Podcast: Come (non) battere l'inflazione, tra Bce e carrello tricolore - con Francesco Saraceno
Alzare i tassi di interesse per rallentare l'economia è l'unico modo per arginare l'aumento dei prezzi? O si può e si deve fare altro?
(illustrazione realizzata con MidJourney)
Buongiorno a tutte e e tutti,
l’esperimento di evoluzione di Appunti sta andando molto bene, poi vi aggiornerò nei prossimi giorni ma intanto la risposta dei lettori e delle lettrici è davvero incoraggiante. Quindi grazie.
Vi rimetto qui sotto il pezzo che ho fatto ieri per aiutare a orientarsi nel nuovo caos in Medio Oriente, dopo l’attacco di Hamas.
Sotto trovate un mio lungo pezzo sull’inflazione (gli abbonati possono leggerlo integralmente, gli altri ne vedono una congrua parte), tema che continua a tormentare le nostre tasche e ad alimentare dibattiti tra economisti.
Lo spunto è il libro di Francesco Saraceno Oltre le banche centrali (Luiss University Press). Proprio con Francesco, economista a Sciences Po, ho parlato di questi temi nella nuova puntata del podcast di Appunti.
Buona settimana a tutte e tutti,
Stefano
Carrello tricolore e banche centrali
Nella riunione di settembre la Banca centrale europea ha portato i tassi di interesse al 4,5 per cento, non sono mai stati così alti nella zona euro.
Alzare il costo del denaro e ridurre la quantità di moneta in circolazione è l’approccio base delle banche centrali, a volte è efficace, ma ha molti effetti collaterali: il principale è che mette un freno ai prezzi perché rallenta la crescita economica - mutui e prestiti diventano più costosi - a volte fino alla recessione.
Ci sono alternative? E cosa può fare la politica per non lasciare la gestione di una fase così complicata soltanto ai banchieri centrali? Il governo Meloni sta provando a offrire risposte, con risultati fin qui deludenti: esporre il prezzo medio dei carburanti non ha reso benzina e diesel più economici, il tavolo con i produttori di pasta voluto dal ministro del Made in Italy Adolfo Urso ha prodotto ben poco.
Adesso c’è il “carrello tricolore”, ma dietro gli annunci ed i commenti entusiastici degli opinionisti di area c’è ben poco. I titoli sui siti dicono che supermercati e imprese si impegnano a offrire per tre mesi un paniere di beni a prezzo ridotto, riconoscibili da apposito logo tricolore.
Ma basta leggere le linee guida per capire che non può funzionare perché è una misura vuota. Questi gli unici impegni per chi aderisce:
“Le imprese aderenti si impegnano a sviluppare, nel rispetto della normativa commerciale europea e nazionale vigente, e su base volontaria, iniziative di politica commerciale tese a contribuire a contenere l’inflazione, su una selezione di prodotti. Tali iniziative verranno proposte alle imprese della distribuzione”.
Non si tratta di prezzi amministrati - che comunque non funzionano, perché finiscono sempre per generare mercati paralleli o offerta insufficiente - ma di una specie di stretta di mano tra imprese e governo.
A parte un po’ di pubblicità per i soggetti aderenti - da Coop a Confcommercio alle farmacie - non è ben chiaro quali siano le conseguenze attese di un accordo che dice alle imprese di fare, se vogliono, sconti sui beni che preferiscono o in alternativa di tenere fermi alcuni prezzi, senza neppure ridurli.
La questione che c’è dietro questa ennesima iniziativa un po’ abborracciata da parte del governo italiano, però, è di tutta rilevanza: stiamo combattendo l’inflazione nel modo giusto?
Oltre le banche centrali
Francesco Saraceno, economista di Sciences Po che insegna anche alla Luiss, ha appena pubblicato un libro che offre molti spunti di riflessione utili su questo anche per chi, come me, non condivide tute le sue analisi e proposte. Il libro si chiama Oltre le banche centrali - Inflazione, disuguaglianza e politica economica (Luiss University Press).
In sintesi, Saraceno sostiene che le banche centrali seguono un approccio monetarista ormai da tempo obsoleto, quello diventato egemone negli anni Settanta grazie all’economista di Chicago Milton Friedman, in base al quale l’inflazione è un fenomeno esclusivamente monetario.
C’è troppo denaro in circolazione e quindi i prezzi aumentano perché la produzione non riesce ad adeguarsi alla domanda, dunque i beni disponibili vengono contesi da consumatori con più soldi in tasca, che quindi sono disposti a pagare somme più elevate per accaparrarseli.
La conseguenza di questo approccio teorico - scrive Saraceno - è che “finisce per apparire al pubblico come inevitabile l’uso di politiche monetarie restrittive per affrontare l’aumento dei prezzi”.
Invece, come suggerisce il titolo del libro di Saraceno, la responsabilità di contenere l’inflazione dovrebbe essere di molti altri soggetti: le banche, che nei sistemi finanziari moderni sono responsabili insieme alle banche centrali della quantità di moneta in circolazione, dei governi, che decidono la politica economica ecc.
Saraceno argomenta in modo brillante e accessibile che dietro questo approccio all’apparenza molto tecnico c’è una rigida cornice ideologica che si regge su questi pilastri:
il mercato funziona e, in assenza di distorsioni, porta l’economia a un equilibrio naturale tra domanda e offerta;
se la politica di bilancio interviene per sostenere la domanda (per esempio con spesa per investimenti in deficit) finisce per produrre una riduzione equivalente della spesa privata;
l’espansione monetaria finisce per riflettersi soltanto in prezzi più elevati.
C’erano davvero alternative?
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