La dura vita delle femministe in Corea del Sud
NESSUNA - La rubrica di Anna Menale per Appunti su donne e questioni (e violenza) di genere: Pensate che il patriarcato italiano ssia un problema? Quello coreano è ancora peggio
Le donne che parlano di questi temi sono stigmatizzate come femministe che odiano gli uomini. Di conseguenza, è un tabù identificarsi come femminista o discutere di uguaglianza di genere in Corea del Sud
Yeonhwa Gong
Essere una donna e definirsi femminista in Corea del Sud non è semplice: significa non potersi battere per i diritti delle donne senza essere considerata una figura controversa.
Il movimento femminista sudcoreano 4B nasce per contrastare le politiche patriarcali promosse nel Paese, per esempio l’ossessione per la chirurgia estetica e l’idea che le donne debbano sposarsi il più presto possibile.
L’ondata antifemminista è partita da alcuni gruppi online, come quello creato nel 2022 dal 33enne Bae In-kyu, che al New York Times ha detto: «Le femministe sono una piaga sociale». E non è l’unico a pensarla così.
In Corea del Sud i sostenitori di questi sentimenti antifemministi scendono anche nelle piazze delle donne che manifestano contro i femminicidi e le violenze sessuali nel paese. Durante una manifestazione per contrastare la violenza contro le donne, nel 2022, decine di uomini vestiti di nero hanno schernito le manifestanti, urlando frasi come: «Il femminismo è una malattia mentale».
An San, arciera sudcoreana specialista dell'arco ricurvo, tre volte medaglia d’oro alle Olimpiadi di Tokyo, ha subito una campagna d’odio per aver scelto un taglio di capelli corto, ritenuto un segno d’appartenenza al movimento 4B.
Per capirne di più ho intervistato Yeonhwa Gong, ricercatrice e attivista femminista che attualmente studia i movimenti delle donne alla Chungnam National University. Nella nostra conversazione mi ha spiegato che l’ondata antifemminista in Corea del Sud non si è arrestata, anzi, è ancora molto diffusa:
«Le donne che parlano di questi temi sono stigmatizzate come femministe che odiano gli uomini. Di conseguenza, è un tabù identificarsi come femminista o discutere di uguaglianza di genere in Corea del Sud».
Yeonhwa Gong ha proseguito dicendo che le donne sudcoreane «soffrono a causa della cultura tradizionale patriarcale e di problemi come le riprese illegali in momenti provati (note come "molka") e dating violence, ovvero la violenza nelle relazioni o frequentazioni sentimentali».
Il Global Gender Gap Report 2024 del World Economic Forum ha classificato la Corea del Sud al 94esimo posto su 146 paesi in termini di parità di genere. Un leggero miglioramento rispetto al 2023, in cui si era posizionata al 105esimo posto, ma con degli enormi divari che persistono.
Un report del 2023 di Human Rights Watch ha evidenziato forme di violenza di genere molto diffuse in Corea del Sud, in particolare la violenza domestica, le molestie sessuali online e la diffusione illegale di materiale sessualmente esplicito in gruppi online e chat su Telegram con più di 2mila utenti iscritti.
Secondo dei dati raccolti dalla Korea Women's Hot Line, nel 2023 in Corea del Sud sono state uccise almeno 138 donne dai loro partner e altre 311 sono sopravvissute a tentati omicidi da parte dei loro partner.
Nonostante questa situazione, «poche persone, a eccezione delle donne, prestano attenzione a questi fatti», ha aggiunto Yeonhwa Gong.
Molka
La giornalista Jieun Choi ha parlato ampiamente del fenomeno molka nel documentario Open Shutters e in un’intervista ha raccontato di aver scelto di farlo perché lei stessa è stata vittima di filmati illegali: una sera ha scoperto che un uomo la stava filmando di nascosto da una finestra.
Yeonhwa Gong mi ha raccontato che questo fenomeno rientra tra le forme di violenza contro le donne più diffuse in Corea del Sud.
“Molka”, che significa “telecamera nascosta”, è la pratica illegale di filmare o fotografare delle donne di nascosto, in luoghi pubblici o privati.
Le telecamere spia vengono installate in piccoli fori o crepe nei muri, ma anche in luoghi come bagni pubblici femminili e camere di motel, e i loro filmati vengono poi diffusi su siti pornografici o anche su social come Tumblr o Twitter, all’insaputa delle protagoniste.
Il fenomeno è molto diffuso, ma le donne che denunciano di essere state vittime di filmati ottenuti di nascosto difficilmente ottengono giustizia. È quanto emerso nel report di giugno 2021 del gruppo per i diritti umani Human Rights Watch (HRW).
Nel report, che si basa su 38 interviste a sopravvissute a crimini sessuali digitali, emerge che spesso le forze dell’ordine non vogliono registrare le denunce delle donne che raccontano di essere state filmate illegalmente in momenti intimi, adottando un atteggiamento offensivo, minimizzando i danni causati da questo tipo di violenza o incolpandole per averla subita.
Nel 2019 - si legge nel report - i pubblici ministeri hanno archiviato il 43,5 per cento dei casi di crimini digitali sessuali. Nel 2020, invece, il 79% dei condannati per aver scattato foto intime o filmato video intimi di un’altra persona senza consenso ha ricevuto una sospensione condizionale della pena, una multa o una combinazione delle due.
Heather Barr, co-direttrice per i diritti delle donne presso Human Rights Watch e autrice del report, ha spiegato che i crimini sessuali digitali sono molto comuni in Corea del Sud e influenzano la qualità della vita di tutte le donne e le ragazze.
