13 Commenti

A me sembra un articolo veramente stimolante, che apre prospettive cui mai sarei arrivato da solo. Non mi va di dire se sono d'accordo o meno con l'autore, cui faccio comunque i complimenti, il suo articolo fa comunque pensare, riflettere, immaginare altro modi di essere attivi nella società, in questa società, non in una idelizzazione sterile della società che vorremmo. Quindi grazie ad Appunti.

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Certamente è un mio limite ma leggere questo lungo intervento è stato molto, molto faticoso. Ed alla fine non ci ho capito granchè. (Ma mi sembra di non essere il solo e, d'altra parte, l'arte di sapersi far leggere è bene raro e prezioso)

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Mi ritrovo con molte delle osservazioni del signor Destefanis e ne aggiungo una: leggendo l'articolo non ho compreso se la circolazione di "buone" idee su libri non avviene per colpa del mercato (che porterebbe a non pubblicare libri meritevoli perchè economicamente troppo rischiosi per un editore classico) o per colpa del pubblico dei lettori che preferiscono forme di dibattito pubblico diverse dalla lettura di un saggio. Da un lato infatti vedo scritto " L’offerta di idee è immutata." il che fa pensare che nonostante le ristrettezze si continui a pubblicare molto e che il problema siano i libri invenduti. Dall'altro vedo che anche lato domanda si afferma che c'è ancora una vasta platea di persone attente alle idee ma che ne vuole dibattere sui social senza pagare l'approfondimento garantito da pubblicazioni di qualità. Se è cosi' potremmo dire che la "discussione da bar" ha prevalso sulla "lettura approfondita". Ma se questo è il punto, il fatto che un buon libro sia pubblicato da un editore statale che può andare in bancarotta perchè poi verrebbe salvato dalle casse pubbliche non mi sembra che sposti di un centimetro il problema della domanda. Se la massa preferisce il bar alla libreria, che questa sia di proprietà pubblica o privata non vedo come possa cambiare la domanda. L'unico effetto sarebbe la salvaguardia di un certo numero di posti di lavori stipendiati per un ceto intellettuale che scriverebbe al servizio del funzionario politico incaricato di sovraintenedere il tutto, invece che cercare di avere l'attenzione di un editore disposto a pubblicarlo.

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Ha commentato con un concordo. Aggiungo che non è il cambiamento dei mezzi che dovrebbe far paura: io a sei anni scrivevo intingendo il pennino nel calamaio, mio nipote sempre a sei anni scrive col computer. Il problema è che la narrazione prevale sulla sostanza o condivisone di metodi di conoscenza. A tutti il compito di diffondere l’idea che e’ meglio dubitare di ogni cosa, come diceva quello.

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Mi concentrerei sugli ultimi tre capversi dell'articolo, che, confesso, non è stato per me di agevole comprensione, Se non ho capito male, in estrema e forse rozza sitnesi, vi si dice che, oggi il mercato editoriale, quello dei libri (buoni) che fanno circolare le buone idee è in crisi. Insomma la gente quei libri non li compra più. Ma non li compra più o ne compra di meno per un calo d'attenzione, oppure appunto per un imbarbarimento (eviterei persino le virgolette) delle idee, un trasferimento massiccio sui social come fonte primaria di informazione? O perchè sono troppo cari? Sembra di capire, partendo appunto da quei tre capoversi finali, che siano i costi della cosiddetta "intermediazione" a tenere lontani i lettori ( ma è un'affermazione che mi pare poco convincente). E che quindi tale intermediazione non deve costare: gloriose case editrici che chiudono, comitati editoriali in libera uscita, editor disoccupati. Il rimedio sarebbero le sovvenzioni pubbliche....e mi viene un certo brivido al pensiero di una governo come questo nostro che accetti di sovvenzionare iniziative editoriali di spiccato indirizzo democratico e di qualità culturale e scientifica elevati. Oppure che, sulla scorta di quei filosofi ribelli, gli accademici di professione, già pagati, prestino il loro contributo senza pretendere soprassoldi. Ciò arginerebbe la crisi? I lettori tornerebbero? Soprattutto, le idee "democratiche" riprenderebbero a circolare più vigorosamente? Lascio gli interrogativi, non retorici, aperti.

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set 16Messo Mi piace da Gianfranco Pellegrino

Quanto ha fatto Substack per la discussione pubblica e la democrazia per esempio? Più o meno di un sostegno statale all'editoria? Per me mille volte di più. Ed è un puro prodotto della libertà d'impresa e del libero mercato.

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Punto interessante

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Quanto ha fatto? Cioè, in termini numerici, e comparativi? Quanta gente che non avrebbe partecipato (letto e commentato) comunque lo ha fatto grazie a Substack? Cioè, possiamo escludere che Substack intercetti quelli che erano già disposti a pagare i costi di intermediazione (Substack è a pagamento, no?) e non riesca a intercettare quelli che inseguono i contenuti gratis, cioè che non sono più disposti a pagare l'intermediazione? Perché l'obiezione funzioni ci vorrebbero questi dati. Mi pare ancora presto.

