Contro la società delle piattaforme
Nel suo pezzo su Appunti Davide Casaleggio immagina un coinvolgimento diretto e costante dei cittadini, dal basso, grazie all'intelligenza artificiale. Ma questa idea ha molti effetti collaterali
In una società in cui la democrazia diretta è realizzata nei modi che Casaleggio sembra immaginare le responsabilità sarebbero diluite su milioni di persone e non sarebbe possibile rintracciare la rete di influenze. Sarebbe, dunque, ancora di più esposta al rischio di influenza e manipolazione
Filippo Riscica
Qualche giorno fa, Davide Casaleggio è intervenuto qui su Appunti tracciando le linee generali del suo ultimo libro.
L’idea di società che Casaleggio tratteggia gira intorno agli spazi di partecipazione diretta che le nuove tecnologie aprirebbero.
Al posto della rigida struttura offerta dal sistema politico contemporaneo, la tecnologia contemporanea consentirebbe alle società di realizzare ideali di democrazia diretta che al momento non sono realizzati.
Non avremmo può assemblee rappresentative a decidere per noi, ma tutti, in maniera distribuita, contribuiremmo alla formazione di battaglie tematiche.
Aiutati dai nuovi strumenti offerti dalle intelligenze artificiali, milioni di persone avrebbero in mano l’opportunità di creare forme raffinate di comunicazione digitale che prima erano riservate solamente a chi disponeva di grandi capitali. Aiutati da questi strumenti, la politica ritornerà ai cittadini e verterà sui temi e non sui parlamenti.
Casaleggio, quindi, torna su alcuni temi per lui ormai tipici sulla democrazia diretta, da un punto di vista direi di tattica politica, alla luce delle nuove possibilità offerte dalle AI.
Qui non voglio negare che le AI possano veramente aiutarci a fare quello che Casaleggio tratteggia.
Voglio spiegare, piuttosto, perché credo che il sogno di Casaleggio sia non desiderabile e non utile per la realizzazione di una piena, giusta e utile democrazia.
Desideri e ragioni
Nella visione della politica che Casaleggio propone, i cittadini saranno coinvolti in maniera immediata e per temi. Le decisioni non passeranno per i parlamenti, ma per piattaforme che permetteranno l’identificazione di temi salienti.
A questo punto, introdurrei una distinzione funzionale all’argomento che voglio fare, e non certamente esaustiva o precisa.
Da un lato abbiamo la democrazia della volontà, in cui la politica è definita dall’attività dei cittadini di creare consenso intorno a temi salienti e di interesse generale.
Dall’altro lato, la democrazia deliberativa, in cui accanto ai desideri “spontanei” dei cittadini si discutono proposte, le si valuta, le si cambia.
Si crea, dunque, un meccanismo di feedback tra istituzioni e cittadini, che può anche essere mediato da istituzioni di vario tipo, tra le quali si trovano le associazioni, i partiti e le assemblee parlamentari.
Il tipo di democrazia che Casaleggio immagina cade perfettamente nella prima categoria. Quello che conta è lo spontaneo e diretto affermarsi della volontà popolare.
Fin qui, tutto bene, perché l’idea che la democrazia sia l’espressione della volontà popolare è il genere di cose che sembra essere accettato da tutti. Se non fosse per il fatto che l’espressione è chiaramente metaforica, dato che i popoli, a differenza delle persone, non hanno volontà, desideri e via dicendo.
Si tratta dunque di specificare ciò a cui ambiamo quando diciamo che dobbiamo rappresentare la volontà del popolo.
Il modo che Casaleggio propone sembra puntare a una politica che si autoregola dal basso e senza alcuna intermediazione istituzionale. Infatti, porta esempi di comunità come quella di Reddit, che in un caso molto particolare sono riuscite a contrastare i grandi fondi di investimento e a coordinare le proprie azioni per portare i prezzi di GameStop molto in alto.
In maniera simile, attraverso l’uso di piattaforme per la democrazia, i cittadini dovrebbero essere in grado di coordinarsi per fare emergere politiche e, sembra concludere, determinare direttamente le leggi senza l’intermediazione dei parlamenti. Con ciò si realizzerebbe l’ideale di perfetta democrazia.
