Per Valditara il patriarcato è finito, per Cacciari è in crisi da sempre, per Ricolfi e Travaglio il problema è il maschilismo. Non sono soltanto questioni semantiche, ma filosofiche
A mio avviso il termine “patriarcato” per indicare l’insieme di leggi non scritte cui tutte e tutti debbano uniformarsi non è adeguato, in quanto prefisso “pater-” è irrilevante. È infatti la componente di genere (“maschio”) a definire i rapporti di forza e la normatività, non quella socio-familiare (“padre”). Anzi, mi sembra che in generale il patriarcato sia un sottoinsieme di un sistema biopolitico in cui centrale è l’essere maschi, che si sia padri o meno. Il problema del termine “maschilismo” è il suo essere uno dei tanti “-ismi”, privo di incisività lessicale. Forse il termine “androarcato” sarebbe più appropriato.
Caro Stefano. Ben vengano tutti gli apporti maschili! Più uomini si occupano di violenza contro le donne e maggiore è la speranza in un'educazione sana
Vorrebbe cortesemente Filippo Riscica chiarire, linguisticamente intendo, che cosa significano questi due capoversi, e l'uso che fa del verbo fallire?: 1) "Poi si può discutere su come affrontare il problema, ma non si può relegare un sistema di norme implicito alla categoria del maschilismo, perché la categoria del maschilismo fallisce di sottolineare la dimensione collettiva del contratto implicito all’origine del fenomeno. Ossia, il fatto che questo si poggi su comportamenti che tutti si aspettano gli uni dagli altri. Non su di atteggiamenti che tutti hanno, ma che nessuno si aspetta che l’altro lo segua necessariamente." 2) "Dunque, chi come me crede che l’impianto teorico dietro le teorie post-marxiste o post-strutturaliste sia profondamente inadeguato per analizzare e intervenire sul mondo, non può nascondersi dietro questa obiezione metodologica e non ascoltare le istanze che vengono dai movimenti, relegandole alla categoria della lotta di parte.". Il pezzo nel complesso, sarà senz'altro denso come sostiene Feltri, ma per me è stato di lettura faticosa e di difficile comprensione. Una maggiore sintesi sarebbe stata benvenuta: che cosa sia il patriarcato e che cosa sia il maschilismo, che cosa sopravvive, che cosa di fatto succede alle donne che non vogliono fare le donne come le norme non(più) scritte imporrebbero loro etc. Ed inoltre, come giustamente si dice, che cosa dovrebbero fare gli uomini, che cosa succede loro, quando non vogliono fare gli uomini come sempre le dette norme non più scritte vorrebbero. Nel dettaglio, le statistiche riportano che le generazioni più giovani sono più inclini a riprendere modelli di controllo e di repressione nei confronti delle donne di quelle precedenti. Da dove hanno ereditato, i giovani, questa maggiore inclinazione? Insomma chi gliel'ha insegnata? Sarebbe meglio piuttosto aprire il dibattito su questi punti.
Sul punto 1). Intendo dire che mi sembra che quando si dice c’è al massimo maschilismo, si dice che ci sono alcune persone che si comportano individualmente in una certa maniera. Dire piuttosto c’è maschilismo, serve proprio a negare la dimensione sociale del fenomeno e relegarlo a comportamenti individuali. Per quanto riguarda “fallire” è un uso probabilmente mutuato dall’inglese, dato che in ambito accademico è comune dire che un concetto/metodo “fails to” nel senso che non assolve l’obiettivo prefissato.
Per il punto 2). Dico semplicemente che chi non è convinto delle teorie che sono usate per motivare alcune teorizzazioni del femminismo contemporaneo, non può nascondersi dietro l’obiezione dell’ideologia o del metodo. Perché i fenomeni denunciati possono perfettamente essere compresi usando altre metodologie. Non mi spingo oltre, non dico come secondo me dovrebbe essere fatto, perché non credo sia il mio compito dire come le donne dovrebbero giustificare le loro battaglie.
