14 Commenti

non cedio nella "rabbia" di pochi sfiigati o dei losers perchè è un istnto, Credo nelle protesta che è un atteggiament rzionale; Dice Dostoevsky : " In Russia di questtempi non vi è nessuno esempio chje si possa imita, E per un paese che dopve non vi sono esempi che la gn te ammira è una atroce calamità." Caoito? un atroce calamità -- Saluit da MP

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grazie dal profondo, Gloria Origgi, una visione coesa e convincente.

Ma associo ai commenti e ringrazio i loro migliori autori.

penso che dovremmo insistere per dar massima visibilità a queste idee, soprattutto nei circoli politici e di ONG.

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Il dibattito sulla rabbia e l’insoddisfazione è veramente fondamentale.

Davvero l’essere umano ragiona per comparazioni.

Conferma una massima biblica che ho sempre amato ‘ Vanità delle vanità, ogni cosa è vanità ‘

La vanità è l’origine di molti dei nostri problemi psico/sociali.

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Veramente bello questo dibattito, grazie a chi lo rende possibile.

Prendendo spunto dalle prime righe del testo provo ad avanzare una suggestione: l'antidoto, la passione opposta e complementare alla rabbia quale può essere se non lo è (concordo con Origgi) la riflessione razionale? Secondo me potrebbe esserlo la tensione verso la giustizia. Può darsi sia influenzata dal mio modo soggettivo di vedere il mondo, ma penso che quello che davvero manca oggi sia l'idea che la giustizia possa "essere di questa terra", quindi anche la speranza sì, che il diritto di vivere una vita degna non sia costantemente fuori portata. In fondo, come è stato notato, il motore della rabbia è il senso di impotenza, se così non fosse non si tratterebbe di rabbia ma di energia creatrice e costruttiva volta a raggiungere gli obiettivi desiderati. La spinta all'eguaglianza (sebbene i due concetti, giustizia ed eguaglianza, non siano interamente sovrapponibili), come notava Tocqueville, è uno delle grandi molle dello sviluppo storico mentre la feroce e inflessibile disuguaglianza è segno sempre di disordini sociali o quantomeno di una società non armoniosa. Condivido il commento di Daniele Paganelli che mi ha colpito particolarmente perché anch'io faccio parte di quella generazione che ricorda bene come si viveva in Italia fino a 30 anni fa e che prova rabbia per come è stato ridotto il nostro paese da politici e imprenditori che peggiori forse è difficile trovarne in giro.

Se quindi come società si sceglie di tendere verso la giustizia, allora bisognerebbe anche essere onesti e ammettere finalmente, non tanto che il capitalismo è un sistema economico intrinsecamente violento, quasi fascista nel suo assolutismo ideologico, e che quindi caratterizza le società come entità formate da lupi pronti a sbranarsi l'un l'altro perché io posso sopravvivere solo se tu soccombi, (sono idee che circolano già abbondantemente), quanto che un sistema diverso è possibile. Chi ha tutto l'interesse a mantenere in piedi il sistema capitalistico con tutto quello che ne consegue, normalmente teorizza che non c'è alternativa al capitalismo perché l'unico tentativo dell'epoca moderna di affrancarsene è fallito. Io però mi chiedo se la creatività e l'ingegno umano non possano invece immaginare un altro sistema e un altro mondo governato dalla cooperazione dalla solidarietà e non dalla competizione (sempre invocata e incensata come fonte di tutte le virtù quando è vero il contrario) e dall'assunto principale su cui si fonda il capitalismo e cioé mors tua vita mea?

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Grazie. Stavo cercando le parole per dire in realtà molto meno del molto di più che ho trovato in questo articolo, che me ne ha offerte anche un sacco di altre che non sapevo nemmeno esistessero. Ho bisogno di qualche giorno per metabolizzarle, ma mi hanno aperto moltissimi pensieri. Ho trovato anche qualche passaggio su cui non mi sento completamente d'accordo, ma che non so controbattere ancora. Per cui davvero grazie.

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Non ho capito il concetto di … scarto valoriale

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lug 31·modificato lug 31

Non sei l'unico ad avere difficolta' nel afferrare i concetti chiave in questi articoli un po' accademici.