Io sono scettico e contrario rispetto a queste idee per tre motivi.
Perché sono scettico
Il primo è che ho forti dubbi rispetto al fatto che nella pratica sia possibile impegnare milioni di persone al tipo di interazione constante nel tempo e partecipata che sembra essere necessaria per garantire una autentica democrazia diretta in assenza di istituzioni di rappresentanza.
Credo questo nonostante la tecnologia possa sicuramente permettere il tipo di interazione su larga scala che Casaleggio immagina.
Infatti, il tipo di esempi che Casaleggio porta nel suo pezzo sono o molto ristretti e legati a comunità in cui i partecipanti investono considerevole tempo (Reddit) oppure sono guidate dalla urgente salienza di un tema, come nel boicottaggio di Starbucks.
Come possiamo credere che milioni di persone dedichino ogni giorno tempo ed energie a seguire una discussione tematica nel modo in cui alcuni appassionati di Reddit seguono un thread specifico? Oppure dobbiamo sperare che tutti i temi veramente importanti da affrontare diventino salienti e urgenti?
Ma soprattutto, cosa stiamo immaginando? Una società in cui le persone si specializzano su alcuni temi e attendono che divengano salienti? Oppure una in cui le persone si muovono liberamente tra temi, in base alla salienza degli stessi nella discussione collettiva?
Nel primo caso, dobbiamo forse immaginare che alcune persone saranno specializzate nel trovare temi salienti quando questi non emergano spontaneamente? In questo caso, queste persone mi sembrano poco differenti dai politici di professione.
Nel secondo caso, come facciamo ad assicurarci che la discussione collettiva, per forza di cose superficiale, perché condotta da persone non specializzate, non possa essere drammaticamente manipolabile da chiunque abbia in mano i mezzi per influenzare le informazioni disponibili?
Questa domanda mi porta al secondo motivo di scetticismo. Mi si dirà che anche nel sistema politico attuale siamo esposti al rischio di influenze.
Il punto cruciale è che il sistema politico contemporaneo traccia ruoli di responsabilità chiari a ogni livello. Anche se manipolabile, con considerevole sforzo è possibile ricostruire reti di influenza e responsabilità nelle decisioni.
In una società in cui la democrazia diretta è realizzata nei modi che Casaleggio sembra immaginare le responsabilità sarebbero diluite su milioni di persone e non sarebbe possibile rintracciare la rete di influenze. Sarebbe, dunque, ancora di più esposta al rischio di influenza e manipolazione.
Perché sono contrario
Ora voglio cercare di spiegare, in poche parole, perché sono contrario a un’idea del genere. Il punto principale è che la democrazia immaginata da Casaleggio realizza quella che ho chiamato, un po’ imprecisamente, la democrazia della volontà. Ossia, la democrazia dovrebbe essere puro adempimento della volontà, possibilmente irrazionale e immorale, del popolo. Non realizza, però, l’ideale deliberativo.
Nel mio precedente pezzo, parlavo dei rischi di una democrazia in cui la sfera pubblica fosse resa volubile. Una sfera pubblica volubile è una in cui le persone reagiscono d’istinto agli eventi.
La platform society mi sembra una esasperazione della volubile società di cui avevo parlato. Una esasperazione in cui non ci sono istituzioni di mediazione di alcun tipo e in cui i rischi di irrazionalità collettiva possono prendere piede senza limitazioni.
Il motivo per il quale temo questo è che, come ho già detto, le decisioni razionali sono decisioni basate su considerazioni lente, che richiedono tempo e verifiche. Tempo ed energia che noi cittadini usualmente dedichiamo al lavoro o al tempo libero.
Al problema della deliberazione, si aggiunge il problema della coordinazione. In larga parte, gli stati contemporanei sono degli enormi gestori di risorse. Per gestire queste risorse, serve una grande capacità di coordinazione. A sua volta la coordinazione richiede ai partecipanti di essere consapevoli del mutuo interesse a compiere un’azione.
Le istituzioni, e tra queste i partiti, svolgono tra le altre cose proprio questa funzione. Sono (o almeno possono essere) degli strumenti per canalizzare la consapevolezza collettiva e coordinare l’azione su temi di interesse anche quando il dibattito pubblico è disinteressato.
