Appunti su Appunti
Dopo questi primi mesi di prova e molti riscontri positivi, è il momento di provare a fare sul serio. Più contenuti e coinvolgimento dei lettori e degli "abbonati"
Buongiorno a tutte e tutti,
qualche mese fa mi sono trovato, per la prima volta da 15 anni, senza più un giornale che mi facesse da casa professionale e da piattaforma per essere parte del dibattito pubblico.
Ho investito un po’ di tempo ed energie su questo progetto di Appunti, la newsletter, che è anche un sito, un podcast, una comunità, come esperimento.
All’inizio gli ho dedicato giusto qualche ora che mi rimaneva libera mentre riorganizzavo la mia vita professionale (è incredibile quanti passaggi richieda la transizione da direttore a freelance...).
Poi Appunti ha iniziato a crescere e a reclamare un po’ più di attenzioni, anche se in parallelo aumentavano anche i miei impegni professionali: l’Università Bocconi, Vanity Fair, Style Magazine del Corriere della Sera, la trasmissione Le parole dell’economia su Radio3, la tv...
La piattaforma Spreaker ha incluso il podcast di Appunti nella sua selezione Prime, cosa che ha portato più visibilità e ascoltatori (il podcast rimane comunque gratuito).
Al festival della letteratura di Mantova, a settembre, una signora mi ha fermato dopo un dibattito per dirmi che leggeva sempre Appunti, molti altri mi hanno chiesto “dove ti possiamo leggere ora?”.
Non un campione statistico, certo, ma mi hanno dato la giusta motivazione per decidere che fare di questo progetto. E per tentare un passo in avanti.
Chi paga l’informazione
Riassumo qui la mia analisi del settore in questi anni e che spiega perché penso sia il momento di investire un po’ su Substack:
C’è molto bisogno di informazione indipendente. La scarsa indipendenza è conseguenza del modello di business: i fondi pubblici ti rendono dipendente dal governo, poiché i giornali oggi non rendono molto e quasi sempre sono in perdita, di solito chi ci investe si accolla le erdite perché ha qualche obiettivo non imprenditoriale (visibilità, lobbying, accesso alla politica…).
Anche le nuove forme di informazione social hanno dipendenze vincolanti, pur se meno percepibili: sono dipendenti dai marchi con cui collaborano, dalle community che vogliono sempre essere rassicurate e mai turbate…
C’è poca informazione ma ce n’è anche troppa. Siamo sommersi di contenuti, alcuni di buona qualità, altri meno, per questo c’è una crescente domanda di mediatori di secondo livello dell’informazione: soggetti credibili che aiutino il lettore a orientarsi nell’alluvione di notizie, analisi e commenti.
E dunque proliferano rassegne stampa, podcast di commento, spiegoni su TikTok o Instagram, quasi tutto a basso valore aggiunto perché curato da soggetti che hanno poca o nulla esperienza delle vicende che seguono, mentre i giornalisti più esperti non hanno interesse, incentivi o padronanza dei linguaggi richiesti per raggiungere oggi pubblici più contemporanei.
Il rapporto di fiducia tra lettore e produttore di informazione è ormai personale. Il lettore si fida del singolo giornalista, non della testata. O meglio, può fidarsi di una testata perché lì lavora un giornalista di cui si fida.
Lo scambio economico nel mondo dei media quando è volontario (abbonamenti, sottoscrizioni) è una forma di sostegno, una manifestazione concreta di adesione, molto più che l’acquisto di un bene o un servizio, visto che l’offerta è praticamente illimitata.
Lo scambio economico involontario, cioè la pubblicità, permette di finanziare soltanto contenuti di bassa qualità perché i click rendono poco, a differenza di quanto pensano molti, ma richiedono elevati volumi. Oppure finanzia veri imbrogli, come contenuti all’apparenza giornalistici ma di fatto concordati e prodotti nell’ambito di partnership commerciali non dichiarate.
Negli Stati Uniti molti giornalisti importanti hanno lasciato le loro testate con milioni di lettori per spostarsi su Substack dove hanno numeri in teoria molto più bassi: qualche decina o centinaia di migliaia di iscritti, ma molto più motivati dei passivi fruitori di media tradizionali. Andrew Sullivan, Noah Smith, Matt Stoller, Matt Taibbi…
All’inizio è un po’ straniante, ma poi emergono le potenzialità. E diventa perfino entusiasmante.
