Cose lette, viste e sentite: Cosa rischia la Francia
Il nuovo parlamento e la coabitazione, perché Olivier Blanchard teme la sinistra più che la destra, la laicità che unisce Macron e Le Pen, i pericoli di una nuova crisi del debito. Oggi il voto
L'Ue ora ha meccanismi per intervenire con l'acquisto di titoli di Stato. Ma Bruxelles o Berlino sarebbero disposte a concordare una tale mossa, se la crisi fosse stata provocata da promesse di spesa prive di copertura finanziaria da parte della Francia?
Gideon Rachman
Buona domenica a tutte e tutti,
oggi c’è il primo turno delle elezioni francesi. Si tratta di un voto decisivo ma difficile da interpretare, sia perché - nonostante la prossimità geografica - in Italia seguiamo poco quello che succede in Francia.
Ma anche perché nessuno ha davvero chiaro quale sia l’obiettivo che aveva in mente il presidente francese Emmanuel Macron quando ha chiamato elezioni legislative anticipate come risposta alla sconfitta del suo partito e al successo delle destre alle ultime elezioni europee dell’8 e 9 giugno.
Se volete entrare nella testa di Macron, vi rimando alla sempre lucidissima analisi del nostro Manlio Graziano, ma oggi qui vorrei condividere qualche spunto utile per orientarsi.
Cosa succede
Partiamo da questo utile riassunto, fatto dal Council on Foreign Relations americano, sul voto e sulla posta in gioco:
Tutti i 577 seggi dell'Assemblea Nazionale francese sono oggetto di competizione a queste elezioni, e quindi sono necessari 289 seggi per una maggioranza.
Nell'assemblea uscente, gli alleati di Macron controllano circa 245 seggi, i partiti di sinistra ne detengono 131, l'estrema destra 89 seggi, e i Repubblicani di centrodestra 61.
Ogni seggio nell'Assemblea Nazionale è fondamentalmente una gara a sé stante, il che rende difficile prevedere l'esito netto del voto, poiché le specificità locali nella democrazia multipartitica francese possono giocare un ruolo importante. Un candidato ha bisogno del 50 per cento dei voti per vincere al primo turno.
Se nessuno supera quella soglia, tutti i candidati che ricevono voti da almeno il 12,5 per cento degli elettori registrati si qualificheranno per il secondo turno, in cui il candidato con più voti vince.
In altre parole, l'affluenza alle urne è cruciale, poiché un'affluenza di circa il 50 per cento di solito significa che solo i primi due candidati arriveranno al ballottaggio del 7 luglio.
È raro che più di tre candidati ottengano più del 25 per cento dei voti effettivi. Le competizioni a tre possono e si sono verificate, sebbene il secondo turno finisca di solito per essere una battaglia diretta tra sinistra e destra.
Cosa dicono i sondaggi?
Qual è l’esito atteso? Lo leggiamo sempre nell’approfondimento del Council on Foreign Relations:
Mentre l'affluenza alle elezioni presidenziali tende ad essere piuttosto alta, tra il 70 per cento e l'80 per cento, la partecipazione degli elettori è spesso molto più bassa per le elezioni legislative (che di solito seguono subito dopo le elezioni presidenziali), aggirandosi intorno al 40-50 per cento negli ultimi quindici anni.
I sondaggisti e gli analisti si aspettano che le elezioni legislative del 30 giugno e del 7 luglio abbiano un'affluenza più alta, data l'importanza della posta in gioco e l'appello drammatico di Macron per una maggiore chiarezza nella politica francese.
Quindi, sebbene sia difficile prevedere in termini esatti, l'affluenza potrebbe essere tra il 60 e il 70 per cento—più alta rispetto alla maggior parte delle altre elezioni legislative, ma probabilmente inferiore rispetto a quelle presidenziali, data la stanchezza degli elettori e il tempismo improvviso delle elezioni. Molti studenti universitari saranno ancora nel pieno degli esami finali durante le votazioni.
I sondaggi d'opinione mostrano il Rassemblement National di estrema destra di Bardella in testa, con circa il 35 per cento dei voti. Il Nuovo Fronte Popolare di sinistra, che deve ancora scegliere un leader e candidato per il primo ministro, segue con circa il 28 per cento.
Il blocco centrista di Macron, Ensemble (“Insieme”), guidato dall'attuale primo ministro Gabriel Attal, è molto indietro con il 20 per cento.
Se questi risultati dovessero mantenersi grossomodo domenica, è improbabile che i candidati sostenuti da Macron riescano a concorrere in molti seggi al secondo turno, che sarà probabilmente una sfida diretta tra la sinistra unita e l'estrema destra. Infatti, l'Ensemble di Macron rischia di passare da 245 seggi a meno di 100 nella prossima Assemblea.
Verso la coabitazione
Si profila dunque una coabitazione, cioè una difficile convivenza tra un presidente di uno schieramento politico (centrista) e un primo ministro di un altro (destra). Ecco come il giurista Alexandre Frambéry-Iacobone spiega su The Conversation questa formula di governo prevista dal sistema francese ma sempre temuta che dà al primo ministro più potere di quello che molti pensano:
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