Il porno non è sesso
NESSUNA - La rubrica di Anna Menale per Appunti su donne e questioni (e violenza) di genere: il nuovo libro di Lilli Gruber e la sua denuncia del lato più oscuro del porno. Un sondaggio per capire
I giovani vogliono un’educazione sessuale nelle loro scuole, e chi è meno giovane crede che i giovani debbano averla per formare una coscienza sul sesso
Anna Menale
L’industria pornografica - o meglio: il sesso così come è rappresentato nell’industria pornografica mainstream - è l’elefante nella stanza dove si discutono le questioni di genere. Tutti sanno che c’è, ma nessuno ne parla.
Lo fa Lilli Gruber, con la schiettezza che le appartiene da sempre, nel suo libro Non farti fottere. Come il supermercato del porno online ti ruba fantasia, desiderio e dati personali, uscito da poco per Rizzoli.
Io ho cercato di comprendere il punto di vista dei miei lettori e delle mie lettrici al riguardo, proponendo loro un sondaggio sul consumo di pornografia. I dati che ho raccolto dimostrano che i problemi dell’industria pornografica di cui parla Lilli Gruber nel suo libro sono problemi che riconoscono tutti e tutte.
Oggi è molto facile consultare materiale pornografico di ogni tipo online, su siti come PornHub, YouPorn, XVideos, ecc. Spiega Gruber che “il sesso di oggi è una sorta di spot della durata standard di dieci minuti” e “il consumo massiccio e gratuito di queste clip è la base di un nuovo modello economico che ha diversi obiettivi": attrarre consumatori e ricavare profitti.
Di pornografia scriveva nel 1989 anche il critico letterario Fredric Jameson in Postmodernismo, o logica culturale del tardo capitalismo nel quale parlava delle caratteristiche “offensive" della rivolta postmoderna - tra cui il materiale esplicitamente sessuale - che vengono “accettate con compiacenza", visto che si sono “istituzionalizzate e uniformate" alla cultura ufficiale della società occidentale.
Nell’industria pornografica mainstream c’è il consumo, sfrenato e di massa, di un tipo di materiale che fa parte di un contesto in cui poche realtà detengono il potere e sfruttano i lavoratori, con l’obiettivo di standardizzare i contenuti e massimizzare i profitti.
E siamo davvero sicuri che il materiale che possiamo trovare sui siti pornografici più e meno noti sia girato e pubblicato con il consenso dei protagonisti e delle protagoniste? La risposta è no.
Lilli Gruber racconta le inchieste del canale televisivo tedesco Funk e del settimanale Der Spiegel sul sito xHamster, in cui si possono trovare dei video girati all’insaputa dei protagonisti - soprattutto donne - caricati dai partner per soddisfare “una tendenza voyeuristica assai comune nel pubblico maschile”.
I moderatori che lavorano per xHamster dovrebbero occuparsi di controllare se i contenuti pubblicati rispettino le norme ma in realtà pubblicano un po’ di tutto.
Sul New Tork Times Nicholas Kristof si è occupato di PornHub e ha scoperto che sul sito ci sono dei video che mostrano violenze su minori, molte donne gli hanno raccontato di essere state costrette ad avere rapporti sessuali o di essere state filmate di nascosto da amici che hanno poi caricato online i video delle violenze subite.
Un altro problema che emerge nel libro di Lilli Gruber è la violenza subita dalle donne sui set pornografici.
La testata slovacca Denník N ha pubblicato un’inchiesta con le testimonianze di varie ragazze che hanno lavorato per le produzioni di Legalporno: sostengono di non essere state informate con il dovuto preavviso sulle performance richieste, e di essere state quindi costrette sul set a esporsi a pratiche violente. Alcune di loro raccontano di essere rimaste ferite.
Pornografia e femminismo
Il femminismo ha sempre avuto un rapporto conflittuale con la pornografia, anche per la rappresentazione delle donne e dei loro corpi, che spesso sembrano soltanto oggetti che accompagnano il piacere maschile. Il tipo di amplesso rappresentato nei porno dell’industria pornografica mainstream è fallocentrico.
Per usare le categorie della filosofa e psicanalista Luce Irigaray in Speculum. L’altra donna, il fallo è la pienezza, la vagina è il vuoto, la passività. La donna è posta in secondo piano rispetto all’uomo, e così il suo piacere.
La pornografia è uno dei prodotti del patriarcato, anche se certo non l’unico. Non è la pornografia che ha creato il patriarcato, ma è il patriarcato che ha creato la pornografia.
Nel 1981 la teorica del femminismo radicale Andrea Dworkin ha pubblicato Pornografia. Uomini che possiedono le donne in cui sostiene che qualsiasi tipo di pornografia si basa sull’esercizio di un potere, patriarcale, dell’uomo sulla donna e quindi, come spiega la professoressa di filosofia politica Adriana Cavarero nel manuale Le filosofie femministe, costituirebbe "un reato in quanto danneggia la donna e viola i suoi diritti civili".