Abbiamo già fatto l’errore di scommettere sull’informazione gratuita: è stato un disastro, con gattini e gossip che hanno eroso lo spazio per le notizie e le analisi
Meglio di un giornale?
Quando scrivi su un giornale (di carta o web) non sai mai quanti ti leggono davvero e, soprattutto, quanti ti leggono perché cercavano proprio te, e non semplicemente perché sono capitati lì girovagando sul sito della testata o in un motore di ricerca o social network.
In Italia il mercato è più piccolo di quello americano, le newsletter faticano ad aver numeri importanti, ma quelle che riescono a crearsi una comunità poi costruiscono col proprio pubblico un legame profondo e solido.
Già ora Appunti mi consente di raggiungere un numero di lettori comparabile o superiore a quello di un giornale di opinione, ma con un calore e un riscontro da parte dei lettori molto superiore a quello che di solito si sperimenta in testate tradizionali.
E, soprattutto, con una piena indipendenza nella scelta degli argomenti, delle lunghezze, delle polemiche.
In questo momento Appunti ha circa 6.000 iscritti alla newsletter, ma alcuni articoli vengono letti da 15.000 persone, o molte di più considerando che alcuni siti mi chiedono di ripubblicare i contenuti sulle loro piattaforme.
Tante lettrici e lettori, in questi mesi, mi hanno chiesto come poter sostenere il mio lavoro, specie ora che sono senza una testata di riferimento.
Ho pensato allora di provare a aprire Appunti al sostegno economico dei suoi lettori e lettrici. Per due ragioni.
La prima è che abbiamo già fatto - come giornalisti e come lettori - l’errore di scommettere sull’informazione gratuita, a inizio degli anni Duemila: è stato un disastro, con gattini e gossip che hanno eroso lo spazio per le notizie e le analisi.
La seconda è che la mia formazione economica mi impone di avere fiducia nel mercato: se ci sono molte persone disposte a sostenere Appunti, allora anche per me sarà più sensato e interessante investirci energie, magari qualcuno sceglierà di abbonarsi ad Appunti invece che ad altri giornali dei quali è sempre più distante, forse è l’inizio di un percorso.
O magari invece no, Appunti piace gratis così, senza impegno, e allora è giusto che rimanga una parte residuale del mio nuovo percorso professionale.
Per gli abbonati
Cosa avranno in più gli abbonati rispetto agli iscritti? Come dicevo, non credo molto alla logica dello scambio nell’informazione, ma neanche penso che sia giusto chiedere soldi in cambio di niente.
Per il momento, ci saranno alcuni articoli particolarmente approfonditi che gli iscritti potranno vedere in versione ridotta e gli abbonati in modo completo.
Inoltre, una volta al mese faremo una chiacchierata digitale con gli abbonati, all’inizio solo con me e poi magari con altri ospiti esterni.
Senza la copertura legale garantita da un giornale, non posso scrivere molte cose esposte al rischio di querela (anche se praticamente tutte le denunce che ho ricevuto riguardavano articoli scritti da altri dei quali ero co-responsabile in quanto direttore).
Nei pezzi lunghi per abbonati, però, vorrei dedicarmi a questioni più delicate che riguardano il potere italiano, dalla politica all’economia. Mentre negli articoli per gli iscritti gratuiti tratterò questioni più generali.
Vorrei poi introdurre per gli abbonati una selezione ragionata di contenuti, per approfondire senza perdersi nell’universo digitale: podcast, libri, fumetti. Le cose più interessanti nelle quali mi imbatto e che ho letto/visto/ascoltato per voi.
Ho in mente anche altre iniziative, ma un passo alla volta.
Appunti in questi mesi ha potuto contare anche su alcuni collaboratori di valore. Non ho una redazione alle spalle e quindi fatico un po’ a gestire contributi altrui, ma vorrei continuare a provarci. Poiché questi contributi arrivano a titolo gratuito, continueranno a essere gratis.
La quota di abbonamento mensile sarà molto bassa, chi vuole sostenere in modo più consistente il mio lavoro può scegliere il contributo annuale oppure quello da “fondatore”, più consistente, per dare impulso al progetto. In tutti i casi avrete la mia più profonda gratitudine soprattutto per la fiducia dimostrata che vale più di qualunque somma.
Fatemi sapere che ne pensate e, in ogni caso, grazie per avermi seguito fin qui,
Stefano
Continua a leggere con una prova gratuita di 7 giorni
Iscriviti a Appunti - di Stefano Feltri per continuare a leggere questo post e ottenere 7 giorni di accesso gratuito agli archivi completi dei post.