Il miracolo spagnolo
Migranti, turismo, investimenti, energia (nonostante il blackout), fiducia: ecco perché la Spagna corre (molto) più dell’Italia e perché dovremmo cambiare rotta
A quasi vent’anni di distanza dal primo tentativo di sorpasso riuscirà l’economia italiana a introiettare le lezioni più positive che vengono da Madrid e a riprendere velocità?
Luca Borsari
La Spagna corre, l’Italia arranca. E non è solo una questione congiunturale. Una prova visiva ce la possono fornire i treni delle linee A e B, che da anni corrono nella metropolitana di Roma, made in Spain e prodotti dall’azienda CAF, come i 121 nuovi tram supertecnologici che la stessa azienda si è aggiudicata e fornirà alla Capitale nella maggiore gara europea del comparto.
Negli ultimi anni, l’economia spagnola ha messo a segno risultati che quella italiana può invidiare: crescita sopra la media dell’eurozona, investimenti pubblici ed esteri in aumento, prezzi dell’energia molto più bassi che danno slancio alla produzione industriale, e un clima di fiducia che sostiene consumi e innovazione.
Non si tratta di miracoli, ma di politiche ben pensate e ben attuate. I risultati il Fondo Monetario Internazionale (FMI) nel suo World Economic Outlook, pubblicato lo scorso 14 aprile, sintetizza così: lo scorso anno il Pil reale della Spagna è cresciuto del 3,2 per cento, a fronte dello 0,7 per cento registrato dall’Italia.
Le previsioni per questo biennio non cambiano la sostanza +2,5 per cento contro +0,4 per cento nel 2025 e +1,8 per cento contro +0,8 per cento nel 2026.
Certo, nel confronto tra i due Paesi il livello del tasso di disoccupazione è ancora visibilmente più contenuto in Italia (a febbraio il 5,9 per cento della forza lavoro, a fronte del 10,4 per cento spagnolo).
Ma la stessa istituzione di Washington nel documento conclusivo alla sua ultima missione annuale a Madrid prevede che “la crescita della Spagna continuerà a superare significativamente la media dell’area euro”, grazie a fondamentali più solidi e a un mix di riforme strutturali credibili.
Per l’Italia l’omologo documento Fmi oltre a un rallentamento temporaneo della crescita fino al 2027, prevede che successivamente la crescita tornerà al suo potenziale, anche se rifletterà sempre di più la riduzione della popolazione nazionale in età lavorativa, a meno che tale dinamica non venga compensata da un aumento della produttività sostenuto da efficaci riforme strutturali e investimenti, da una maggiore partecipazione alla forza lavoro e dal continuo assorbimento di lavoratori stranieri.
Immigrati e crescita
Perché la Spagna sta andando così bene? Una delle ragioni principali è proprio l'immigrazione. I recenti flussi di popolazione in ingresso in particolare, ma non solo, da Colombia, Venezuela e altri paesi latinoamericani, nonché dal Marocco, hanno stimolato la domanda interna e ringiovanito la forza lavoro.
D'altro canto, il fortissimo afflusso di immigrati ha compensato il calo della popolazione autoctona dovuto all'invecchiamento, colmando i posti vacanti.
Secondo l'indagine sulla forza lavoro dell’istituto statistico nazionale INE, dei 468.000 posti di lavoro creati lo scorso anno, solo 59.000 sono stati occupati da cittadini nazionali. L'88 per cento dei posti di lavoro creati è dovuto a lavoratori stranieri o con doppia cittadinanza.
Questo risultato è il frutto di una scelta politica precisa, rivendicata dal primo ministro socialista Pedro Sanchez il 9 ottobre scorso in un importante discorso in Parlamento : "La Spagna deve scegliere tra essere un paese aperto e prospero o un Paese chiuso e povero. È così semplice".
L'immigrazione non era solo una questione di umanità, ha affermato, ma – in un paese con un tasso di natalità tra i più bassi dell'Ue – è l'unico mezzo realistico per far crescere l'economia e sostenere lo stato sociale.
Un’impostazione radicalmente opposta rispetto a quella del governo guidato da Giorgia Meloni: la premier e la sua coalizione hanno costruito una parte del proprio capitale politico sul contrasto ai flussi migratori, soprattutto dall’Africa, concentrando il messaggio sull’immigrazione soprattutto sui rischi degli ingressi illegali piuttosto che sulle opportunità di una politica dell’immigrazione gestita attivamente.
