciato l’iniziativa “riprendiamoci le nostre battaglie”, un riferimento proprio ai temi storici del Movimento che ora non sono più caratterizzanti. Dalla legalità alla sostenibilità.
Su cosa è lo scontro
Quale sia la piattaforma di Conte non è chiarissimo. Sulla base delle scelte degli ultimi anni, si potrebbe riassumere così: collocazione nel centrosinistra, in una posizione non subalterna al Pd, pronto a riempire tutti gli spazi politici che la collocazione più istituzionale del Pd lascia scoperti (pacifismo, anti-americanismo, attenzione alle fasce più deboli).
Però lo stesso Conte sembra soffrire questo posizionamento che - visti i numeri nelle urne - condanna il Movimento a rimanere sempre in secondo piano rispetto al Pd, e pare rimpiangere la stagione populista da “avvocato del popolo”, in omaggio ai vecchi tempi (2018-2019) ha salutato con entusiasmo la rielezione di Donald Trump.
Di Beppe Grillo i disegni sono ancora meno intellegibili. Sempre ostile a ogni alleanza, poi ha appoggiato le alleanze con tutti i partiti del Parlamento (tranne Fratelli d’Italia), fino all’ingresso nel governo Draghi nel febbraio 2021, nonostante l’ostilità di Conte.
Oggi Grillo cosa vuole? Anche i suoi ex estimatori lo trattano come se la sua tenacia a difendere gli ultimi punti caratterizzanti dei Cinque stelle fosse sintomo di un declino senile alla Joe Biden.
Ma se ai Cinque stelle togli Grillo, il limite ai due mandati che impedisce l’affermarsi di una classe di politici di professione, e introduci tesseramento, sezioni, e una vera dirigenza, cosa resta a distinguerli dagli altri partiti?
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