7 Commenti

Leggo troppa diffidenza e son convinta che ciascuno di noi lavori/interagisca tramite internet... Mi chiedo perché, dato che in tantissimi Paesi si vota (!) tramite internet

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Uso Internet dal 1995; e lo Spid da anni. Oggi ho provato a entrare nella mia piattaforma dello SPID e ho scoperto che vi e' qualcosa che non funziona (disturbo segnalato anche da altri utenti della stessa piattaforma): il numero random dato dalla mia app Non corrisponde a quello della piattaforma del Referendum. Ho l'impressione che il provider in questi gg non funziona. Chiederò Lunedì (30 settembre !) . Continuo a pensare che non e' saggio usare un solo emisfero ( quello telematico), quando abbiamo due emisferi (il mondo degli sportelli e della carta non sono evaporati).

Ne' dobbiamo escludere due ipotesi: i server privati dei provider Non si sono preparati alla richiesta massiccia di uso delle firme online; siamo indotti inoltre a sospettare, spero di no, che vi siano pressioni indebite su questi provider, pressioni che bloccano un po' la loro evoluzione, proprio ora che abbiamo necessita di più democrazia digitale.

Per cui resto dell'idea che, accanto alle piattaforme digitali, gli organizzatori debbano prevedere un certo numero di banchetti (non si puo passare da tanti banchetti a zero banchetti) e istruzioni per andare a firmare in comune

Francesco Del Zotti - https://qualereteinsanita.blogspot.com/2024/

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Per la mia personale esperienza, le firme online sono offrono una facilità maggiore nel senso che si può firmare da remoto ovvero da fuori del proprio comune senza aggravare i compiti degli organizzatori ( non serve andare in giro per raccogliere certificati). Per quanto riguarda la facilità di sottoscrizione non si può dire lo stesso, visto che non ci sono istruzioni e il percorso va interpretato. In terzo luogo, posso confermare che non tutti i referendum hanno la stessa attenzione e chi sottoscrive online fa delle scelte e non firma tutto quello che trova. Infine, mi permetto un commento sull’articolo citato con cui si chiedeva di abolire il sistema online. A me pare un fulgido esempio di quanto si discuteva qui nei giorni scorsi. Si scrive senza conoscere nulla dell’oggetto del contendere , favorendo l’ignoranza ma ossequiosi del potere. Sempre dalla parte del formenton (granturco) si direbbe in Veneto.

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founding
21 ore fa·modificato 21 ore fa

Mi pare che l'intenzione costituzionale di chiedere 500k firme fosse di erigere una barriera per evitare referendum inutili. Altrimenti, perché - oggi come allora - non porre una soglia a 100k firme? O mille? Una sola non renderebbe tutto più democratico?

All'epoca in cui fu istituito il limite, la popolazione era 44mln, oggi 58mln: facendo le dovute proporzioni, la soglia dovrebbe essere innalzata a 650k. Tuttavia oggi è già molto più semplice raccogliere firme fisiche, per via della logistica pubblica e soprattutto privata e del livello di alfabetizzazione e istruzione più alto, quindi per mantenere la stessa barriera del dopoguerra il limite andrebbe innalzato ben oltre quei 650k.

Con l'introduzione del voto online, dove il giovane attivista può votare con pochi click per 2 genitori e 4 nonni e magari anche qualche zio anziano, l'efficacia della barriera precipita ulteriormente.

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Non capisco l’accanimento a rendere le cose difficili. Credo che 500mila firme rappresentino un valore scelto per dare rappresentatività alla richiesta referendaria non per tagliare referendum che un singolo ritiene inutili.

