Lasciate decidere i cittadini
Davide Casaleggio risponde alle critiche al suo progetto di partecipazione politica nella società delle piattaforme: “I partiti ormai pensano solo a sopravvivere”
Ogni volta che si inventa un nuovo modo di partecipare dal basso, le strutture al potere preferiscono non cambiare
Davide Casaleggio
Buongiorno a tutte e tutti,
nei giorni scorsi è partito un dibattito qui su Appunti su come l’intelligenza artificiale potrebbe offrire opportunità per ripensare la partecipazione democratica e offrire una risposta anche alla crescente disillusione che genera astensione.
Davide Casaleggio ha scritto un pezzo basato sul suo nuovo libro, Gli algoritmi del potere (Chiarelettere).
Nel suo pezzo Casaleggio sosteneva:
La platform society porterà a pensare in un nuovo modo la politica mondiale, con le barriere statali sempre meno vincolanti.
Schiuderà un nuovo modo di partecipazione dell’attivismo sociale, non più incanalato all’interno di un partito che deve tenere assieme le sue contraddizioni, ma su singoli temi che le persone condividono.
Non più incentrato sul tema della rappresentanza di idee in Parlamento, ma sulla loro realizzazione nel mondo fisico.
Gli ha risposto con un altro intervento il filosofo Filippo Riscica, collaboratore frequente di Appunti.
Filippo sostiene che la “società delle piattaforme” non è un'idea poi così allettante perché la qualità della democrazia potrebbe addirittura peggiorare, se la partecipazione seguisse lo schema immaginato da Casaleggio che - lo ricordiamo - nella prima fase della storia del Movimento Cinque stelle è stato uno dei protagonisti attivi della disintermediazione in politica, attraverso la piattaforma Rousseau.
Filippo Riscica conclude così il suo pezzo:
La platform society immaginata o sperata da Casaleggio manca di due aspetti fondamentali per la democrazia: aspetti autenticamente deliberativi e capacità di coordinare le azioni in maniera affidabile e continua nel tempo alla luce delle deliberazioni fatte.
Il punto, dunque, non è mirare a eliminare i parlamenti e i partiti, ma ripensarne struttura, ruolo e funzioni, per realizzare l’ideale di decisione collettiva razionale che da più di due secoli si cerca faticosamente di rendere reale.
Davide Casaleggio ha deciso di rispondere all’intervento di Filippo Riscica con un nuovo contributo che trovate qui sotto.
Può sembrare un dibattito teorico, ma credo che di fronte ai terremoti elettorali che registriamo un po’ ovunque - l’ultimo con il primo turno delle legislative francesi e l’ascesa dell’estrema destra di Marine Le Pen - credo sia importante farsi domande strutturali.
Non necessariamente per rottamare la democrazia rappresentativa e liberale che abbiamo conosciuto fin qui, ma quantomeno per trovare nuovi argomenti a sostegno di idee, pratiche e ideali che - chiaramente - iniziano a non essere più maggioritari.
Buon inizio settimana,
Stefano
Decidere davvero
di Davide Casaleggio
Sono contento che il mio contributo abbia attivato un dibattito attorno ad un tema che ritengo molto importante.
Ovviamente non mi ritrovo nelle considerazioni di Filippo Riscica, o meglio ritrovo nelle sue parole le obiezioni che più spesso si portano contro il coinvolgimento dal basso.
Per non dilungarmi troppo andrò per punti.
Nell’articolo che ho condiviso con la comunità di Appunti ho parlato di nuove forme di attivismo dal basso rese possibili dal digitale e oggi da parte dell’intelligenza artificiale.
Per sua natura l’attivismo è destrutturato e si pone obiettivi (anche organizzativi) di breve o medio termine.
Nel libro (Gli Algoritmi del Potere: come l’Intelligenza Artificiale riscriverà la politica e la società) affronto con tre capitoli il tema dell’organizzazione politica digitale e artificiale e in altri due quello dei diritti che ritengo fondamentali in un mondo di partecipazione facilitata dal digitale e dall’AI.
Molte delle obiezioni portate sono legate al fatto che si parli di temi diversi (attivismo digitale vs. metodi partecipativi istituzionali).
Uno dei problemi che vedo nell’attuale struttura democratica rappresentativa intermediata - non solo dai rappresentanti, ma anche da parte dei partiti - è che spesso questi ultimi siano tesi alla propria sopravvivenza a prescindere da obiettivi più alti di rappresentanza di idee.
