La Confessione extra: La solitudine di fronte al sistema degli abusi
La giornalista Pierelisa Rizzo ha sostenuto Antonio Messina nella denuncia delle violenze subite e delle coperture del vescovo. E si è trovata isolata nella sua stessa città, Enna
Il fatto di essere la sola a seguire la vicenda Rugolo mi ha fatto diventare un facile bersaglio. Per qualcuno in città io e gli altri che si sono occupati di questo processo siamo diventati nemici, persone scomode, imbarazzanti
Pierelisa Rizzo
Buongiorno a tutte e tutti,
dalla scorsa settimana è disponibile il settimo episodio del podcast La Confessione, che chiude il primo ciclo. Ma non il nostro lavoro.
Di fronte a un tema complesso come quello degli abusi nella Chiesa italiana, è sempre forte la tentazione di cedere al senso di impotenza. Sembra che niente sia mai abbastanza per scuotere le coscienze, e attirare un decimo dell’attenzione che viene dedicata ai guai di Chiara Ferragni o all’ultima dichiarazione del generale Vannacci.
Nessuno vuole sentirne parlare.
Il nostro podcast è ormai un successo notevole, con oltre 145.000 download complessivi, specie perché autoprodotto e privo di ogni riscontro sui media tradizionali (con l’eccezione, sempre da ricordare, di Gianluca Nicoletti con il suo Melog a Radio24).
Ora che le puntate sono tutte pubblicate, inizia una fase delicata, perché non possiamo più contare neppure sul traino - prezioso - di Spotify che ogni settimana ha dato visibilità alla nuova puntata pubblicata.
Per questo, almeno con Appunti, vogliamo tenere alta l’attenzione sul tema e quindi non lasceremo cadere la questione, la vicenda specifica di Antonio Messina e di don Giuseppe Rugolo, e quella sistemica che va dal vescovo Rosario Gisana a papa Francesco.
Intanto questa settimana trovate un pezzo di una persona che ha avuto un ruolo cruciale nella vicenda, e che interviene anche nel podcast: la giornalista Pierelisa Rizzo, corrispondente dell’Ansa da Enna, che ha accompagnato Antonio Messina nella scelta di denunciare in procura, dopo aver ottenuto soltanto rinvii e silenzi dal vescovo, le violenze subite.
Pierelisa Rizzo ha poi seguito udienza per udienza il processo a don Rugolo, ed è stata un’alleata preziosa per Federica Tourn che, a sua volta, non ha mollato la presa sulla vicenda e si è battuta perché avesse rilievo a livello nazionale, prima sul quotidiano Domani e poi con il podcast La Confessione.
Pierelisa ha pagato un prezzo per questa tenacia, sono stati anni difficili questi per lei, come racconta nel pezzo qui sotto.
Per quanto riguarda noi, con Federica e Giorgio stiamo ragionando su come continuare con una seconda stagione de La Confessione.
Se avete idee, spunti o suggerimenti, potete scrivermi. E soprattutto potete sostenere Appunti in modo da darci le risorse necessarie per sviluppare progetti ambiziosi.
Buona giornata e buon primo maggio
Stefano
La cappa sul processo a don Rugolo
di Pierelisa Rizzo
Il processo a Giuseppe Rugolo, il sacerdote condannato lo scorso 5 marzo a 4 anni e 6 mesi per violenza sessuale aggravata su minori e atti sessuali con minori, è stato un percorso lunghissimo e a tratti doloroso. Anche per me che l'ho seguito da cronista e per fare il mio lavoro ho dovuto pagare qualche prezzo di troppo.
Iniziato il 7 ottobre del 2021, si è snodato per 22 udienze e ha visto in aula 53 testimoni, tra i quali giovani che frequentavano il gruppo del 360, creato da Rugolo e che raccoglieva più di 200 ragazzi.
Avrebbe potuto scorrere più agevolmente, a fronte delle prove emerse, con quasi 19 mila accessi del sacerdote su siti pornografici con il tag “teen”, immagini e stickers a chiaro sfondo sessuale, molti dei quali anche blasfemi, conversazioni in chat con un frasario che racconta come Rugolo dispiegasse le sue tecniche da abusatore. E invece il processo si conclude con una condanna monca.
Per una serie di reati di violenza sessuale a danno di Antonio Messina, la vittima che ha denunciato il prete, la prescrizione, ammesso che sia stata correttamente calcolata, è maturata in corso d’opera, a novembre 2023, proprio quando era prevista la sentenza, rimandata più volte.
Si è scelto all’inizio di svolgere il processo a porte chiuse e, nonostante le ripetute richieste degli avvocati e l’accordo della vittima che ha denunciato, non si è riusciti più a cambiare la decisione.
Tutte le udienze a porte chiuse, eccezion fatta per la lettura del dispositivo di sentenza. E tra gli imputati, al processo, sicuramente ha avuto un posto di rilievo la stampa, rea di avere raccontato le fasi di queste udienze che, nell’immaginario degli avvocati difensori e dei responsabili civili, proprio perché a porte chiuse, dovevano rimanere segrete.
Decine di sottolineature in aula sul “processo mediatico” che avrebbe condizionato il giudizio della corte.
Il tentativo di zittire la stampa per evitare il “pubblico scandalo”, tanto temuto dalla Chiesa, è culminato in una raffica di denunce ai giornalisti che si sono occupati della vicenda.