Nonostante il blackout
Un altro elemento del successo spagnolo, spesso sottovalutato, è la politica energetica. Mentre andranno pienamente appurate le cause del grande blackout elettrico che ha colpito il Paese il 28 aprile scorso, è indubbio che la Spagna ha contenuto l’impatto della crisi energetica del 2022 grazie a una strategia anticipata di diversificazione delle fonti e alla rapida espansione delle rinnovabili.
Risultato: i prezzi spagnoli sono nettamente più bassi di quelli italiani come emerge da un recente e documentato studio di Confindustria. Il cambiamento è possibile. Vent'anni fa la Spagna importava il 50 per cento della sua elettricità.
Oggi ha raggiunto un elevato grado di autosufficienza sfruttando l'energia solare, eolica e idroelettrica.
Secondo uno studio della banca BBVA, la quota di energie rinnovabili nella produzione di energia è aumentata dal 45 per cento nel 2021 al 65 per cento nel 2024, il che ha portato a un calo del 20 per cento dei prezzi dell'elettricità.
Raggiungere l'obiettivo governativo dell'80 per cento entro il 2030 significherebbe un ulteriore calo di circa il 20 per cento, afferma la banca.
Tra dieci anni circa il 90 per cento dell'elettricità spagnola proverrà da fonti rinnovabili, prevede l’amministratore delegato di Acciona José Manuel Entrecanales la cui azienda di famiglia nel tempo si è trasformata da una società di costruzioni a un colosso concentrato sulle infrastrutture per le energie rinnovabili.
Più turisti che in Italia
Anche il turismo è un fattore-chiave del successo dell’economia iberica. Lo scorso anno è stato un anno record per questo comparto in tutta l’Unione europea con un incremento del 2,2 per cento oltre quota 3 miliardi delle notti passate presso un alloggio turistico.
La Spagna ha pienamente approfittato di tale dinamica ricevendo lo scorso anno un livello record di visitatori (94 milioni +10 per cento). Anche nella graduatoria continentale, secondo gli ultimi dati Eurostat il Paese ha registrato il maggior numero di notti passate in infrastrutture turistiche (500 milioni), seguita in tale dall’Italia (458 milioni e dalla Francia (451 milioni).
Se in Italia si parla spesso di fondi europei spesi male o in ritardo, in Spagna la realtà è diversa.
La Commissione europea e il Fmi elogiano l’attuazione del piano Next Generation EU, i cui progetti sono stati selezionati con criteri di efficienza e impatto economico. La Spagna dovrebbe ricevere fino a 163 miliardi di euro entro il 2026, cifra che la rende il principale beneficiario di questi fondi dopo l'Italia.
Nel 2025 il FMI prevede un’accelerazione degli investimenti proprio grazie all’uso più efficace dei fondi e alla riduzione dei tassi di interesse.
A livello locale, il coordinamento tra Stato e autonomie è stato più fluido rispetto allo scarso coordinamento istituzionale italiano.
In Spagna, come in Italia, risorse rilevanti sono investite nel sistema ferroviario nazionale, mentre una maggiore enfasi c’è stata per nuovi investimenti nelle zone a basse emissioni delle città, nel comparto dei veicoli elettrici e nei sussidi per le piccole imprese.
Un fattore rilevante della domanda aggregata, gli investimenti, costituisce un altro tassello del dinamismo iberico. Ciò che è chiaro – ha sottolineato l’Ispi in un recente contributo - è che la Spagna resta un paese molto attraente per gli investimenti esteri, e ciò ha senza dubbio contribuito al recente ciclo di crescita, ma anche un elemento strutturale che ha reso la Spagna un'economia avanzata e moderna.
La Spagna è ancora il 13° paese al mondo nella graduatoria dei maggiori investimenti diretti esteri (IDE) e, secondo il database FDI del Financial Times, nel periodo 2018-2023 si è classificata al quarto posto in termini di attrazione di investimenti esteri che creano capacità produttiva nuova (greenfield), dietro solo a Stati Uniti, Regno Unito e Germania.
A titolo di confronto, secondo l'UNCTAD, nello stesso periodo l'afflusso medio annuo di IDE in Spagna è stato di 34 miliardi di euro, mentre in Italia di 14 miliardi di euro.
