I produttori europei avevano la tecnologia, ma hanno lasciato che i concorrenti americani e cinesi li sorpassassero nel passaggio dalla benzina all'elettrico. E ora ne pagano le conseguenze
“Se quindi il phase-out al 2035 è una misura del tutto giustificata sia per motivi ambientali sia industriali” é l’unica parte che mi pare non conseguente ad alcun ragionamento.
Questo articolo dovrebbe essere discusso ogni sera in tutti i talkshow a più ampia diffusione. Accompagnato dalla domanda su come gli eredi di Marco Polo, del Capitano Cook, di Karl Benz e tanti altri innovatori, oggi siano in svantaggio competitivo in un settore finora dominato. Sarebbe necessario spiegare come i populismi antieuropei ci stanno indicando quale soluzione l'arroccamento nel glorioso passato del motore a combustibile fossile. Un danno di mancanza di visione che questo atteggiamento "da testa all'indietro" e da "faccio da me" renderanno ingente e irreversibile. Si dovrebbe spiegare ai cittadini europei che, piuttosto, si rende necessario, esiziale, incrementare il grado di integrazione; pensare un nuovo piano di indebitamento continentale per un "New mobility EU" con cui rendere disponibili finanziamenti per accelerare il recupero del gap di cui soffriamo e ammortizzarne i costi sociali per mantenere il potere d'acquisto dei lavoratori europei. Ma aihme l'aria che tira è esattamente contraria. Mi chiedo come tante persone possano credere alla favola per cui l'Italia, sola, può avere la forza di competere con un Leviatano come la Cina, che questa volta, oltre che muscoli ci ha messo il cervello. Il nostro cervello, purtroppo, è concentrato sul come spedire 16 disperati in Albania per non farli vedere al popolo impaurito dall'"invasione". C'è aria di decadenza da fine impero romano con imbonitori (altro che statisti) che ci dicono di guardare indietro al nostro glorioso passato, tanto quando il futuro ci travolgerà, loro non saranno più in carica.
Il prof. Zirpoli ci racconta esattamente quello che è lo stato dell’arte e di come regole o non regole l’elettrificazione della mobilità sia una via segnata già da tempo. Il tema è solo uno: accettare di giocare la partita oppure andare in curva a dire quanto cattivi sono gli altri.
Ottimo articolo che cercavo da tempo. Mi ricordo le prime uscite di Zirpoli in TV sull’elettrico prima del covid. Se fosse disponibile il video del suo intervento sarebbe utile da diffondere
Grazie, finalmente un articolo che fa chiarezza e spiega dettagliatamente perchè l'auto elettrica ormai è "inevitabile".
In controluce spiega molto bene anche perchè tante case europee si stanno comportando in un certo modo, poco propenso a favorire l'acquisto da parte dei loro stessi lavoratori e molto propense a chiedere aiuto agli Stati.
Spero che finalmente queste analisi portino ad un inversione di rotta, il cambiamento del parco auto è ormai una necessità non solo in Italia.
Ottimo l'articolo di Francesco Zirpoli sulla crisi europea dell'auto, che va a braccetto con l'articolo che Riccardo Rovelli ed io siamo riusciti - dopo lunga insistenza - a farci pubblicare sul Sole 24 Ore l'8 Ottobre scorso (titolo non nostro "Una strategia europea coordinata per favorire il passaggio all'auto elettrica", a pag. 17), e che in un formato molto più esteso verrà pubblicato sul prossimo numero di Novembre della rivista ECO diretta da Tito Boeri. È triste sentire attribuite al Green Deal europeo le colpe della crisi che ha radici molto precedenti e dovrebbe invece essere imputata a manager osannati che hanno certamente fatto crescere a breve il valore delle loro aziende, ma hanno completamente mancato di visione di medio termine. L'auto elettrica è un prodotto nuovo e diverso, io lo definisco un iPhone con le ruote, e concordo con Zirpoli, più software e IT che meccanica. Siamo ancora in tempo a recuperare lo svantaggio se guardiamo avanti e non indietro.
Il sole rappresenta una posizione reazionaria sul tema, figlia di una visione provinciale del suo editore che pensa di opporsi a dinamiche globali dettando legge in val padana.
Ci credo che portare una posizione in contrasto con il pensiero unico vigente sia stata impresa ardua.
Purtroppo il pesante ritardo accumulato dipende anche dalla massiccia disinformazione veicolata dai media mainstream, che (ahimè) in parte non hanno capito le implicazioni della transizione in corso e in parte sono lautamente sponsorizzati dagli stessi attori dell'automotive. Non stupisce invece la poca lungimiranza delle case automobilistiche europee che storicamente vivono di rendita e sono refrattarie al cambiamento. La frase dell'articolo "i car-maker tendono a sfruttare al massimo gli investimenti fatti e privilegiare le vendite di auto sulle quali hanno maggiore marginalità (..) per poi adeguarsi alle esigenze dettate dalla regolamentazione quando diviene indispensabile." è la vera ragione del tracollo sotto i nostri occhi; c'è da chiedersi se scaricare i costi della transizione sui consumatori e pretendere sussidi e dazi a protezione del settore funzionerà anche questa volta o meno.