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Vedo molto entusiasmo, da parte di diverse forze politiche e non solo, per il superamento del quorum di firme necessario. Io non sono tra i firmatari. Non perché sia, in linea di principio, contrario alla modifica in senso meno restrittivo della normativa attuale. Ma per un motivo molto più generale: sono contrario ai referendum che vogliono decidere su questioni che richiedono un dosaggio tecnico delle norme, il che non può essere deciso tagliando con l’accetta. Per me, i referendum hanno senso quando devono decidere su questioni chiare e dirimenti (ad esempio monarchia/repubblica, divorzio sì/no, nucleare sì/no); oppure per approvare o meno modifiche costituzionali (ci va bene la modifica/no, meglio rimanere com’era). Negli altri casi molto meglio la democrazia indiretta, dove persone selezionate, elette e pagate anche per formulare leggi il più possibile giuste ed equilibrate, si impegnino a farlo. Nel caso delle leggi sulla cittadinanza, su cui non entro nel merito (sarebbe un discorso troppo lungo) è ovvio che una buona legge dovrà essere intermedia tra due estremi entrambi inconcepibili (cittadinanza subito a chiunque la chieda/cittadinanza a nessuno). Dosare requisiti e tempi è una questione tecnica che dovrebbe essere ponderata, non ha senso decidere tutto con un sì o un no.

È vero che, a volte, le richieste di referendum servono a spingere il Parlamento a modificare alcune leggi proprio per evitarne lo svolgimento. Ma è un sistema troppo macchinoso, che oltretutto comporta costi non trascurabili all’apparato statale (verifica di tutte le firme, etc.). Occorrerebbe una classe politica più pronta e concreta, invece che impegnata continuamente a diatribe ideologiche o da tifoserie contrapposte.

Secondo me, i cittadini dovrebbero impegnarsi, più che sui referendum, sul selezionare meglio la classe politica: innanzitutto votando, e poi votando meglio, invece che, come succede in prevalenza, continuando a scegliere personaggi ampiamente squalificati, oppure nuovi demagoghi superficiali.

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founding
21 ore fa·modificato 21 ore fa

È curioso anche notare come quando gli elettori votano secondo una certa parte politica, smettono di essere "popolo bue" e diventano tutti raffinati legislatori. Mentre quando votano l'altra parte, lo fanno di pancia, perché sono ignoranti, etc.

Sul discorso della selezione della classe politica sarei per un intervento drastico. Attualmente la politica non ha nessun incentivo per affrontare il problema dell'astensione: più persone rimangono disgustate da una politica sempre più polarizzata, meno basterà convincerne per vincere le elezioni. Ciascun partito si tiene la sua tribù di elettori col pelo sullo stomaco che lo voterebbe anche se proponesse di mangiare i bambini; le persone migliori ben si guardano di associarsi a quel mondo - così il livello rimane basso per tutti; e tutti hanno una buona sicurezza di pigliare qualche scranno.

Un cartello: non sui prezzi, ma sulla polarizzazione e l'impresentabilità.

Una prima idea potrebbe essere quella di eleggere un numero di parlamentari che dipende dalla percentuale di votanti assoluta: se votano metà degli aventi diritto, il parlamento è dimezzato. Ma la riduzione del numero (già peraltro sperimentata in senato) non farebbe altro che aumentare il potere dei rimanenti, generando un circolo vizioso forse persino peggiore dell'attuale.

Ma se, inoltre, la percentuale di astenuti andasse ad eleggere persone selezionate a caso a riempire le sedie lasciate vuote dai partiti, allora questi ultimi non avrebbero altra scelta che rendersi presentabili e ascoltare anche la metà di paese che non vota. Non solo oggi avrebbero la metà degli stipendi, ma rischierebbero persino di essere, sommati, in minoranza.

Per "selezionate a caso" intendo qualcosa di più articolato del dito sull'elenco telefonico: bisogna prima rendersi disponibili, essere incensurati, ed il risultato deve essere tale da rappresentare statisticamente il paese come geografia, censo, istruzione etc. E, se questo sistema fosse esteso a più livelli dell'amministrazione, il paniere per essere estratti in parlamento dovrebbe essere composto da chi ha già fatto una esperienza come "eletto random" nei livelli più locali.

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