Spero che questi punti abbiano chiarito i suoi dubbi.
Per quanto riguarda la sintesi, mi permetta di essere in disaccordo. Per affrontare temi come questo, ci sono alle spalle letteralmente centinaia di articoli e libri accademici e non. Servirebbe un libro per affrontarlo. Ridurre tutto a circa 12 mila battute è già una sintesi non indifferente.
Concordo, analisi interessante. Tuttavia inviterei a non eccedere in analisi sulle parole che questi signori ci sventolano ad arte davanti agli occhi, come un drappo rosso. Ci mettono davanti una provocazione sul tema del patriarcato e noi ci mettiamo (anche giustamente, per carità) a distinguere il grano dalla gramigna. Ma forse la realtà è più banale e non bisognerebbe fermarsi a discutere del dito che indica. Dico che la realtà, purtroppo, è più banale e più triste. Che rapporti volete che ci siano tra uomini e donne in una società in cui, secondo i membri di questo governo, devono imperare le parole Dio, patria, famiglia? Che rapporti ci devono essere in una società in cui una politica militante, battagliera, una leader come l'indiscussa guida di Fratelli di Italia per definirsi si limita a gridare di essere una madre (io sono Giorgia....una che peraltro nella vita privata non segue nemmeno i dettami della famiglia tradizionale e cattolica). Che parità volete che ci sia in una società in cui contano solo i muscoli (Vannacci e i suoi afficionados) o in cui l'uomo forte e di successo è quello che si circonda sempre e esplicitamente di belle signorine al suo servizio (vedi Berlusconi e l'esposizione della sua virilità sessuale come un valore aggiunto politico, in cui far riconoscere i propri elettori)? Insomma, tutto giusto. Però ho l'impressione che costoro vogliano ogni volta presentarci una provocazione scivolosa in cui imbrigliare la nostra discussione, distogliendoci dai dati di fondo, che sono questi: potere, possesso e necessaria coercizione psicologica o addirittura fisica in caso di "fastidiosa" ritrosia femminile non sono tramontati nella testa di molti uomini (vedasi i sondaggi, soprattutto tra i giovani maschi) come elementi fondamentali del rapporto con l'altro sesso. Tutto il resto, come dice il cantautore.....
Vorrei stimolare una ulteriore riflessione: perché tante donne votano quella gente violenta?
Perché già da ragazzine gradiscono gelosie e possesso? Perché le madri continuano a non educare i figli maschi in modo identico alle figlie femmine? Da donna me lo chiedo
Credo perché fondamentalmente questo tipo di temi di evoluzione civile e culturale interessino una minoranza, molto qualificata e attrezzata dal punto di vista culturale, finanziario e dotata di forte potere - ma pur sempre minoranza in tutto il globo. Anche in quell’occidente che noi immaginiamo sempre (e a torto) oggettivamente più evoluto di altri. Lo so che quel che dico può apparire urticante, ma penso sia semplicemente una presa d’atto ineluttabile. Purtroppo, aggiungo.
Con questi temi come bandiera si perdono le elezioni, almeno questo è quello che ci dice la cronaca.
Forse certe battaglie e certe conquiste hanno tempi di maturazione differenti da quelli della politica e deve essere la società nel suo complesso a progredire (ammesso che ci sia consenso in merito) invece che attendersi provvedimenti normativi non all’ordine del giorno.
Grazie sig. Seghetti, pensiero totalmente condivisibile il suo. Mi ritorna in mente che una volta su un giornale online c'era una rubrica meravigliosa, si chiamava "le parole sono importanti".
Un ministro che manda un videomessaggio due giorni prima della giornata dedicata alla violenza sulle donne da cui si scatena un dibattito assolutamente inutile intorno a tre parole la dice lunga sulla "sicurezza" che tanto sbandierano alcune forze politiche: se ci fossero solo uomini in giro la sera perchè le donne stanno a casa, mi sa che il numero di reati aumenterebbe a dismisura, ma forse è proprio quello che vorrebbero.