In un’intervista del 1984, l’avvocata e attivista Catharine MacKinnon, un’altra esponente del femminismo anti-pornografia, diceva che "la pornografia è una pratica, non soltanto idee o fantasia" e che non è poi così complicato comprendere il "legame tra atteggiamenti [pornografici] e comportamenti [degli uomini]".
Nello stesso periodo si sviluppa in altri ambienti femministi l’idea di voler creare una pornografia femminista che non svilisca il piacere femminile, ma che possa permettere alle donne di riappropriarsi di questo piacere e della sua rappresentazione. È il “postporno”, termine coniato nel 1990 dall’artista olandese Wink van Kempen per uno show dell’attrice pronografica Annie Sprinkle.
Valentine aka Fluida Wolf, transfemminista e attivista postporno, ne parla in un libro pubblicato nel 2020 Postporno. Corpi liberi di sperimentare per sovvertire gli immaginari sessuali: la postopornografia vuole mettere in crisi tutto l’apparato pornografico mainstream, che si fonda sull’imposizione di ruoli definiti (la donna è "lì esclusivamente per dare piacere all’uomo e spesso per essere degradata" e c’è la "riaffermazione della dominazione culturale e politica del piacere maschile eterosessuale bianco").
Wolf scrive che tutti quei corpi rappresentati come oggetti nella pornografia mainstream diventano soggetti nel postporno: donne, lesbiche, gay, trans, minoranze sessuali, corpi non conformi, non bianchi, non binary, persone disabili, tutti.
Il filosofo Paul B. Preciado, che si occupa di sessualità e pornografia, in un’intervista ha approvato questo approccio: "Le donne e le minoranze si riappropriano del dispositivo pornografico e delle sue tecnologie di produzione e di rappresentazione e piacere per mettere in discussione lo sguardo dominante".
Un nuovo rapporto col sesso
Il sondaggio sul consumo della pornografia che ho creato si chiama “consumo della pornografia tra i giovani”, ma hanno risposto 81 persone - 66,7% donne; 29,6% uomini; 3,7% non binary - dai 15 ai 56 anni, quindi il campione è risultato più vasto rispetto al pubblico giovanile.
Il sondaggio è stato diffuso sui social, gruppi universitari, gruppi Whatsapp, ecc.
Domanda 1. Guardi i porno?
Il 66,7% ha risposto “sì” e il 33,3% ha risposto “no”.
Domanda 2. Se sì, quanti porno guardi in una settimana?
Le risposte a questa domanda sono state varie da “meno di uno” a "5/7". Qualcuno ha scritto risposte più lunghe: "A volte un paio, a volte non ne vedo affatto per settimane. Spesso preferisco racconti erotici rispetto ai video porno".
Domanda 3. Quale tipologia di porno guardi?
Anche qui le risposte sono molto varie: c’è chi guarda "ciò che capita", chi guarda "gang bang", altri "lesbo o a 3", altri ancora "amatoriali", qualcuno "fetish, bondage", "hardcore", "vaniglia, bondage, gay", "masturbazione maschile, sesso amatoriale tra donne", "bdsm", moltissimi "threesome".
Domanda 4. Hai mai utilizzato o hai mai pensato di utilizzare i filmati pornografici per imparare a fare sesso?
Qui il 59,3% ha risposto “no” e il 40,7% ha risposto “sì”.
Domanda 5. Secondo te il tipo di amplesso rappresentato nei porno è reale? È, cioè, simile a ciò che potresti fare anche tu in coppia con il/la/* partner o no?
Il 79% ha risposto “no” e il 21% ha risposto “sì”.
Tra le motivazioni di chi ha risposto “sì” emergono delle convinzioni che sicuramente una giusta educazione sessuale potrebbe contribuire a migliorare: “Non vedo differenze tra la mia vita sessuale e quella che vedo in un porno”.
Oppore: “Il sesso è lo stesso per tutti, il porno è solo una rappresentazione delle tante cose che si possono fare dove una coppia può decidere se farle o meno”.
Tra le motivazioni di chi ha risposto “no”, invece, c’è:
"Perché credo che il sesso non sia una performance, il porno ha abituato all'idea di sessualità come un palcoscenico in cui dimostrare dimensioni, durata, bravura. Nella realtà il sesso è fatto di persone, emozioni, sensazioni, preferenze, corpi non conformi, desideri e voglie che non sono contemplati nel porno mainstream".
"Il materiale pornografico, a meno che non sia ethical porn o amatoriale, ha una visione fallocentrica, pertanto l'orgasmo è amplificato e irrealistico e fatto per soddisfare il bisogno maschile, senza quindi minimamente considerare la possibilità che il porno sia fruito anche da un pubblico femminile".
Domanda 6. Come descriveresti la rappresentazione della donna - e del suo corpo - nei porno?
Ecco alcune risposte:
"Sempre molto sessualizzato, giustamente. È una riproduzione infedele del corpo della donna "normale" (passatemi il termine per indicare, generalmente parlando, chi non prende attivamente parte nel mondo della pornografia), con il solo fine di eccitare il pubblico maschile. È evidente che ai porno attori del sesso opposto non è riservato lo stesso trattamento".