Lo si vede in tutti i casi in cui sondaggi o referendum su temi specifici restituiscono una chiara volontà da parte dei cittadini e i voti e le azioni dei partiti sono l’esatto contrario.
Un esempio su tutti: i cittadini si sono espressi contro il finanziamento pubblico ai partiti con il 90 per cento dei voti e questi si sono inventati il trucco semantico del rimborso prima e successivamente del 2 per mille dove vengono presi anche i soldi del 97 per cento di italiani che decidono di non destinarli ad alcun partito.
Se funzionasse invece come il 5 per mille, per ogni milione che prendono oggi i partiti ne riceverebbero solo 30 mila euro.
Ovviamente potrei andare avanti con molti esempi dei vari referendum che abbiamo tenuto, a tutte le attività belliche in cui l’Italia è stata coinvolta negli anni contro la volontà della maggioranza degli italiani.
La partecipazione possibile
L’obiezione che tutti non si possono occupare di tutto per tutto il tempo è corretta in assoluto, ma si scontra con il fatto che non sia la mia idea.
Le organizzazioni olocratiche (che si contrappongono al modello gerarchico) che descrivo nel libro permettono di gestire un potere distribuito raccogliendo il valore delle persone che vogliono contribuire distribuendo il potere di azione nell’organizzazione stessa.
Un bel libro sulle organizzazioni (The starfish and the spider) descrive molto bene questo nuovo modo di pensare alle organizzazioni in modo molto più resiliente e coinvolgente. Queste organizzazioni sono oggi possibili grazie alla gestione dell’organizzazione affidata alla tecnologia (Internet prima e oggi l’Intelligenza Artificiale).
Il concetto di feedback delle istituzioni (e dei cittadini) credo sia un punto importante che può essere sviluppato da subito.
Gli strumenti di partecipazione dal basso già esistenti spesso sono limitati (credo volutamente) per non incidere realmente sul potere al massimo del potenziale.
In paesi come Taiwan raccogliendo 5 mila firme digitali il ministro è obbligato a dare una risposta sul tema proposto, in Italia sulla piattaforma di Stato per la raccolta di firme digitali decisa per legge nel 2020 (https://www.firmereferendum.gov.it/) dopo un anno in cui appariva ‘In Arrivo’ ora c’è un più lineare errore ‘Impossibile trovare il sito’.
Oggi si parla di premierato come esempio di coinvolgimento dei cittadini, ma come sempre si pensa a senso unico senza la possibilità di Recall da parte dei cittadini come per esempio esiste in molti Paesi come la California dove governatori come Arnold Schwarzenegger sono stati eletti proprio in seguito al suo utilizzo.
Alla struttura di rappresentanza esistente dobbiamo inserire meccanismi di controllo dei cittadini come ad esempio in Indonesia dove se un sindaco viene eletto con meno voti dell’opzione ‘Nessuno dei presenti’ ritorna al voto l’anno successivo.
Il pensiero lento è sicuramente da privilegiare a quello di impulso quando si parla di decisioni di Stato. Ma questo è un tema di processo che si decide di adottare.
Dall’altra parte la scusa è spesso che non c’è tempo di dibattere in modo aperto di temi importanti.
Sotto questa obiezione però credo non si stia considerando che il Parlamento riesce ad approvare una o due leggi l’anno di sua proposta. Il resto della legislazione o degli interventi sono atti governativi di qualche genere.
Coinvolgere i cittadini in percorsi di proposta e discussione sui temi importanti per il Paese non è quasi mai una questione di tempo.
A Parigi e New York i cittadini decidono come spendere il 5 per cento del budget cittadino da ormai un decennio.
Mi sembra che continuiamo a ripercorrere la storia. Ogni volta che si inventa un nuovo modo di partecipare dal basso le strutture al potere preferiscono non cambiare.
Nel 400 a.C. fu inventato l'applauso, nei suoi scritti Platone lo stronca temendo quella che lui chiamava la teatrocrazia dove a decidere se uno spettacolo fosse degno erano gli spettatori e non l’intellighentia dell’epoca.
Appunti settimanali
Nel weekend ho fatto un piccolo esperimento di rubrica video per raccontare i fatti importanti della settimana e quello che è uscito qui su Appunti. La trovate qui sotto, se vi convince provo a continuare.