A mio avviso il termine “patriarcato” per indicare l’insieme di leggi non scritte cui tutte e tutti debbano uniformarsi non è adeguato, in quanto prefisso “pater-” è irrilevante. È infatti la componente di genere (“maschio”) a definire i rapporti di forza e la normatività, non quella socio-familiare (“padre”). Anzi, mi sembra che in generale il patriarcato sia un sottoinsieme di un sistema biopolitico in cui centrale è l’essere maschi, che si sia padri o meno. Il problema del termine “maschilismo” è il suo essere uno dei tanti “-ismi”, privo di incisività lessicale. Forse il termine “androarcato” sarebbe più appropriato.
io comunque non capisco perché non si denunci Valditara per diffusione di notizie false e tendenziose.
Caro Stefano. Ben vengano tutti gli apporti maschili! Più uomini si occupano di violenza contro le donne e maggiore è la speranza in un'educazione sana
Vorrebbe cortesemente Filippo Riscica chiarire, linguisticamente intendo, che cosa significano questi due capoversi, e l'uso che fa del verbo fallire?: 1) "Poi si può discutere su come affrontare il problema, ma non si può relegare un sistema di norme implicito alla categoria del maschilismo, perché la categoria del maschilismo fallisce di sottolineare la dimensione collettiva del contratto implicito all’origine del fenomeno. Ossia, il fatto che questo si poggi su comportamenti che tutti si aspettano gli uni dagli altri. Non su di atteggiamenti che tutti hanno, ma che nessuno si aspetta che l’altro lo segua necessariamente." 2) "Dunque, chi come me crede che l’impianto teorico dietro le teorie post-marxiste o post-strutturaliste sia profondamente inadeguato per analizzare e intervenire sul mondo, non può nascondersi dietro questa obiezione metodologica e non ascoltare le istanze che vengono dai movimenti, relegandole alla categoria della lotta di parte.". Il pezzo nel complesso, sarà senz'altro denso come sostiene Feltri, ma per me è stato di lettura faticosa e di difficile comprensione. Una maggiore sintesi sarebbe stata benvenuta: che cosa sia il patriarcato e che cosa sia il maschilismo, che cosa sopravvive, che cosa di fatto succede alle donne che non vogliono fare le donne come le norme non(più) scritte imporrebbero loro etc. Ed inoltre, come giustamente si dice, che cosa dovrebbero fare gli uomini, che cosa succede loro, quando non vogliono fare gli uomini come sempre le dette norme non più scritte vorrebbero. Nel dettaglio, le statistiche riportano che le generazioni più giovani sono più inclini a riprendere modelli di controllo e di repressione nei confronti delle donne di quelle precedenti. Da dove hanno ereditato, i giovani, questa maggiore inclinazione? Insomma chi gliel'ha insegnata? Sarebbe meglio piuttosto aprire il dibattito su questi punti.
Sul punto 1). Intendo dire che mi sembra che quando si dice c’è al massimo maschilismo, si dice che ci sono alcune persone che si comportano individualmente in una certa maniera. Dire piuttosto c’è maschilismo, serve proprio a negare la dimensione sociale del fenomeno e relegarlo a comportamenti individuali. Per quanto riguarda “fallire” è un uso probabilmente mutuato dall’inglese, dato che in ambito accademico è comune dire che un concetto/metodo “fails to” nel senso che non assolve l’obiettivo prefissato.
Per il punto 2). Dico semplicemente che chi non è convinto delle teorie che sono usate per motivare alcune teorizzazioni del femminismo contemporaneo, non può nascondersi dietro l’obiezione dell’ideologia o del metodo. Perché i fenomeni denunciati possono perfettamente essere compresi usando altre metodologie. Non mi spingo oltre, non dico come secondo me dovrebbe essere fatto, perché non credo sia il mio compito dire come le donne dovrebbero giustificare le loro battaglie.
Spero che questi punti abbiano chiarito i suoi dubbi.
