Il senso politico di un'ossessione
Il piano dietro la scelta di rendere la maternità surrogata reato universale è chiaro, vale per la comunità rainbow come per i migranti: creare un nuovo nemico per farne dimenticare un altro
Omosessuale e quarantenne, non mi sono mai chiesto se volessi diventare padre. E alla luce del tempo storico in cui vivo, ho riflettuto se l’assenza di tale interrogativo interiore avesse a che fare con la mia omosessualità, se cioè in qualche modo il mondo e la società in cui sono cresciuto abbiano inconsciamente limitato l’orizzonte dei miei desideri e dei miei sogni
Angelo Molica Franco
Mercolerdì 16 ottobre, la Gestazione per altri (Gpa), più nota come maternità surrogata, in Italia diventa reato universale grazie ad un disegno di legge, che porta la firma della deputata di Fdi Carolina Varchi.
Già reato in Italia da oltre vent’anni, questo governo ha sentito l’esigenza di estendere la punibilità anche per chi l’ha praticata all’estero, che rischia dunque pene da 3 mesi a 2 anni di reclusione e multe da 600mila a un milione di euro.
Fortemente voluto dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il Senato l’ha approvato con 84 voti favorevoli e 58 contrari (dopo che era stato approvato dalla Camera), e subito Giorgia Meloni non è riuscita a trattenersi dal comunicare a mezzo social la sua fierezza: “Con l’approvazione definitiva di oggi al Senato, – così scrive su X – il ddl che rende l’utero in affitto reato universale è finalmente legge. Una norma di buonsenso contro la mercificazione del corpo femminile e dei bambini. La vita umana non ha prezzo e non è merce di scambio.”
Cosa c’è dietro quel “finalmente”?
Prima di rispondere a questa domanda, però, occorre fare un passo indietro e spiegare cos’è la Gpa, che la nostra presidente del consiglio licenzia con l’espressione “utero in affitto” in modo non del tutto innocente. Poniamoci, allora, alcune domande.
Che cos’è? Nota anche come surrogacy o maternità surrogata, è una forma di procreazione assistita, un processo di maternità in cui una donna (definita madre surrogata, oppure gestante per altri) provvede alla gestazione per conto di una o più persone, che acquisiranno la responsabilità genitoriale nei confronti del nascituro.
È legale? Sono all’incirca una ventina i Paesi nel mondo in cui questa pratica è legale. Gli Stati Uniti, l’India, l’Ucraina. Ci sono poi altri Paesi, come il Canada e il Regno Unito, dove la gestazione per altri è legalizzata ma con alcune restrizioni, come per esempio il vincolo della gratuità. Per assoluta solidarietà, donne in età fertile offrono gratuitamente e volontariamente la propria assistenza alla causa.
Quando si pratica? Si pratica in caso di infertilità o impossibilità varie di portare avanti una gravidanza.
Chi vi ricorre? È qui il vulnus: ciò che questo governo ha la pretesa di suggerire sottotraccia con un’abilissima propaganda anti-lgbtqia+ è che siano principalmente le coppie omogenitoriali a farne uso. Mentre invece non è così.
Come scrive anche SkyTg24, “non è facile rilevare numeri esatti sull’entità di questo fenomeno, che è in gran parte sommerso. In Italia si parla di circa 250 coppie che ogni anno si affidano alla Gpa: il 90 per cento di queste sono coppie eterosessuali”.
Numeri confermati anche da Il Corriere della Sera, che pubblica una riflessione di Elena Tebano: “Le coppie gay sembrano più numerose perché sono immediatamente riconoscibili: quando ci sono due padri, visto che l’adozione è preclusa alle coppie dello stesso sesso, è chiaro che i bambini sono nati con la maternità surrogata”. E poi prosegue “Le coppie eterosessuali che ricorrono alla surrogata fanno di tutto per nascondersi”.
In questo sono agevolate perché al ritorno da quei Paesi – Ucraina e Grecia vanno per la maggiore – i genitori tornano con un atto di nascita ucraino o greco che li indica come il padre e la madre del bambino, nato qualche settimana prima, senza che sia specificato da nessuna parte che è stato partorito da una madre surrogata.
Eminenti giuristi e medici hanno già espresso dubbi nei riguardi di tale legge. Intervistato da Simone Alliva, il professor Gianluigi Gatta – ordinario di Diritto penale all’università di Milano ed ex consigliere giuridico della ministra Cartabia – spiega come un “primo elemento di problematicità è dato dal fatto che si rende universale un reato che non è universale. Ci sono paesi stranieri in cui questa pratica è lecita. È difficile pretendere che il cittadino italiano ovunque vada nel mondo a realizzare una pratica che un certo Paese ritiene lecita, risponda in Italia di un reato”.