Per come ho inteso io, l'autrice in pratica dice che noi esseri umani viviamo nella piccola bolla che e' la nostra vita, tutto e' misurato prendendo noi stessi come riferimento. Siamo egocentrici e ci rapportiamo agli altri per cercare di capire se siamo felici o meno in base a come sta chi abbiamo intorno.

Esempio: mi lamento di avere una vita misera ma poi vedo la vicina che non arriva a fine mese e allora tutto sommato non sto poi cosi' male: la qualita' *percepita* della mia vita e' gia' migliorata.

Esempio 2: diciamo che guadagno 800 EUR al mese e mi bastano perche' faccio una vita piuttosto sobria. Ricevo un aumento di stipendio di appena 50 EUR e all'improvviso mi posso permettere una cena in piu' al ristorante ogni mese. Fantastico! La differenza in positivo ("scarto valoriale") di questo piccolo incremento mi migliora parecchio la vita.

Non ho ancora capito proprio bene come l'autrice mette in relazione questa percezione del mondo col tema della rabbia/frustrazione. Credo il succo del discorso sia: la gente e' frustrata perche' dal proprio punto di vista soggettivo vede un peggioramento della qualita' della propria vita oppure si sente ignorata. Credo?

Mi piacerebbe un feedback da parte dell'autrice o di qualche altro commentatore :-)

Chiudo con una gentile richiesta agli autori (e commentatori) che scrivono su questo tema peraltro interessante: un piccolo sforzo per rendere piu' concrete le argomentazioni.

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Condivido l’entusiasmo per l’articolo di Gloria Origgi. Tuttavia, ho delle perplessità.

Certamente l’invidia è un sentimento più diffuso di quanto non si ammetta. Ma dubito che l’uomo comparativo sia solo animato dall’invidia. La rabbia -soprattutto quella collettiva; quella della folla che reclama il linciaggio- mi pare che sia, sempre più spesso, accesa dal sentimento di una violazione profonda della Giustizia. Questo sentimento sembra radicarsi in una specie di vocazione dogmatica del comportamento sociale. Probabilmente questa esigenza di dogmi spiega quanto un regime democratico sia pericolosamente esposto alla manipolazione.

Ecco perché temo i corpi intermedi che facilmente si trasformano in circoli settari. Ecco perché “prendersi la responsabilità di chi siamo e abbiamo deciso di essere”, pone un problema educativo di massa che non so proprio chi avrebbe le capacità di svolgere.

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Complimenti per il contributo al dibattito ricco di spunti

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founding
lug 29·modificato lug 29

C'è solo una cosa che può infiammare una emozione più che offrire una spiegazione razionale: trattare gli interlocutori come "bambini piccoli [che] urlano di rabbia", perché in fondo sono solo invidiosi del vicino di casa.

Aggiungerei una comparazione fondamentale: quella temporale. Per intere classi le condizioni economiche e sociali sono stagnanti o in declino da un paio di generazioni. Nel caso italiano la situazione è drammatica, e per durata è peggiore dell'ultima guerra mondiale.

Si possono educare i bambini a non essere invidiosi del giocattolo del vicino più ricco, ma è molto difficile convincere nonni, genitori e figli a non rendersi conto che questi ultimi avranno una vita più complicata dei primi, i quali con lavori umilissimi hanno tirato su famiglie numerose e si sono costruiti seconde case, riuscendo pure ad accumulare una eredità.

Altro esempio: non è vero che oggi le donne hanno il diritto di lavorare. Il diritto è stato sostituito dal dovere, perché non è più possibile sopravvivere diversamente.

Alla livorosa invidia sociale rischia di subentrare qualcosa di molto più profondo, che risale a milioni di anni di evoluzione come mammiferi. Forse non basterà alzare il ditino e scrivere qualche saggio.

Per fortuna internet agisce (ancora) da valvola di sfogo e questo istinto di protezione primordiale si traduce perlopiù in innocui post, silenziosamente declassati dagli algoritmi. Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire.

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Splendida lettura di prima mattina per aprirsi al giorno col sorriso

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Grazie Dott.ssa Origgi per questo suo lucido contributo alla comprensione della rabbia, della cui gestione rimanda alla responsabilità individuale di chi siamo e di chi vogliamo essere. Molto illuminante.

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lug 29Messo Mi piace da Stefano Feltri

Una riflessione straordinaria, grazie 🙏🏻

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