Il privato è politico
Sia Giorgia che Arianna Meloni si trovano nel ruolo di madri separate single: riuscirà la destra della "famiglia tradizionale" a dare nuove tutele anche a chi è in questa fragile situazione?
L’aumento, nelle due ultime leggi di Bilancio, della quota retribuita dei congedi parentali (un mese all’80 per cento invece che al 30 per cento) è la più progressista delle svolte nei congedi degli ultimi anni
Alessandra Minnello
Non ci eravamo ancora ripresi dalla notizia della separazione di Arianna Meloni da Francesco Lollobrigida, ed ecco che il ministro Gennaro Sangiuliano e Maria Rosaria Boccia arrivano a spazzare via la noia di fine estate con un gossip degno del Berlusconi dei tempi d’oro.
C’è da dire che questo è stato un governo particolarmente vivace da questo punto di vista.
Come dimenticare i video che ritraevano Andrea Gianbruno, ormai ex, mai compianto, di Giorgia Meloni condivisi a reti unificate e seguiti dall'annuncio via social della rottura?
Oltre a chiedersi quanto si sia passati dalla professione politica a quella dell’influencer vip che ogni tanto si ricorda di fare politica è un altro aspetto a colpire.
Lo slogan femminista “il personale è politico” sembra particolarmente pertinente in questo contesto. O meglio, come ha ben scritto Lea Melandri, è il privato ad essere diventato politico.
Non solo in questi casi eclatanti, dato che le sorelle Meloni, soprattutto la premier, spesso trasformano le loro scelte private in dichiarazioni politiche.
Giorgia Meloni lo ha fatto, di recente, difendendo il suo diritto alla privacy durante le vacanze, ma anche includendo ed esibendo pubblicamente la figlia Ginevra nelle sue apparizioni ufficiali.
L'identità di madre, d’altronde, è centrale nella sua figura pubblica: “Sono una donna, sono una madre, sono cristiana” è il suo statuto identitario.
Tuttavia, c'è una parte del suo privato che non è mai rientrata nello statuto, pur avendone ancora una volta fatto motivo di condivisione pubblica: il suo ruolo di madre single, di donna separata.
I motivi sono abbastanza semplici da intuire: esibire questo lato di sé potrebbe alienare il segmento più conservatore dell'elettorato. E allora via, a difendere la famiglia tradizionale, a farsi paladina dei valori “di una volta”. D’altronde, se dirsi coerenti è di destra, essere coerenti pare evidente che non lo è.
Un collega mi ha recentemente raccontato che le giovani di sinistra sono più propense a dichiararsi bisessuali rispetto alle loro controparti di destra.
Quando ho chiesto se ci fossero dati in merito ai comportamenti sessuali, e non solo alla definizione della propria identità, mi ha detto di non averne. Peccato. Sarebbe interessante vedere se i comportamenti sono simili.
Sembra che adottare etichette associate al progressismo di sinistra non sia tipico di chi si colloca a destra, anche se i comportamenti potrebbero essere simili.
I fatti di gossip degli ultimi mesi mostrano che nessuno è esente dalla rottura (burrascosa) delle relazioni, anche chi si dichiara e definisce integerrimo difensore della tradizione.
Le famiglie monoparentali
Così, le due sorelle Meloni, le nostre due madri separate, non solo eviteranno di usare questa caratteristica come parte della loro identità, ma, sicuramente non sfrutteranno nemmeno questa occasione di portare il privato nel pubblico per promuovere politiche a favore dei genitori separati con figli.
È un'occasione politica mancata. L’elettorato composto da famiglie monogenitoriali è in aumento.
Negli ultimi decenni, in Italia si è osservato un calo dei matrimoni e un aumento delle separazioni e dei divorzi, particolarmente evidente dopo l'introduzione del divorzio breve nel 2015. Questi trend riflettono cambiamenti nei modelli di relazione e nella percezione sociale del matrimonio, allineandosi maggiormente con altri Paesi europei.
I matrimoni celebrati con rito civile, in forte crescita negli ultimi anni, appaiono molto più fragili di quelli celebrati con rito religioso, anche se il divario nel rischio di separazione tra le due tipologie di rito si sta riducendo di coorte in coorte.