Infatti, già oggi è possibile punire la surrogacy realizzata all’estero da un cittadino italiano, ma per la giurisprudenza si devono unire due condizioni: la doppia incriminazione, il fatto sia reato anche nel Paese in cui ci si reca, e la richiesta del ministro della giustizia (ciò perché serve la collaborazione legale dell’altro Stato). La legge Varchi vuole eliminare questi due presupposti.
La ministra per la Famiglia Eugenia Roccella, nella trasmissione Tagadà di La7, alla domanda se un ufficiale di Stato civile di fronte cui si presentino due padri che vogliano registrate un atto di nascita estero è tenuto a denunciarli, risponde “Sì, ma anche il medico”.
Ed ecco lo scenario che si auspica Roccella. I pediatri, invece che curare le bambine e i bambini, dovranno diventare dei delatori, delle spie di questo governo, che dovranno fare i calcoli: se i bambini saranno nati prima dell’entrata in vigore della legge Varchi – che non ha valore retroattivo –, allora potranno curarli, diversamente, dovranno curarli e denunciarli.
Il ritorno agli untori di Manzoni è dietro l’angolo. Così come alla lettera scarlatta da cucirsi addosso di Hawthorne. I medici, invece, avamposti della sanità, dovrebbero curare, salvare, toccare per la vita. Non a caso, uno dei più sensati interventi espressi a proposito appartiene ad Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova e senatore del Partito democratico, il quale ha ricordato in aula che spesso chi ricorre a questo percorso sono donne che hanno problemi di infertilità – malattia riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della sanità –, o anche donne a cui manca l’utero perché colpite da tumori, o il cui utero ha delle malformazioni e in ragione di ciò non possono portare a termine una gravidanza, ma non sono sterili de facto.
Ma voglio tornare alle parole di Gatta nell’intervista ad Alliva. Perché il giurista rileva come sia “simbolica e poco praticabile l’idea di uno Stato che vuole rimarcare la contrarietà a questa pratica e quindi dice al cittadino in modo paternalistico: io ti seguo ovunque e ti punisco. È un uso simbolico del diritto penale utilizzato per veicolare all’elettorato messaggi forti rispetto a temi politicamente identitari.”
In effetti sarà molto difficile che tale legge venga applicata. Che cioè vengano perseguite penalmente le coppie che ricorrono alla Gpa. Ma a questo governo serviva un risultato da sbandierare a chi gridava nelle piazze “giù le mani dai nostri figli”, chi lo aveva votato affinché fermasse il dilagare de “la teoria gender”, affinché proteggesse “la famiglia tradizionale”… Com’era? Ah sì, Dio, Patria e Famiglia.
Un successo meramente di facciata condito dal solito adagio di battute da farsa: “lo sfruttamento del corpo delle donne”, “la lobby Lgbt”, “il mercato dei bambini” ecc. Proprio i bambini, che tanto stanno a cuore a questo governo, saranno le vere vittime di questa norma.
L’orizzonte limitato
Qualche mese fa, ho scritto per l’Espresso una lunga riflessione sul rapporto tra omosessualità e paternità, a partire dalla mia esperienza personale.
Omosessuale e quarantenne, non mi sono mai chiesto se volessi diventare padre. E alla luce del tempo storico in cui vivo, ho riflettuto se l’assenza di tale interrogativo interiore avesse a che fare con la mia omosessualità, se cioè in qualche modo il mondo e la società in cui sono cresciuto abbiano inconsciamente limitato l’orizzonte dei miei desideri e dei miei sogni.
Mi sono cioè domandato se crescere gay nella società di oggi mi ha fatto dare per scontata una mia rinuncia al desiderio di essere padre.
Ebbene, fino a qualche settimana fa ho ancora ricevuto gli ultimi messaggi carichi di insulti omofobi per quell’articolo. Questo mio precipitato personale la dice lunga sulla percezione di tale argomento nell’opinione pubblica.
Ed è qui che torniamo a quel “finalmente” scritto su X da Giorgia Meloni, avverbio che racconta la remota e instancabile opposizione alla comunità arcobaleno, che sembra essere il solo risultato “di destra” di questo governo, tra le tante promesse elargite in campagna elettorale. Un risultato, questo della legge Varchi, che è stato seminato da diverse azioni precedenti.
Come non portare quale esempio la circolare di inizio 2023 del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che invitava i prefetti e i sindaci a non registrare l’atto di nascita dei bambini nati da coppie dello stesso sesso; e poi, la bocciatura nel marzo 2023 da parte della commissione Politiche europee del Senato del procedimento all’adozione di un certificato europeo di filiazione, un documento unico in grado di provare la filiazione dei minori e garantire ai genitori residenti in Unione europea il diritto ad essere riconosciuti come madri e padri dei propri figli in tutti gli Stati membri.