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Ho iniziato a leggere “Gli algoritmi del potere” ripromettendomi di proporre qualche considerazione, ero arrivato a circa un terzo, poi mio figlio me l’ha scippato con la scusa di finirlo prima di andare in vacanza… Mi baso quindi prevalentemente su quanto discusso qui su Substack per proporre qualche considerazione:
Chiunque si sia soffermato a ragionare sulla quantità di passione e ragionamento percepibile dietro i molti post e commenti politici che leggiamo e talvolta scriviamo su social e blog, si potrà essere rammaricato di come tutto questo impegno vada sostanzialmente a perdersi nel mare quotidiano di internet, insieme a insulti e affermazioni acritiche da tifosi, contribuendo solo, nel migliore dei casi, a sviluppare un ragionamento fra le poche persone che leggono con attenzione.
Nell’interessante esperimento del blog cinquestelle/beppegrillo, c’è effettivamente un’operazione di capitalizzazione e sintesi dei contributi, ma tale operazione, essendo svolta da un movimento politico, necessariamente non può dare garanzie di completa neutralità, non fosse altro che per la necessità di rimanere nell’ambito dei propri valori fondanti.
Differentemente, una piattaforma AI, realizzata con un supporto blockchain a garanzia della verificabilità delle fonti e delle fasi di sintesi, potrebbe effettivamente realizzare un ‘agorà’ trasparente di sviluppo e studio delle principali opinioni e tendenze (maggioritarie e minoritarie che siano) eventualmente corredate da ragioni a supporto ed da idee implementative.
Ne risulterebbe un patrimonio ideologico prezioso cui potrebbero e dovrebbero attingere normali cittadini, giornalisti, sociologi e politici. Le idee prevalenti potrebbero sicuramente influenzare l’iniziativa politica, ma di qui ad ipotizzare che su questo dibattito strutturato si debba direttamente determinare l’azione politica, il passo è troppo ampio.
Un efficace governo beneficia sicuramente di una funzione di proposta e controllo svolta dalla cittadinanza, ma se oggi questa funzione non è sufficiente a garantirci equità, giustizia e sviluppo, non credo dipenda prevalentemente dalla potenza degli strumenti utilizzabili per svolgerla. Temo piuttosto che tale inefficacia dipenda molto di più dalla corretta informazione e formazione dei cittadini.
Una democrazia diretta popolata di cittadini disinformati e non abbastanza formati culturalmente, funzionerà male e sarà facile preda di distorsioni pilotate da interessi privati o criminali:
Cittadini disinformati si hanno ad esempio, quando la maggior parte dei canali di informazione sono controllati o inquinati da poteri politici nazionali, da lobbies più o meno potenti, e magari anche da poteri esteri.
Cittadini non adeguatamente formati, si hanno ad esempio, quando l’organizzazione delle scuole ed i programmi mirano prevalentemente ad implementare una sorta di gara di nozionismo invece che a costruire la capacità di analizzare e comprendere i fenomeni non facendosi facilmente ingannare.
Quindi, ben vengano strumenti che facilitano la formazione e capitalizzazioni di opinioni, ma prima ancora di confidare in essi, sarà necessario ripristinare e difendere gli equilibri fondamentali della democrazia prescritti dalla nostra splendida costituzione. Se uno dei quattro poteri (includo necessariamente anche la libertà di informazione e la necessità di una informazione pubblica indipendente dagli altri tre poteri) cerca di limitare le prerogative degli altri tre usando un qualsiasi pretesto, sarà in atto un tentativo di indebolire la nostra democrazia. E qui, temo che per ora l’AI ci possa aiutare poco…
Io sono rimasta più indietro di tutti e forse non colgo le innovazioni di Casaleggio. La democrazia diretta era già stata criticata nel periodo dell’Illuminismo. Nella nostra società è possibile solo una democrazia rappresentativa e non credo che il mondo dei social possa essere usato in modo positivo. La sfida è trovare il modo di indurre il popolo ad alzare le chiappe ed andare a votare. Io comunque faccio poco testo. Temo assai anche la intelligenza artificiale. Mi piacerebbe si investisse sulla intelligenza umana. Grazie comunque. È sempre utile tentare di riflettere su questioni non pensate in precedenza