Adulti a basso budget
BEST OF APPUNTI. Ho ventitré anni e, tra i miei coetanei, conosco pochi che non siano stati o non siano in terapia presso uno psicologo o uno psichiatra. Il futuro genera solo un senso di estraneità
Mi piacerebbe poter dire che siamo passati dall’avere speranza nel futuro ad averne paura, ma la verità è che molti dei miei coetanei verso il futuro provano solo un senso di estraneità
Buongiorno a tutte e tutti,
Nei mesi scorsi il giovane scrittore Guido Giuliano ha iniziato a raccontare qui con una serie di pezzi fulminanti i disagi di una generazione, la sua, quella dei ventenni. La generazione Z.
Ne parlano molti, ma quasi nessuno riesce a scandagliarla con la profondità di Guido, perché di quella generazione lui fa parte, ne riconosce le cicatrici più o meno recenti, i drammi nascosti da una normalità solo apparente. E, soprattutto, una angoscia talvolta motivata, talvolta innescata soltanto dal timore per il futuro.
Visto che da quando Guido ha pubblicato i primi pezzi il numero di iscritti ad Appunti è aumentato di parecchie migliaia, in questi giorni di vacanze (mie, almeno) mi sembra utile riproporvi quelli usciti finora, per poi arrivare a un nuovo racconto, ancora inedito, della serie Vite che sono la mia.
Sono racconti che richiedono settimane o mesi di lavoro, come capire leggendoli o ri-leggendoli, perché Guido entra nelle vite delle persone che racconta, le accompagna a scandagliare le parti più angosciose delle loro paure, anche forse - un po’ - per esorcizzarle attraverso la condivisione.
Partiamo con il primo pezzo di Guido, che avevo conosciuto a un corso di scrittura alla scuola Holden dove insegnavo giornalismo di opinione, che alla sua prima apparizione su Appunti aveva suscitato molte reazioni: Adulti a bassi budget.
Buona lettura,
Stefano
Chi è Guido Giuliano
Sono nato a Torino nel 2000. Mi sono laureato in Lettere con una tesi sulle trasposizioni cinematografiche dei drammi shakespeariani e ho conseguito un master in tecniche della narrazione presso la Scuola Holden. Frequento il corso di laurea magistrale in Culture Moderne Comparate. Quando non basta scriverlo, lo disegno, lo fotografo o lo filmo.
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Adulti a basso budget
di Guido Giuliano
Ho ventitré anni e vivo nel paese che ha l’età media più alta in tutta Europa. Un paese in cui dal 2003 il numero degli ultracentenari è triplicato, mentre la natalità oggi è al minimo storico.
Ho ventitré anni e vivo in un paese in cui la politica, coerentemente con i dati demografici, non parla di futuro, tende a rivolgersi a un elettorato anziano e riserva ai giovani poco spazio nei programmi politici, aumentando in loro un senso di irrilevanza ormai interiorizzato, che li spinge all’astensionismo, se non all’emigrazione.
Ho ventitré anni e vivo in un paese in cui i media parlano di giovani se una ragazza, che si laurea in medicina in meno di sei anni, afferma che per lei dormire è “tempo perso”, oppure se una studentessa si impicca nei bagni dell’università per essere stata bocciata a un esame.
Ho ventitré anni e, tra i miei coetanei, conosco ben pochi che non siano stati o non siano in terapia presso uno psicologo o uno psichiatra. Chi non ha mai fatto uso di psicofarmaci e non è mai stato in analisi dice però che ne avrebbe bisogno.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità si sta abbassando l’età in cui insorgono i primi disturbi mentali, così come si abbassa anche quella dei suicidi.
Gli esperti prefigurano come probabile scenario una prossima grande epidemia sanitaria legata proprio a questa situazione.
Può sembrare una previsione pessimistica, dovuta a un aumento delle diagnosi o della sensibilità al tema più che a un reale aumento dei casi, ma quando tra i miei amici, persone normali con una situazione socio-economico e familiare mediamente buona, più di uno mi confida di aver tentato il suicidio, mi convinco che non possa essere solo questo.