Questione di fiducia
Infine, un aspetto spesso trascurato ma fondamentale: la fiducia, motore positivo delle aspettative economiche e delle successive decisioni di investimento e consumo.
In Spagna, la narrativa economica è stata coerente e costruttiva. Il governo ha saputo comunicare una visione di sviluppo, con obiettivi chiari e verificabili, diffondendo un clima di fiducia tra cittadini, imprese e investitori.
I media hanno svolto un ruolo meno polarizzante rispetto all’Italia, dove ogni manovra finanziaria è raccontata come un dramma imminente.
Anche questo ha un impatto economico: secondo il FMI, “la solidità dei bilanci familiari e aziendali riflette anche un clima di fiducia che ha sostenuto consumi e investimenti”. Come sicuramente ha inciso sulla fiducia anche una politica più lungimirante sulla parità di genere, ricordata dallo stesso premier Sanchez nel già citato discorso in Parlamento: “Abbiamo dimostrato che il femminismo non è solo una causa sociale importante – probabilmente la più trasformativa del nostro tempo – ma anche l'investimento più intelligente per mantenere una crescita economica vigorosa”.
In Italia, invece, l’incertezza politica e la conflittualità permanente pesano su aspettative e comportamenti, generando un atteggiamento difensivo e frenando la domanda interna.
"Il modello spagnolo ha successo perché è un modello equilibrato, e ciò garantisce la sostenibilità della crescita", ha detto alla Bbc Carlos Cuerpo Caballero, ministro delle Imprese sottolineando che la Spagna è stata responsabile del 40 per cento della crescita dell'eurozona lo scorso anno.
Cuerpo ha anche indicato i servizi finanziari, la tecnologia e gli investimenti come fattori che hanno aiutato la Spagna a riprendersi dal periodo più critico della pandemia, quando il Pil si è contratto dell'11 per cento in un anno. "Stiamo uscendo dal Covid senza cicatrici, modernizzando la nostra economia e quindi aumentando il nostro potenziale di crescita del Pil".
Il tentativo di sorpasso
L’economia spagnola non è ovviamente esente da criticità: la disoccupazione giovanile resta molto elevata, soprattutto in alcune regioni; la produttività aggregata cresce ancora troppo lentamente; e il debito pubblico, seppur più basso di quello italiano, è destinato a salire in assenza di ulteriori aggiustamenti.
Inoltre, la dipendenza da settori ciclici come il turismo e l’edilizia espone l’economia a shock esogeni, rendendo necessaria una strategia di diversificazione industriale.
Non è la prima volta che la Spagna corre più dell’Italia. Già nei primi anni Duemila, sotto la guida di un altro socialista, José Luis Rodríguez Zapatero, Madrid appariva come un modello di crescita economica.
Il suo governo socialista aveva puntato su infrastrutture, apertura al commercio, integrazione dei migranti e modernizzazione istituzionale.
Nel 2007, la Spagna superava l’Italia per Pil pro capite a parità di potere d’acquisto, e si discuteva se Roma potesse perdere il suo posto nel G7.
Quella stagione fu bruscamente interrotta dalla crisi finanziaria globale, ma resta un precedente importante per comprendere come i fondamentali di un’economia si costruiscono nel tempo e attraverso scelte coerenti.
A quasi vent’anni di distanza dal primo tentativo di sorpasso riuscirà l’economia italiana a introiettare le lezioni più positive che vengono da Madrid e a riprendere velocità?
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Qualche appunto qua e là. Sull’energia e bene notare che il 20% circa del fabbisogno è garantito dal nucleare: perché non si auspica questo anche per l’Italia? Sulle rinnovabili loro sono al 55/56% circa 10 punti sopra rispetto all’Italia. Poi l’articolo omette un punto: la Spagna ha ottenuto di disaccoppiare (almeno in parte) il prezzo dell’energia elettrica da quello del gas potendo così spingere più giù il prezzo finale.
Perché in Italia questa cosa non si fa? Credo dipenda da numerosi fattori.
In definitiva la Spagna in 3 mosse ha una situazione energetica assai migliore della nostra, ma a noi quelle mosse forse non tanto va di farle, soprattutto nucleare e disaccoppiamento.
Articolo molto chiaro e ben fatto. Ora vado a piangere nell'angolino pensando all'Italia..