Siamo sicuri di volere l'Ucraina nell'Unione europea?
La Commissione raccomanda l'adesione ai governi nazionali, "in risposta alla chiamata della storia". Ma l'Ue deve cambiare, o la sicurezza di tutti sarà a rischio
Buongiorno a tutte e tutti,
l’ultimo post sulla generazione post-edicola ha suscitato molta attenzione, se avete commenti o curiosità su quel tema, condividetele pure qui nei commenti.
Ho scritto che voglio capire meglio alcune cose sui tassisti, uno di loro mi ha scritto e nonostante la seccatura per i miei commenti critici, si è messo a disposizione per fornire un po’ di informazioni. Se ce ne sono altri che leggono, scrivetemi. Ve ne sarò grato. Possiamo avere opinioni diverse, ma almeno cerchiamo di basarle su fatti condivisi.
Una informazione aggiuntiva a cui tengo molto: da domani, venerdì 10 novembre, partirà una mia rubrica su Internazionale, giornale al quale sono da sempre molto affezionato. Si chiamerà Micro, sia perché è piccola come dimensione, sia perché parlerà di economia, e tutta l’economia è micro, perché alla fine riguarda le nostre vite. Sono grato al direttore, Giovanni De Mauro, per l’opportunità.
Visto che devo andare a Bruxelles, per un evento dell’Institute for European Policymaking della Bocconi, mi sembra il giorno giusto per parlare di Ue e Ucraina.
Ciao,
Stefano
Siamo davvero sicuri di volere l’Ucraina nell’Unione europea? Nel momento di massima difficoltà del presidente ucraino Volodymyr Zelensky - con la controffensiva deludente e il sostegno americano meno scontato di prima - la Commissione europea di Ursula von der Leyen prende una posizione formale e raccomanda al Consiglio, cioè ai governi dei paesi Ue, di avviare le procedure (comunque lunghe) per l’adesione dell’Ucraina.
Le priorità in questo processo sono tutte geopolitiche: Ucraina e Moldova sono citate per prime e sono i due paesi più urgenti, altri che aspettano da molto tempo e sono in condizioni quantomeno più tranquille - come Albania e Bosnia - possono mettersi in fila.
Soltanto sulla Turchia il processo sembra essersi davvero fermato: la scelta del presidente di Recep Tayyip Erdogan di riconoscere le ragioni di Hamas nell’attacco a Israele del 7 ottobre non ha certo semplificato i rapporti.
Ma l’Ucraina è pronta per l’Unione europea? E l’Ue è in grado di accoglierla?
Nelle settimane scorse ne avevo parlato con l’ex europarlamentare Sylvie Goulard e con il senatore a vita Mario Monti, per una intervista sui trent’anni dall’entrata in vigore del trattato di Maastricht. E le loro risposte - pubblicate dal magazine dell’Università Bocconi Via Sarfatti 25 - mi avevano molto colpito perché rendono esplicito un certo scetticismo anche di due europeisti convinti.
Ve le riporto qui:
Sylvie Goulard: Portare aiuto e speranza a chi è sotto le bombe o minacciato è nobile e necessario, vale per l’Ucraina come per la Moldavia. Ma se vogliamo che l’Ue sia una comunità di cittadini e non di governi, allora questo processo va condiviso con le popolazioni e accompagnato da riforme serie. E questo non sta succedendo.
Il Consiglio europeo individua un imperativo geopolitico e tutti si devono adeguare. Però l’Ue non è un club informale, ha delle politiche, alcune richiedono fondi e un quadro di diritti controllato di una Corte comune. Trovo molto strano che pensiamo di allargare ancora l’Ue - non si capisce se anche alla Turchia o no - senza sapere bene come avere una politica estera e di difesa comuni.
Mario Monti: Penso che sia importante tenere vicini all’Ue alcuni paesi come l’Ucraina che oggi non sono membri, per questo non mi dispiaceva l’idea di Comunità politica europea avanzata dal presidente francese Emmanuel Macron. Consentirebbe di offrire supporto senza prendere impegni che possano deformare la nostra Ue.
Gli unici allargamenti che sembravo avere un imperativo geopolitico sono però quelli verso Est: certo è molto importante quello che succede in Georgia, ma a pochi chilometri dal confine dell’Ue, in Libia per esempio, abbiamo presenza turca e russa che pone non meno problemi al progetto europeo di quanto avviene sul fronte orientale. Nei decenni futuri, le questioni dell’immigrazione si decideranno più a Sud che a Est. Quindi anche io ho notevoli perplessità sui possibili nuovi allargamenti, se fossero a pieno titolo.
A leggere i documenti prodotti dalla Commissione a sostegno del suggerimento al Consiglio di avviare le procedure per l’adesione dell’Ucraina in effetti si capiscono due cose: che l’ “imperativo geopolitico” prevale su tutto e che però a Bruxelles sanno che l’avvicinamento tra Kiev e Bruxelles aumenta, invece che diminuire, le tensioni con la Russia. Due atteggiamenti e consapevolezze di segno opposto.
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