Ampio anche il differenziale territoriale, con i tassi di separazione più elevati al Nord, seguito dal Centro, e molto più bassi al Sud, dove i matrimoni tendono a essere più duraturi.
È aumentato anche il numero di famiglie monoparentali, che hanno superato il milione intorno al periodo dell'introduzione del divorzio breve. Queste famiglie, per oltre l'80 per cento sono composte da madri single, che spesso affrontano sfide significative a livello sia economico sia, ancora, sociale.
E allora perché non guardare a questo gruppo demografico? Perché non fare il grande salto? Che la demografia sia un destino (“demography is destiny”) lo aveva capito già Barack Obama nel 2008 prima di diventare presidente degli Stati Uniti.
Al di là dell’aspetto personale, pare più ardito attendersi che ad accogliere le istanze delle famiglie monoparantali sia il governo più di destra degli ultimi decenni.
Però, rispetto al conservatorismo originale, il governo Meloni ha fatto qualche passo avanti (e non solo per merito del gossip che ha sdoganato corna e relazioni non propriamente riconosciute di fronte a Dio). Recentemente, anche fonti inaspettate hanno elogiato la leadership di Giorgia Meloni.
La narrazione che ha messo al centro le madri lavoratrici, una categoria finora poco valorizzata dai governi precedenti, sia di destra che di sinistra, è stata innovativa per la destra.
Seppur creando una gerarchia tra le donne, con le madri valorizzate più delle non madri, il riconoscimento delle madri lavoratrici rappresenta un progresso rispetto a quando le donne erano principalmente viste come showgirl o veline o, al massimo, angeli del focolare.
L’aumento, nelle due ultime leggi di Bilancio, della quota retribuita dei congedi parentali (un mese all’80 per cento invece che al 30 per cento) è la più progressista delle svolte nei congedi degli ultimi anni.
Questi piccoli passi ovviamente non sono sufficienti a fare il grande balzo verso la parità a cui dovremmo tendere nel 2024. Il modello, insomma, è sempre l’Ungheria di Orban, e di certo non la Spagna di Sanchez.
Affrontare le esigenze di un gruppo crescente di donne, quelle nelle famiglie monoparentali, che hanno bisogno di un sostegno concreto, però, potrebbe essere alla portata di Meloni e co.
Concretamente le famiglie monoparentali necessitano più di altre del supporto economico e dei servizi. Il carico di cura grava solo su uno dei genitori.
Dopo la separazione
Nel caso di uomini e donne separati, c'è un cambiamento significativo nel tempo trascorso con i figli, poiché i genitori single devono gestirne da soli tutte le necessità.
Le famiglie monoparentali rappresentano un gruppo a rischio maggiore di povertà e di esclusione sociale.
Secondo l'Istat, nel 2022 l'11,5 per cento dei nuclei familiari con un solo genitore e con minori a carico viveva in condizioni di povertà assoluta, rispetto all'8,3 per cento del totale delle famiglie italiane.
Queste famiglie sono più esposte al rischio di indigenza, il che ha impatti diretti sulla qualità della vita dei bambini. Un esempio evidente è il rischio di povertà alimentare, dato che quasi un nucleo familiare monogenitoriale su 10 ha dichiarato di non potersi permettere carne o pesce almeno ogni due giorni nel corso del 2021.
Visto che la cura è sempre al centro della riflessione della premier-madre, sarebbe importante guardare anche a questo gruppo.
D’altronde, meglio ripeterlo, è questo governo che ha alzato il congedo parentale e ad aver introdotto politiche che incentivano le madri a stare di più con i figli.
Perché, allora, non guardare a queste madri, che paiono tra l’altro essere ormai maggioritarie tra governo e dintorni vari?
Una redistribuzione del tempo di cura, quando non impedita da dinamiche di violenza familiare, che tenga conto del tempo trascorso insieme e riduca i costi economici delle separazioni, sarebbe la direzione da percorrere.