Molte delle intervistate, infatti, le hanno riferito che evitano di usare i bagni pubblici o si sentono in ansia al pensiero che possano esserci delle telecamere nascoste. «Un numero allarmante di sopravvissute a crimini sessuali digitali ha affermato di aver considerato il suicidio», afferma Barr.
Il movimento 4B
Il movimento 4B nasce online intorno al 2017 o 2018 e Yeonhwa Gong mi ha spiegato che rappresenta quattro «no»: niente matrimonio, niente figli, niente appuntamenti e niente rapporti sessuali con uomini.
«Bi», infatti, significa proprio «no» in coreano e il 4B rivendica un «rifiuto di queste quattro tradizionali norme eterosessuali», continua Yeonhwa Gong, raccontando che nel 2021 ha scritto una tesi sul movimento 4B, analizzandolo attraverso le teorie di Monique Wittig, filosofa femminista francese.
Monique Wittig nel 1980 ha pubblicato un saggio, Non si nasce donna, uno dei manifesti del lesbismo, in cui afferma che gli uomini e le donne costituiscono delle «classi» influenzate, nella loro affermazione sociale, dall’istituzione dell’eterosessualità come «norma».
Questa norma per Wittig non dovrebbe più esistere e la libertà, in primis quella di orientamento sessuale, dovrebbe affermarsi a partire dalla lotta delle parti sociali per lei più oppresse, ovvero donne e lesbiche:
«Quello di lesbica è l’unico concetto che io conosca che sta al di là delle categorie di sesso (uomo o donna). Giacché quel che fa una donna è una specifica relazione sociale verso un uomo, […] che implica obblighi personali e fisici oltre che economici […]; una relazione che le lesbiche evitano rifiutando di diventare o di rimanere eterosessuali».
Applicando la teoria di Monique Wittig, nella sua tesi Yeonhwa Gong descrive come il movimento 4B in Corea rifiuti gli atti eterosessuali e sfidi le norme sociali che impongono queste aspettative alle donne.
«Il movimento 4B riflette anche su problemi come il soffitto di cristallo, l'interruzione della carriera delle donne (a causa di dinamiche patriarcali), la comunicazione familiare patriarcale, il modello familiare incentrato sulla figura dell’uomo, la scarsa partecipazione degli uomini nella gestione della casa, e la scarsa consapevolezza sui diritti delle donne», spiega Yeonhwa Gong.
Il movimento si occupa anche della questione della maternità, in un paese in cui il tasso di natalità è molto basso.
Yeonhwa Gong racconta che nel 2016 l'Istituto Coreano per la Salute e gli Affari Sociali è stato «criticato per aver creato e diffuso una "mappa delle donne fertili" che mostrava il numero di donne fertili per regione».
Ne aveva parlato anche il Guardian nel 2016, raccontando la rabbia delle donne coreane. Lee Min-kyung, scrittrice femminista ventiquattrenne, aveva raccontato al quotidiano di sentirsi «come se il governo vedesse i corpi delle donne come strumenti riproduttivi del paese, non come appartenenti alla donna». Il sito su cui era stata pubblicata quella mappa era stato poi chiuso in seguito alle tante proteste delle donne nel Paese.
Di recente, però, racconta Yeonhwa Gong, lo stesso istituto ha suggerito che le ragazze dovrebbero iniziare la scuola un anno prima rispetto ai ragazzi in modo da essere più attraenti quando raggiungono l'età matrimoniale.
«Questa mentalità di considerare le donne strumenti per la riproduzione, unita al messaggio del presidente (Yoon Suk-yeol, conservatore) di abolire il ministero per la Parità di Genere e la Famiglia, alimenta movimenti come il 4B e l’esitazione delle donne ad avere figli», conclude Yeonhwa Gong.
Definirsi femminista è ancora un tabù in Corea del Sud, ma il movimento 4B si batte per far sì che non sia più così. E per una società in cui non esista più violenza sulle donne.
La foto di quest’articolo è stata scattata da Yeonhwa Gong durante una protesta per l'opposizione all'abolizione del ministero per l'uguaglianza di genere e la famiglia il 15 ottobre 2022.
Il nuovo libro
C’è il mio nuovo libro lo trovate qui. E ne ho scritto qui.
Appunti è possibile grazie al sostegno delle abbonate e degli abbonati. E’ con il loro contributo che Appunti può crescere e svilupparsi anche con progetti ambiziosi come La Confessione. Se pensi che quello che facciamo è importante, regala un abbonamento a qualcuno a cui tieni.
Il Podcast: La Confessione
Ascolta La Confessione, il podcast di inchiesta che rivela per la prima volta da dentro come funziona il sistema di copertura e insabbiamento degli abusi sessuali nella Chiesa cattolica italiana.
Un podcast realizzato da Stefano Feltri, Giorgio Meletti e Federica Tourn, realizzato grazie al sostegno della comunità di Appunti. Con la collaborazione di Carmelo Rosa e la consulenza per musiche ed effetti di Stefano Tumiati.
Il tema della chiirurgia estetica in Sud Corea e' anche strettamente correlato alla carriera, specialmente in Seoul dove la concorrenza nel mondo del lavoro e' notoriamente feroce.
Poiche' l'avvenenza fisica e' uno degli "strumenti" che le donne possono sfruttare per farsi strada, la' e' molto piu' normalizzato il fatto di migliorare il proprio aspetto per questo scopo.
Qua uno studio del 2018 che spiega alcune di queste correlazioni:
https://humsci.stanford.edu/feature/stanford-scholar-traces-roots-south-koreas-cosmetic-surgery-surge
Grazie Anna per questa breve panoramica!
Davvero molto interessante! Bravissima Anna Menale, come sempre. 👏👏👏