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Certamente ci vorrebbero dei dati per un confronto. Un Substack può essere o meno a pagamento, e solo nel caso sia a pagamento poi l'autore paga a sua volta a Substack una percentuale del 10%. Intanto racconto la mia esperienza come aneddoto: io compravo quotidiani fino a 15-20 anni fa, quasi tutti i giorni il corriere o la repubblica + qualsiasi quotidiano con inserto culturale (il domenicale, la lettura, alias, Robinson, etc..). Poi ho smesso. Tra i motivi il fatto che di un giornale magari mi interessavano tre articoli o due firme. Inoltre il costo e l'ingombro. Ho iniziato a leggere solo online perché era gratis, la dematerializzazione, la possibilità di commentare (sono stato uno degli utenti più attivi su IlPost quando i commenti erano aperti e non per abbonati, prima che nascesse hookii). Con Substack sono tornato a pagare per informarmi. Per vari motivi. Sostegno ideologico alla loro presa di posizione contro la censura e per una moderazione minimal e all'idea che potesse favorire il giornalismo indipendente (personalmente il primo abbonamento l'ho fatto al Substack di Greenwald, dopo che lasciò The Intercept). Ottima esperienza utente. Possibilità di acquistare solo quella newsletter su quell'argomento che mi interessa e di quella firma che mi interessa. Tuttavia ora ho il problema che anche pagando una piccola cifra per ciascuna ho molti Substack che mi interessano e a cui mi piacerebbe abbonarmi e rischio di finire a spendere davvero troppo se non faccio attenzione. Ad ogni modo sono tornato a pagare.

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Se ho capito bene, il prof Pellegrino auspica in un sostegno statale all'editoria. A mio parere non cambierebbe nulla della qualità delle pubblicazioni, anzi.

Il problema è che anche gli scrittori, come la politica, come il giornalismo, inseguano invece di segnare una strada. È un momento storico triste

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Io credo che l'articolo colga e descriva, quasi, ma non del tutto consapevolmente, un aspetto importante del mercato. E cioè che è un contesto di rapporti volontari, e che in un contesto di volontarismo nessuno è libero di fare quello che vuole, ma dipende dagli altri, dovendo passare per il loro consenso.

Questo non vuole dire che sia pre determinato cosa si possa o non si possa fare: si può fare tutto ciò che si riesce a fare nel rispetto di questo vincolo. E anche questo è un aspetto che l'articolo coglie.

E infine, come si sfugge a questa condizione limitante e si acquisisce maggiore libertà? Uscendo dal volontarismo e dal libero mercato, quindi con la coercizione, obbligando qualcuno a fare qualcosa che non vuole. Per es. obbligando chi da solo non compra libri e giornali e non finanzia case editrici a farlo, tassandolo, togliendogli parte dei suoi soldi e allocandoli al posto suo a questi soggetti.

Bisogna notare però che in effetti non viviamo in una condizione di perfetto volontarismo o di libero mercato e che questo già accade, e che può essere che proprio questo rendendo questi soggetti meno dipendenti dal mercato e invece dipendenti dalla politica (lo stato è il monopolio dell'uso della forza di ultima istanza, è l'apparato che solo può ad esempio tassare e redistribuire risorse) li metta mano a mano più in difficoltà. Dopo tutto le due cose sono in conflitto: la politica serve a garantirgli la possibilità di non seguire il mercato, dunque li rende anche sempre meno capaci di farlo e in difficoltà rispetto alle sue dinamiche.

Però per esempio, noto che il mercato ha prodotto tra le altre cose la piattaforma su cui ci troviamo Substack. Cogliendo evidentemente due domande di mercato:

una relativa a maggiore libertà, a una moderazione minimal, infatti Substack ha accolto tutta una serie di voci critiche e contrarian in un periodo in cui sui giornali facevano fatica a trovare posto e su altri social venivano regolarmente censurate e che hanno contribuito inizialmente al suo successo, Greenwald, Taibbi, Weiss, De Boer, per es., molti hanno lasciato i propri giornali trovando qui maggiore libertà e immagino maggiori soddisfazioni economiche o la speranza di;

l'altra relativa alla voglia di poter discutere non solo liberamente, ma anche in modo più complesso, con pezzi lunghi, ritmi più lenti, discorsi articolati. E infatti su Substack troviamo non solo il giornalismo indipendente, ma anche filosofi, psicologi, scienziati, economisti, matematici, intellettuali, come Dan Williams, Jonathan Haidt, David Friedman, Gregg Lukianoff, Razib Khan, Michael Huemer, Josh Hendrikson, Brian Albrecht, Scott Alexander, etc..

Su Substack nascono libri, discussioni, inchieste, giornali, qualsiasi cosa. Il tutto da un'idea imprenditoriale che ha trovato nel mercato mezzo di esprimersi, ma che per esempio non avrebbe mai potuto nascere, crescere e avere questo successo dall'Italia, ma lo ha potuto avere solo in un contesto - anche culturalmente - di maggiore libertà di impresa e libero mercato.

Da quando è nato poi ha dovuto difendersi da chi per queste sue caratteristiche lo ha accusato di complicità col neonazismo, per dire.. (in Italia Pietro Minto su Il Foglio per esempio)

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Scusate l'offtopic, ma sono costretto a scrivere qui perche non vedo un modo per comunicare con Feltri o con chi dirige APPUNTI. Ieri mi e' arrivato un like ad un mio post sul *come fermare Musk* alle 3 del mattino da ELON REEVES MUSK X .

Allora ho scritto a Substack centrale queta email:

"I do not know how to understand the fact that today I had a LIKE to my post from *ELON MUSK X* in APPUNTI substack of Stefano Feltri

Is he? Is a normal subscriber of italian substack "Appunti" ?

Or just another man or woman who has taken his name (in this case may be you need to check better the name that subscribers are choosing) ?

Best regards

Dr F. Del Zotti - Verona - Italy

*********************

Resta secondo me l'utilita di avere un modo di contattare Appunti senza dover triangolare con gli americani

grazie per l'attenzione

Francesco Del Zotti

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