"Un oggetto per il piacere maschile, esaltato ed esagerato per poter far godere il più possibile l'altra persona. Le cose che non si possono vedere (reazioni interne) vengono esplicitate con reazioni (facce, suoni) in modo che niente vada perso".
"Il corpo femminile è soltanto un oggetto, un giocattolo ripulito e lucidato a cui si può fare ciò che si vuole, come si vuole, quanto si vuole. Non solo questo giocattolo non può controbattere o rifiutarsi di partecipare, ma deve provare piacere (o fingere) o addirittura chiedere che le venga fatta qualsiasi cosa senza rispetto per i propri limiti, anche con violenza".
Domanda 7. Con la tua famiglia parli/hai mai parlato di sesso?
Il 65,4% ha risposto “no” e il 34,6% ha risposto “sì”.
Domanda 8. Sarebbe importante fare educazione sessuale nelle scuole?
Qui il 97,5% ha risposto “sì” e il 2,5% ha risposto “no”. Tuttavia mi ha colpito la motivazione di uno dei partecipanti che ha risposto “no”: “Così diventa noioso qualcosa che noioso non è (fonte: Vittorio Sgarbi, a parte gli scherzi la condivido in pieno)”.
Chi ha risposto “sì”, invece, ha motivato così la sua risposta:
“Ritengo fondamentale l'educazione sessuale nelle scuole per evitare che ə ragazzə si informino su internet - o altri canali - che potrebbero dare informazioni fuorvianti o incomplete. L'educazione alla sessualità deve essere guidata da professionistə che sappiano di cosa parlano e come parlarne”.
"Fare educazione sessuale è utile non solo per evitare malattie sessualmente trasmissibili, ma anche per sfatare falsi miti sui nostri corpi, evitare inutile terrorismo psicologico e imparare modi utili e sicuri per conoscere il nostro corpo, quello altrui e la nostra intimità".
"Il sesso è presente ovunque: nella società, nella vita digitale, nei prodotti di consumo (film, serie tv, ecc) e ovviamente nella vita delle persone. Seppur non fondamentale (anche se spesso trattato come tale), rimane una componente importante. Ma anche molto delicata, e portatrice di rischi".
"Dovrebbe essere una delle materie fondamentali già alle medie, io stessa sono arrivata ad avere i primi rapporti al liceo senza avere consapevolezza di ciò che stavo facendo e ritrovandomi di conseguenza spesso in situazioni spiacevoli".
Dal sondaggio emerge un dato: i giovani vogliono un’educazione sessuale nelle loro scuole, e chi è meno giovane crede che i giovani debbano averla per formare una coscienza sul sesso.
“Ridurre la conoscenza e la cultura del sesso al porno online, nel silenzio e nell’ipocrisia, significa inquinare la nostra convivenza e ipotecare il futuro delle generazioni digitali”, scrive Lilli Gruber.
Inutile far finta che un problema legato ai modelli proposti dall’industria pornografica mainstream non esista. Tocca a tutti noi parlarne.
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Appunti e Dieci Rivoluzioni: il libro e l’abbonamento omaggio
Visto che in questa fase non riesco a fare molta della tradizionale promozione del libro - tra festival, tv, radio ecc - per gli impegni di lavoro e familiari, vorrei tentare un esperimento, legato alla comunità di Appunti.
Se gli influencer si appellano alla loro comunità per vendere i loro libri, o altra oggettistica, non posso farlo anche io?
Ho pensato questa formula, che - come direbbero gli aridi economisti - allinea tutti i nostri incentivi:
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Mi piacerebbe fare questo esperimento “economico” questa settimana per raccontare poi i risultati già al Salone, ma la cosa resta attiva per tutto il mese di maggio.
Oggi tocca a Leopoldo Palombini, che mi ha chiesto di attivare l’abbonamento omaggio a sua moglie Paola, cui diamo il benvenuto tra le abbonate!
Il Podcast: La Confessione
Ascolta La Confessione, il podcast di inchiesta che rivela per la prima volta da dentro come funziona il sistema di copertura e insabbiamento degli abusi sessuali nella Chiesa cattolica italiana.
Un podcast realizzato da Stefano Feltri, Giorgio Meletti e Federica Tourn, realizzato grazie al sostegno della comunità di Appunti. Con la collaborazione di Carmelo Rosa e la consulenza per musiche ed effetti di Stefano Tumiati.
Ciao Stefano, a (s)proposito di educazione sessuale nelle scuole, non pensi che sarebbe importante inserire un'educazione psicologica di base nelle scuole? Insegnare i rudimenti, come capire il funzionamento della nostra mente, come gestire i propri problemi, ecc. Lo ritengo un aspetto importantissimo e ignorato, che cambierebbe la vita a molti.
Interessante! Ottimo articolo, complimenti ad Anna Menale, come sempre.