4 Commenti

Sono combattuto nell’accettare la soluzione prospettata per il terzo tipo di misconoscimento.

Per indole sarei d’accordo: con la rabbia da privilegio perduto non si discute. Però vedo che se non te ne occupi, è lei ad occuparsi di te.

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ago 7·modificato ago 7

Oggi riflettevo fra me e me che fra tutte le istanze di protesta sociale che ci sono in giro, quelle contro i diritti delle comunita' LGBTQ+ sono le uniche che proprio non arrivo a capire.

Posso capire (non condividendo) una destra conservatrice che ha da ridire sulla migrazione, sussidi sociali, famiglia, ambiente e altro a cui si oppone per mantenere questa fantasia di societa' "di una volta" che staremmo perdendo. Posso capire questa cosa del misconoscimento dei propri valori.

Ma proprio non riesco a trovare alcun senso nel negare il diritto a una persona di vivere i rapporti personali come si sente. Voglio dire, ma qual e' il problema. Mica che i queer corrompono i preziosi figli. Mica e' colpa dei queer se la natalita' e' sotto zero. Non riesco a classificare l'opporsi a questo specifico cambiamento sociale in nessuna delle categorie menzionate in questo articolo. Di conseguenza, in questo caso, questa frustrazione mi sembra proprio priva di alcun fondamento.

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Trovo sorprendente la conclusione di questo articolo peraltro molto interessante. In ogni rabbia si esprime un’aspirazione sentita come vitale, qualcosa di prezioso e che ci sta a cuore, e a cui non viene riconosciuto valore o che viene ostacolato. Anche nella rabbia di status, il terzo tipo descritto in questo articolo, questo nucleo centrale è presente. Basta leggere il libro di Vance, che è molto istruttivo sulla condizione dei left behind in America e non solo. Questa non è una rabbia intrinsecamente conservatrice: anch’essa è una reazione a qualcosa che è sentito come un oltraggio alla propria dignità. Per molti motivi questa rabbia va a destra, non solo a causa della perdita di status, che si vorrebbe ripristinare, ma anche per un’assenza da parte dei liberal o della sinistra di una politica che fornisca un futuro a chi è stato messo ai margini dalla globalizzazione. È una condizione che per alcuni aspetti riguarda anche le giovani generazioni, anche qui da noi, che sentono di “non essere attesi” dalla società in cui crescono, come se non fosse per loro previsto un posto dignitoso. Non credo che questa sia una rabbia da non ascoltare, una rabbia che regaliamo alla destra. In una società in cui ad alcuni non viene dato ascolto perché considerati socialmente “incompetenti”, non portatori di valori, si creano vere e proprie lesioni, delle patologie, come osserva Axel Honneth: la rabbia inespressa diventa risentimento che porta a ribellismi distruttivi, come abbiamo già visto con l’assalto a Capitol Hill. Compito di una società democratica è quello di comprendere anche queste ragioni fornendo soluzioni diverse da quelle conservatrici ma capaci di rispondere a chi si sente ai margini della storia.

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Ho apprezzato molto questo articolo che analizza le diverse rabbie e propone per ciascuna soluzioni differenti. Mi sembra che si riconosca la complessità del problema e l'impossibilità di trovare soluzioni univoche. Grazie. Molto interessante

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