Per quanto riguarda la sintesi, mi permetta di essere in disaccordo. Per affrontare temi come questo, ci sono alle spalle letteralmente centinaia di articoli e libri accademici e non. Servirebbe un libro per affrontarlo. Ridurre tutto a circa 12 mila battute è già una sintesi non indifferente.
Concordo, analisi interessante. Tuttavia inviterei a non eccedere in analisi sulle parole che questi signori ci sventolano ad arte davanti agli occhi, come un drappo rosso. Ci mettono davanti una provocazione sul tema del patriarcato e noi ci mettiamo (anche giustamente, per carità) a distinguere il grano dalla gramigna. Ma forse la realtà è più banale e non bisognerebbe fermarsi a discutere del dito che indica. Dico che la realtà, purtroppo, è più banale e più triste. Che rapporti volete che ci siano tra uomini e donne in una società in cui, secondo i membri di questo governo, devono imperare le parole Dio, patria, famiglia? Che rapporti ci devono essere in una società in cui una politica militante, battagliera, una leader come l'indiscussa guida di Fratelli di Italia per definirsi si limita a gridare di essere una madre (io sono Giorgia....una che peraltro nella vita privata non segue nemmeno i dettami della famiglia tradizionale e cattolica). Che parità volete che ci sia in una società in cui contano solo i muscoli (Vannacci e i suoi afficionados) o in cui l'uomo forte e di successo è quello che si circonda sempre e esplicitamente di belle signorine al suo servizio (vedi Berlusconi e l'esposizione della sua virilità sessuale come un valore aggiunto politico, in cui far riconoscere i propri elettori)? Insomma, tutto giusto. Però ho l'impressione che costoro vogliano ogni volta presentarci una provocazione scivolosa in cui imbrigliare la nostra discussione, distogliendoci dai dati di fondo, che sono questi: potere, possesso e necessaria coercizione psicologica o addirittura fisica in caso di "fastidiosa" ritrosia femminile non sono tramontati nella testa di molti uomini (vedasi i sondaggi, soprattutto tra i giovani maschi) come elementi fondamentali del rapporto con l'altro sesso. Tutto il resto, come dice il cantautore.....
Vorrei stimolare una ulteriore riflessione: perché tante donne votano quella gente violenta?
Perché già da ragazzine gradiscono gelosie e possesso? Perché le madri continuano a non educare i figli maschi in modo identico alle figlie femmine? Da donna me lo chiedo
Credo perché fondamentalmente questo tipo di temi di evoluzione civile e culturale interessino una minoranza, molto qualificata e attrezzata dal punto di vista culturale, finanziario e dotata di forte potere - ma pur sempre minoranza in tutto il globo. Anche in quell’occidente che noi immaginiamo sempre (e a torto) oggettivamente più evoluto di altri. Lo so che quel che dico può apparire urticante, ma penso sia semplicemente una presa d’atto ineluttabile. Purtroppo, aggiungo.
Con questi temi come bandiera si perdono le elezioni, almeno questo è quello che ci dice la cronaca.
Forse certe battaglie e certe conquiste hanno tempi di maturazione differenti da quelli della politica e deve essere la società nel suo complesso a progredire (ammesso che ci sia consenso in merito) invece che attendersi provvedimenti normativi non all’ordine del giorno.
Grazie sig. Seghetti, pensiero totalmente condivisibile il suo. Mi ritorna in mente che una volta su un giornale online c'era una rubrica meravigliosa, si chiamava "le parole sono importanti".
Un ministro che manda un videomessaggio due giorni prima della giornata dedicata alla violenza sulle donne da cui si scatena un dibattito assolutamente inutile intorno a tre parole la dice lunga sulla "sicurezza" che tanto sbandierano alcune forze politiche: se ci fossero solo uomini in giro la sera perchè le donne stanno a casa, mi sa che il numero di reati aumenterebbe a dismisura, ma forse è proprio quello che vorrebbero.