Anzi, le direzioni da prendere sono due: assegno unico ancora più alto per le famiglie monogenitoriali e riconoscimento dei congedi parentali, retribuiti generosamente, a persone terze, oltre che ai genitori, ovvero la possibilità di cedere parte dei congedi a una persona di riferimento individuata dal genitore, come i nonni o altre figure della rete di supporto.
Quando una coppia con figli si separa, è sempre più comune che si formino nuovi nuclei familiari. In alcuni paesi è già possibile redistribuire il tempo del congedo a persone significative nell'unità familiare.
Adottare simili soluzioni in Italia sarebbe un passo avanti per sostenere nuove forme di famiglie e quelle con carichi di cura più pesanti o reti familiari più esigue.
I bambini di famiglie monoparentali dedicano meno tempo alla lettura e allo studio, soprattutto nei contesti in cui la cura è esclusivamente a carico di madri lavoratrici poco istruite.
Inoltre, l'impatto negativo di vivere con un solo genitore è più evidente nei figli maschi e risulta maggiore per i bambini senza fratelli, il che sottolinea l'importanza delle altre figure di riferimento. In questo caso è la pedagogia a dirci che, mettendo al centro questi bambini e bambine, si porterebbe maggior benessere.
Ma forse l’aspettativa è troppo alta: chiedere ai conservatori di essere più progressisti dei progressisti è un balzo più alto di quelli di Duplantis.
Chiedere coerenza di fatto a chi è coerente solo in potenza è come chiedere al ministro della Cultura di fare il ministro della Cultura.
È un’occasione mancata, però, perché questo, se il personale e non il privato fosse diventato politico, avrebbe potuto essere un momento di cambiamento.
Caroline Criado Perez, nel suo libro Invisible Women, racconta la storia di Sheryl Sandberg, ex chief operating officer di Facebook. Sandberg, incinta, si accorse della mancanza di parcheggi per puerpere nel quartier generale di Google, l’azienda dove lavorava all’epoca. Grazie alla sua posizione, riuscì a far aggiornare rapidamente le politiche sui parcheggi facendo pressione direttamente su Sergey Brin, il fondatore di Google.
Il motivo per cui la questione non era mai stata sollevata prima era che Brin non ci aveva mai pensato e non c’era stato un membro senior del personale incinta per farlo presente. È stata necessaria una donna di potere incinta per guidare un tale cambiamento.
Chi si trova in posizioni di potere spesso trascura le esigenze dei gruppi meno visibili fino a quando non le sperimenta personalmente.
Questo è il motivo per cui è cruciale che leader come le sorelle Meloni usino la loro influenza per promuovere cambiamenti politici più ampi, specialmente quelli che beneficerebbero le famiglie monoparentali, un gruppo demografico in rapida crescita e particolarmente vulnerabile.
Affrontando questi temi direttamente, potrebbero trasformare una sfida personale in una potente dichiarazione politica, allineando le loro azioni con le esigenze dei molti, piuttosto che dei pochi. Staremo a vedere.
Alessandra Minello è ricercatrice in Demografia al dipartimento di Scienze statistiche dell’Università di Padova. Studia le differenze di genere in Italia e in Europa negli ambiti della scuola, della famiglia e del lavoro. È autrice di Non è un Paese per madri (Laterza, 2022) e ha curato “Le equilibriste” (Save the Children 2023 e 2024). Insieme a Tommaso Nannicini ha scritto per Feltrinelli Genitori alla pari, appena uscito
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Io invece spero che l’esperienza di essere madri single lavoratrici da parte delle sorelle Meloni possa portare a provvedimenti a sostegno delle donne. Le esigenze di una madre lavoratrice è una questione trasversale a qualsiasi partito politico. Ogni tanto nel Parlamento è accaduto che sono stati presi provvedimenti in modo unanime su questi temi da parte di deputati e senatori dei più diversi gruppi politici. L’esempio di Sheryl Sandberg, ex chief operating officer di Facebook, citato da Alessandra Minello è inoltre una prova che alcuni provvedimenti che agevolano le madri lavoratrici possono essere adottati più facilmente se una di queste madri ricopre posizioni di potere in qualche azienda o istituzione. Articolo molto interessante, grazie,
Non perderei tempo a disquisire su Meloni.