Da sempre le malattie mentali si manifestano a livello neurologico e i disagi psicologici nascono da motivi personali, ma il loro aumento negli ultimi anni ha una concausa che è stupido ostinarsi a non riconoscere in ragioni sociali, politiche e storiche.
Ho un’età per cui da un punto di vista biologico e fisiologico dovrei essere in piena ascesa, ma la narrazione di un declino economico, demografico, culturale, ambientale… è quella che pervade la società che ho attorno da quando ne ho memoria.
In questi ventitré anni ci sono stati attentati, un paio di crisi economiche, una pandemia, guerre più o meno vicine e più o meno interessanti per la stampa, crisi idriche che, come tutti gli effetti del climate change, nel prossimo futuro diventeranno più gravi e altri eventi negativi che, fortunatamente non mi hanno toccato in prima persona, ma nell’insieme hanno creato un’atmosfera che pesa come un fatto concreto: la convinzione che le cose stiano andando sempre peggio.
Due guerre mondiali e altrettanti disastri non avevano distrutto né demotivato la generazione che ha dovuto ricostruire.
Con fatica e determinazione nonni e bisnonni hanno percorso in salita la china dal fondo del burrone senza concedersi attenuanti.
Noi, che rispetto a loro siamo nati sulla cima della montagna, da un lato, è vero, vediamo più lontano, ma, a meno che qualcuno scopra come spiccare il volo, abbiamo la sensazione che non esistano opportunità per salire più in alto e le alternative siano camminare in cresta cercando di mantenere l’equilibrio oppure cadere lungo uno dei due versanti.
È da generazioni che i figli arrivano a star meglio dei genitori. Noi siamo i primi che temono di non riuscire a mantenere lo stesso tenore di vita quando non ci saranno più loro a sostenerci.
Mia madre a 26 anni aveva due lavori, una casa e un marito.
Mia sorella a 31 anni ha 3 lauree e un master, ma vive ancora con noi e si domanda se non sia il caso di congelare gli ovuli per poter avere figli quando e se avrà una stabilità economica e affettiva.
Se la felicità un tempo consisteva nel salire anche solo di un metro, oggi, ci si organizza per non farsi troppo male cadendo.
Adulti a basso budget, ultimi attori di una storia senza lieto fine, cercano di fare del malessere un’arte e per avere quello è ritenuto il minimo indispensabile devono cavare il meglio dal peggio.
Mi piacerebbe poter dire che siamo passati dall’avere speranza nel futuro ad averne paura, ma la verità è che molti dei miei coetanei verso il futuro provano solo un senso di estraneità, come se fosse un disastro a cui non potranno partecipare e al quale forse non vogliono neanche assistere.
Nel 2005, durante un discorso tenuto a una platea di neolaureati, Steve Jobs diceva: “Siate affamati, siate folli”.
Oggi l’Italia ha uno dei tassi di disoccupazione giovanile più alti in Europa e le malattie mentali sono in costante aumento.
Forse lo abbiamo preso troppo alla lettera.
Come rispondere alla politica della rabbia: il dibattito su Appunti
I sostenitori della democrazia liberale sembrano destinati a diventare una frustrata minoranza, per effetto della rapida scomparsa dei partiti più moderati, per l’ascesa delle destre radicali e per l’affermarsi di figure e forze anti-sistema, non più soltanto populiste ma anti-democratiche.
Da Donald Trump negli Stati Uniti, ad Alternative für Deutschland in Germania, a Nigel Farage in Gran Bretagna, a Marine Le Pen e Jordan Bardella in Francia.
Questo rinnovato successo delle foze più antidemocratiche ha colto molti di sorpresa e suscita sconcerto.
Cosa si può fare? Ne discutiamo su Appunti per tutta l’estate.
Grazie all’autore per l’accurata quanto efficace analisi. La miopia della mia generazione che cerca di conservare quanto ottenuto mi fa sentire a disagio.
Il mio commento ,pubblicato (che tra l'altro ha ricevuto 2 like), e' sparito. Come mai ?
Francesco Del Zotti