Molto interessante, accurato e finalmente lontano dai luoghi comuni.
“Se quindi il phase-out al 2035 è una misura del tutto giustificata sia per motivi ambientali sia industriali” é l’unica parte che mi pare non conseguente ad alcun ragionamento.
Questo articolo dovrebbe essere discusso ogni sera in tutti i talkshow a più ampia diffusione. Accompagnato dalla domanda su come gli eredi di Marco Polo, del Capitano Cook, di Karl Benz e tanti altri innovatori, oggi siano in svantaggio competitivo in un settore finora dominato. Sarebbe necessario spiegare come i populismi antieuropei ci stanno indicando quale soluzione l'arroccamento nel glorioso passato del motore a combustibile fossile. Un danno di mancanza di visione che questo atteggiamento "da testa all'indietro" e da "faccio da me" renderanno ingente e irreversibile. Si dovrebbe spiegare ai cittadini europei che, piuttosto, si rende necessario, esiziale, incrementare il grado di integrazione; pensare un nuovo piano di indebitamento continentale per un "New mobility EU" con cui rendere disponibili finanziamenti per accelerare il recupero del gap di cui soffriamo e ammortizzarne i costi sociali per mantenere il potere d'acquisto dei lavoratori europei. Ma aihme l'aria che tira è esattamente contraria. Mi chiedo come tante persone possano credere alla favola per cui l'Italia, sola, può avere la forza di competere con un Leviatano come la Cina, che questa volta, oltre che muscoli ci ha messo il cervello. Il nostro cervello, purtroppo, è concentrato sul come spedire 16 disperati in Albania per non farli vedere al popolo impaurito dall'"invasione". C'è aria di decadenza da fine impero romano con imbonitori (altro che statisti) che ci dicono di guardare indietro al nostro glorioso passato, tanto quando il futuro ci travolgerà, loro non saranno più in carica.
Complimenti, la analisi esposta nell'articolo è veramente ben fatta
Il prof. Zirpoli ci racconta esattamente quello che è lo stato dell’arte e di come regole o non regole l’elettrificazione della mobilità sia una via segnata già da tempo. Il tema è solo uno: accettare di giocare la partita oppure andare in curva a dire quanto cattivi sono gli altri.
Ottimo articolo che cercavo da tempo. Mi ricordo le prime uscite di Zirpoli in TV sull’elettrico prima del covid. Se fosse disponibile il video del suo intervento sarebbe utile da diffondere
Grazie, finalmente un articolo che fa chiarezza e spiega dettagliatamente perchè l'auto elettrica ormai è "inevitabile".
In controluce spiega molto bene anche perchè tante case europee si stanno comportando in un certo modo, poco propenso a favorire l'acquisto da parte dei loro stessi lavoratori e molto propense a chiedere aiuto agli Stati.
Spero che finalmente queste analisi portino ad un inversione di rotta, il cambiamento del parco auto è ormai una necessità non solo in Italia.
Ottimo l'articolo di Francesco Zirpoli sulla crisi europea dell'auto, che va a braccetto con l'articolo che Riccardo Rovelli ed io siamo riusciti - dopo lunga insistenza - a farci pubblicare sul Sole 24 Ore l'8 Ottobre scorso (titolo non nostro "Una strategia europea coordinata per favorire il passaggio all'auto elettrica", a pag. 17), e che in un formato molto più esteso verrà pubblicato sul prossimo numero di Novembre della rivista ECO diretta da Tito Boeri. È triste sentire attribuite al Green Deal europeo le colpe della crisi che ha radici molto precedenti e dovrebbe invece essere imputata a manager osannati che hanno certamente fatto crescere a breve il valore delle loro aziende, ma hanno completamente mancato di visione di medio termine. L'auto elettrica è un prodotto nuovo e diverso, io lo definisco un iPhone con le ruote, e concordo con Zirpoli, più software e IT che meccanica. Siamo ancora in tempo a recuperare lo svantaggio se guardiamo avanti e non indietro.
Il sole rappresenta una posizione reazionaria sul tema, figlia di una visione provinciale del suo editore che pensa di opporsi a dinamiche globali dettando legge in val padana.
Ci credo che portare una posizione in contrasto con il pensiero unico vigente sia stata impresa ardua.
Purtroppo il pesante ritardo accumulato dipende anche dalla massiccia disinformazione veicolata dai media mainstream, che (ahimè) in parte non hanno capito le implicazioni della transizione in corso e in parte sono lautamente sponsorizzati dagli stessi attori dell'automotive. Non stupisce invece la poca lungimiranza delle case automobilistiche europee che storicamente vivono di rendita e sono refrattarie al cambiamento. La frase dell'articolo "i car-maker tendono a sfruttare al massimo gli investimenti fatti e privilegiare le vendite di auto sulle quali hanno maggiore marginalità (..) per poi adeguarsi alle esigenze dettate dalla regolamentazione quando diviene indispensabile." è la vera ragione del tracollo sotto i nostri occhi; c'è da chiedersi se scaricare i costi della transizione sui consumatori e pretendere sussidi e dazi a protezione del settore funzionerà anche questa volta o meno.