Per esempio, se un partito inizia a rivendicare la necessità di affrontare la crisi climatica in una situazione in cui nessuna voce influente ne parla, quello che succede è che molte persone riceveranno il segnale che c’è un gruppo organizzato che ritiene il tema importante.
Questo da solo non basta a generare consenso, ma lo favorisce quando le condizioni sono opportune. Inoltre, questo ruolo è fondamentale per elaborare strategie di azione complesse e legate a più temi.
Proprio per questa funzione, le istituzioni e i partiti possono, se vogliono, scavalcare i coni d’ombra del dibattito pubblico e canalizzare l’attenzione su temi specifici.
In una politica autenticamente liquida e distribuita, non esisterebbe uno strumento analogo. La struttura distribuita permetterebbe certamente di dare spazio all’emergere di problemi e discussioni sentite. Nel fare ciò, però, lascerebbe spazio a discussioni brevi e locali, e non al lavoro di deliberazione lenta e a lungo termine proprio delle decisioni razionali e che è importante per l’elaborazione di strategie complesse e di lungo periodo.
La capacità di suscitare interesse e salienza potrebbe certamente sorgere spontaneamente, ma più probabilmente sarebbe indirizzata da chi è in grando di influenzare la sfera pubblica o da eventi esterni alla sfera pubblica e urgentissimi, come le guerre e le pandemie.
A questi punti, si aggiunge un’ultima considerazione. Se il principio guida deve essere la volontà popolare intesa come l’aggregato delle preferenze e dei desideri momentanei di una parte della popolazione, non è per niente chiaro perché una decisione presa un mese non debba essere ribaltata il mese successivo semplicemente a seguito di un cambio di volontà.
Cosa vogliamo dalla democrazia?
Le decisioni democratiche non dovrebbero ambire a essere semplici espressioni di desideri momentanei. Piuttosto, dovrebbero essere deliberazioni che ambiscono a scelte razionali.
Quindi, realizzare una compiuta democrazia vuol dire creare istituzioni capaci di organizzare queste deliberazioni e scambi di opinioni per renderli punto di partenza per decisioni. E queste decisioni devono essere motivate da ragioni. Per ottenere tutto ciò serve coordinazione.
La platform society immaginata o sperata da Casaleggio manca, dunque, di due aspetti fondamentali per la democrazia: aspetti autenticamente deliberativi e capacità di coordinare le azioni in maniera affidabile e continua nel tempo alla luce delle deliberazioni fatte.
Il punto, dunque, non è mirare a eliminare i parlamenti e i partiti, ma ripensarne struttura, ruolo e funzioni, per realizzare l’ideale di decisione collettiva razionale che da più di due secoli si cerca faticosamente di rendere reale.
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La visione di Casaleggio mi pare sia come una immensa riunione di condominio continua dove si decide in base a meme e pancia... non è proprio il mondo dove io vorrei vivere!
Scusate la provocazione ma questo sembra un dibattito tra vecchi!!!
La democrazia liberale è morta e sepolta, andando in ordine storico Berlusconi, Orban, Trump, Meloni, Rishi Sunak, Le Pen l'hanno o la stanno trasformando in una democrazia oligarchica, dei privilegi. E ne ho citati solo alcuni, sappiamo tutti quanti altri ce ne sono.
A questa deriva bisogna contrappore un'altra proposta e non mi sembra che i movimenti socialisti in Europa siano stati così bravi ad elaborarla come invece fanno forze nuove, ad esempio Casaleggio.
Anche Davide Casaleggio sa benissimo che la democrazia non potrà esplicarsi in forum tematici, che richiedono professionisti e studiosi, in quanto non esisterà mai una proposta unitaria che soddisfi tutti: immaginare che il sindaco di Roma e quello di Morterone abbiano gli stessi poteri e prendano le stesse decisioni è impossibile agli occhi di tutti.
Credo che abbiamo bisogno di una nuova visione di noi stessi e del mondo che ci circonda, non solo di nuovi strumenti ma questa nuova visione viene costantemente imbrigliata, derisa o negata proprio da quei movimenti organizzati che dovrebbero promuoverla mentre mi sembra di percepirla nelle parole di chi prova a proporre soluzioni nuove.