Appunti - di Stefano Feltri
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Un giorno questa tragedia ti sarà utile - con Giulio Guidorizzi
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Un giorno questa tragedia ti sarà utile - con Giulio Guidorizzi


Io ho fatto il liceo scientifico, nella tragedia greca non mi sono mai davvero imbattuto, purtroppo o per fortuna. E invece questa estate non leggo altro. Edipo Re, Edipo a Colono, Antigone, Aiace.

La colpa è soprattutto di un libro appena uscito in Italia per Marsilio, che si chiama La mente tragica, di Robert D. Kaplan, che mi sono letto a giugno in un weekend di mare. A Procida, nello specifico.Kaplan è un giornalista americano, un ex inviato di guerra ora diventato accademico, che da anni si interroga su che senso dare alle cose terribili che ha visto in Afghanistan, nell’Iraq di Saddam Hussein, nella Siria di Bashar al Assad.

Dopo l’11 settembre del 2001, ha appoggiato l’invasione militare americana dell’Iraq, perché aveva visto troppi orrori commessi da parte del dittatore per difendere il suo regime.Kaplan è rimasto traumatizzato da errori di valutazione che non si possono certo spiegare con la scarsa competenza, e allora sceglie un’altra bussola rispetto a quella più diffusa dell’appartenenza e dell’identità: la tragedia greca.

“Per i greci – scrive in La mente tragica – imparare a temere il caos, e quindi a evitarlo, aveva un enorme valore: il timore ci mette in guardia da moltissime cose, ed è molto ciò che non sappiamo su quanto può accaderci come nazione e come individui”.

Questa analisi rievoca la celebre espressione dell’ex segretario della Difesa americano Donald Rumsfeld, che nel 2002 parlava di “unknown unknowns”: sono le cose che non sappiamo di non sapere quelle che dovrebbero ossessionarci.Le minacce note si possono gestire, ma quelle ignote sono più pericolose.

Per quel genere di coincidenze temporali che ricorrono spesso in tragedie che si svolgono nell’arco di poche ore o giorni, tornato dalla vacanza in cui avevo letto La mente tragica, ho scoperto che Einaudi mi aveva mandato il nuovo libro di Giulio Guidorizzi, Pietà e terrore.

Giulio Guidorizzi ha insegnato letteratura greca e Antropologia del mondo antico nelle università di Milano e Torino. Da anni è diventato, non so come definirlo, il principale divulgatore della cultura classica greca. Guidorizzi, come Robert Kaplan, cerca nella tragedia greca strumenti per leggere la realtà.

Mentre dedico la mia estate alla tragedia greca penso che i due argomenti di conversazione sui social sono i film dedicati a Barbie e al fisico Robert Oppenheimer: due storie, per quanto diverse, di sfida ai vincoli imposti da un destino già definito.

L’affermazione dell’individualità, però, nella tragedia greca e anche spesso nella vita, appaga il desiderio prometeico di ribellione agli dei ma non garantisce la felicità, men che meno la serenità.

Due storie, in fondo, tragiche in senso greco.

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