E si continua con la circolare del Ministero dell’Istruzione (Ufficio Scolastico regionale per il Lazio) del gennaio 2024 sulla Giornata della Memoria, la quale nel ricordare le vittime dell’orrore nazista, dimentica le persone omosessuali che non figurano nel triste appello insieme a “Ebrei, diversamente abili, Rom e Sinti, oppositori politici e testimoni di Geova”.
E ancora, con la risoluzione Sasso (Lega) di questa estate che vieta l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, tacciandola di essere l’espressione della fantomatica e inesistente “ideologia gender”. E poi, con la proposta di legge del senatore Romeo (Lega) per l’istituzione della Giornata nazionale della Famiglia, che prevedrebbe di appaltare attività nelle scuole proprio al Forum delle associazioni familiari. E ci fermiamo qui, ma potremmo rammemorare anche il mancato patrocinio delle regioni agli annuali Pride estivi, e molto altro.
Ma perché tutto questo? È solo ideologia e tradizione politica o c’è dell’altro?
In questi due anni, nessuno come Giorgia Meloni, insieme al suo governo, ha dimostrato di essere capace di scovare dietro l’angolo nuovi nemici e quand’anche di inventarseli, di costruirseli ai propri scopi.
È quello che ha fatto e seguita a fare con la comunità lgbtqia+. L’11 ottobre è stato il coming out day, la ricorrenza in cui i membri della comunità arcobaleno celebrano l’importanza di affermare se stessi, cioè il proprio orientamento o la propria identità di genere non conformi alla norma eterosessuale cisgender. E sempre più, dirsi, cioè dare un nome e una faccia non conforme alla propria esistenza, sta diventando pericoloso.
Perché le persone rainbow sono nel mirino di un inesorabile piano di questo governo per costruire un nemico, passo dopo passo. Un elemento molto importante, potremmo dire basilare, nell’economia di questo governo.
Perché inventare un nuovo nemico serve soprattutto a farne dimenticare uno vecchio.
Cambiare nemico
Così, questo governo approva il ddl della deputata Chiesa (Fdi) che chiede il riconoscimento del relitto del sommergibile Sciré – assegnato alla X mas – quale sacrario militare subacqueo (l’ennesimo memorabilia del Ventennio); propone Latina come capitale della cultura 2026.
E ancora, aureola a Presidente della Camera Lorenzo Fontana, che si è presentato al Parlamento europeo indossando una maglia con su scritto “No sanzioni alla Russia”; che (ricorda Il Fatto Quotidiano) “combatte le sue battaglie contro l’aborto – ‘prima causa di femminicidio nel mondo’, disse nel 2018 durante la Marcia per la Vita per abrogare la legge 194 – e contro i diritti delle persone Lgbt”, tanto che, appena diventato ministro della Famiglia, a giugno 2018 disse (lo ricorda in un video sempre il Fatto) “Vogliamo un’Europa in cui il matrimonio sia solo tra una mamma e un papà, e i bambini vengano dati a una mamma e a un papà, le altre schifezze non le voglio sentire”.
Per non parlare di Ignazio La Russa, presidente del Senato, che oltre a un passato di militanza nella destra estrema del Movimento sociale italiano (MSI), oltre a essere tra coloro che hanno proposto di trasformare la Festa della Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazifascista, in una giornata per ricordare “le vittime di tutte le guerre senza fare alcuna differenza, ricomprendendo persino i morti per coronavirus”, così da, a sua detta, “trasformare il 25 aprile da data divisiva in una giornata di pacificazione”.
Oltre a tutto questo, più di recente, La Russa si auspica che un libro che si intitola Perché l’Italia è di destra - di Italo Bocchino - venga distribuito nelle scuole.
Ecco, il piano è sistemico, è socio-culturale.
Vale per la comunità rainbow come per i migranti. È chiaro: creare un nuovo nemico per farne dimenticare un altro, uno che sia una vecchia conoscenza, un nemico che da carnefice si vuol far passare come un lontano parente di cui non ci si ricorda nemmeno più gli orrori commessi.
Orrori che con queste operazioni di Reputation laundering rischiano, tra qualche anno, di passare per errori lontani nel tempo, sbagli da nulla, marachelle… Persino storielle inventate. La domanda è: ci stiamo cascando?
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L’appuntamento: domani ci vediamo a Roma?
Il saggio di Manlio Graziano
Avete letto l’ultimo pezzo di Manlio Graziano per Appunti? E’ un lungo saggio che risponde alla domanda che molti si fanno: ma chi sta vincendo la guerra in Ucraina?
Io confido anche che molti non-votanti si decidano a votare, con la speranza che non prevalga questo clima di oppressivo.
Ottimo articolo. Io non ci sto cascando e spero che molti che hanno votato Lega e FdI in modo "superficiale" si ricredano alle prossime elezioni