Le querele hanno riguardato, oltre a chi scrive, Federica Tourn, Manuela Acqua e Filippo Occhino. Ma anche due parti civili, il presidente di Rete L’abuso Francesco Zanardi e la vittima stessa Antonio Messina, sono stati querelati per diffamazione.
Anche se la procura ha chiesto l'archiviazione per tutte le querele, giudicandole infondate, questa storia - che dopo due anni e mezzo di calvario sembrava potesse finire il 5 marzo con la sentenza - si protrarrà, perlomeno per i giornalisti e gli altri querelati, con le varie udienze preliminari davanti al Gup che dovrà decidere se confermare l'archiviazione o rinviarli a giudizio.
L’intento intimidatorio di queste denunce è stato riconosciuto anche da Ossigeno per l’Informazione, l’osservatorio nato per documentare e analizzare il crescendo di intimidazioni e minacce nei confronti dei giornalisti italiani, che si è schierato accanto ai giornalisti insieme all'Ordine dei Giornalisti, alla Fnsi e all’AssoStampa siciliana e di Enna.
La pressione esercitata dalle denunce è stata amplificata dal fatto che sul territorio mi sono trovata da sola a seguire il processo.
Su quella panchina davanti all’aula Romano del tribunale di Enna, dove si è celebrato quasi tutto il processo, ho trascorso oltre 200 ore in una solitudine che mi ha aiutato a capire che cosa stavo provando a raccontare. Non solo.
Il fatto di essere la sola a seguire la vicenda Rugolo mi ha fatto diventare un facile bersaglio.
Sin dall’inizio l’ostilità verso me, e quello che rappresento, si è concretizzata, ad esempio, nel fatto che il giorno dell’interrogatorio di garanzia di Rugolo mi è stato impedito l’accesso al tribunale senza alcuna motivazione sensata.
Anche quel giorno ho passato sei ore in piedi davanti al tribunale, fino a quando gli agenti che sorvegliano l’ingresso al Palazzo di Giustizia, inteneriti, mi hanno offerto una sedia.
Per qualcuno in città io e gli altri che si sono occupati di questo processo siamo diventati nemici, persone scomode, imbarazzanti.
E così è capitato che nel corso delle celebrazioni nella chiesa Madre di Enna, il giorno della patrona, il 2 luglio del 2021, io, l’avvocato della vittima, Eleanna Parasiliti Molica, che era in compagnia di suo figlio, e la vittima, Antonio Messina, siamo stati controllati dalla polizia perché temevano un atto dimostrativo: siamo stati costretti a giustificare la nostra presenza dentro la chiesa.
Nella stessa chiesa e in quella stessa celebrazione era presente, seduto tra le autorità, il colonnello Saverio Lombardi, comandante dei carabinieri di Enna. L’uomo che, subito dopo che io ho dato la notizia di un’inchiesta condotta dalla Procura di Enna e fatta dalla Squadra mobile, va a fare visita al vescovo della Diocesi di Piazza Armerina, Rosario Gisana, consigliandogli di cambiare avvocato. E intanto chiede in cambio una patacca, la benemerenza del Santo Sepolcro.
Lo stesso Lombardi viene intercettato mentre parla con Nino Rivoli, il vicario del vescovo, e dice di me: “È una donna senza scrupoli di alcun genere….”. Dunque punta, come vuole una tradizione ormai consolidata quando si vuole provare a “mascariare” una donna, sull’onorabilità. E così, mano a mano, ho notato che qualcuno ha smesso di salutarmi o di invitarmi a cerimonie o ricorrenze.
Si è provato ad isolarmi per farmi crollare. Ma dall’altro canto, la parte sana della città, quella che non si è piegata a compromessi e ai poteri forti, ha retto. Lo testimonia l’aula di tribunale piena di gente, la sera che è stata letta la sentenza, le centinaia di messaggi pubblici e privati, le attestazioni di stima che non mi fanno un eroina.
Mi dicono solo che ho fatto il mio lavoro: quello di informare su fatti di rilievo pubblico ed etico.
Il podcast: La Confessione
Ecco le sette puntate del podcast La Confessione, finalmente disponibili tutte insieme. Un podcast di Stefano Feltri, Giorgio Meletti, Federica Tourn, con la collaborazione di Carmelo Rosa e la consulenza di Stefano Tumiati.
Episodio 1 - La strada per la santità
Episodio 2 - Nessuno deve sapere
Episodio 3 - L’uomo e il prete
Episodio 4 - L’esilio
Episodio 5 - Il vescovo insabbiatore
Episodio 6 - Il prezzo della santità
Epiosido 7 - La carezza del papa
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Il nuovo libro: Dieci rivoluzioni
C’è il mio nuovo libro lo trovate qui. E ne ho scritto qui.
Se volete vedere la presentazione a Quante storie, il programma di Rai3 condotto da Giorgio Zanchini, cliccate qui sotto: è su RaiPlay.
Piena e totale solidarietà a tutti voi!
Buongiorno e grazie per tutte le informazioni che ci ha fornito grazie al suo lavoro. Non avrei frequentato più quella parrocchia, sapendo da che loschi figuri è gestita. Io comunque sono atea e sono convinta che la religione sia davvero l'oppio dei popoli e se si può farne a meno è molto meglio.