Cosa resta di Telegram
LA ZONA GRIGIA - 4. L'inchiesta giudiziaria francese è ancora in corsa, ma ha già ottenuto il suo obiettivo. Pavel Durov ha cambiato le regole della piattaforma e ora darà informazioni ai governi
Con la modifica introdotta, Telegram potrà fornire, non solo indirizzo IP e numero di telefono, ma i contenuti delle conversazioni, a diffrenze di altri sistemi di messaggistica che, non avendo a disposizione i messaggi degli utenti in chiaro, non potrebbero mai consegnarli alle autorità giudiziarie neppure sotto tortura
Laura Turini
Buongiorno a tutte e tutti,
in questi giorni sono un po’ preso dai preparativi per la partenza di Revolution - Il mondo cambia ogni giorno, la trasmissione-podcast di Radio3 che parte lunedì 30 settembre (in diretta alle 19.45, poi su Rai PlaySound e dal mattino su Spotify e tutte le piattaforme).
Vorrei invitare tutta la comunità di Appunti a partecipare alla diretta che faremo dal profilo Instagram di Radio3, domani alle 15, per iniziare a parlare dei temi della trasmissione, per raccogliere i vostri suggerimenti, le vostre proposte.
Se oggi siete a Milano, invece, vi aspetto a un dibattito che si annuncia molto interessante alla libreria Egea, alle ore 18, per parlare di semiconduttori. Se non siete in città, c’è un link per seguire l’evento a distanza. Qui il link, sotto il programma.
Oggi trovate un pezzo importante di Laura Turini che integra la sua serie su Telegram con l’analisi degli ultimi sviluppi. In sintesi: Pavel Durov ha rinunciato a tutte le sue (ambigue) promesse di autonomia e riservatezza e ha cambiato le regole della piattaforma, che ora collaborerà in ogni modo con i governi che lo chiederanno. Laura spiega potenzialità e rischi della svolta.
Così la Francia segna anche un importante precedente: se vuoi trattare con un oligarca digitale che si sente onnipotente, meglio prima arrestarlo e poi aprire la discussione (un promemoria per Giorgia Meloni che invece flirta con Elon Musk).
Buona lettura e buona giornata,
Stefano
Leggi le prime puntata della serie di Laura Turini:
La fine del mito di Telegram
di Laura Turini
Mentre in Francia le indagini su Pavel Durov sono ancora in corso, coperte da segreto istruttorio, iniziano a trapelare notizie che fanno presumere che sia in atto una rivoluzione copernicana.
L’autorità giudiziaria tace, ma Telegram fa parlare di se, con una notizia clamorosa che in poche ore ha fatto il giro del mondo.
Da poco è stata pubblicata la nuova Privacy Policy di Telegram che preannuncia l’evoluzione del sistema di messaggistica. Ci riferiamo in particolare al paragrafo “8.3. Law Enforcement Authorities” che recita così:
«If Telegram receives a valid order from the relevant judicial authorities that confirms you're a suspect in a case involving criminal activities that violate the Telegram Terms of Service, we will perform a legal analysis of the request and may disclose your IP address and phone number to the relevant authorities. If any data is shared, we will include such occurrences in a quarterly transparency report published at: https://t.me/transparency."
D’ora in poi quando Telegram riceverà un ordine da parte dell’autorità giudiziaria che confermi che un utente è sospettato di essere coinvolto in attività criminali, effettuata una verifica legale interna della violazione dei suoi termini d’uso, consegnerà i numeri di telefono e gli indirizzi IP degli utenti coinvolti alle forze dell'ordine.
Si tratta di una vera rivoluzione, non del tutto inaspettata.
Come abbiamo scritto su Appunti, la famosa privacy inossidabile di Telegram era legata al tenue filo della volontà del suo fondatore di non volere rivelare informazioni sui propri utenti a terzi, mentre dal punto di vista tecnico non ha mai offerto garanzia di riservatezza, in quanto i dati scambiati su Telegram sono per la stragrande maggioranza in chiaro e non criptati.
Le conseguenze di questo tecnicismo si vedono adesso. Con la modifica introdotta, Telegram potrà fornire, non solo indirizzo IP e numero di telefono, ma i contenuti delle conversazioni, a diffrenze di altri sistemi di messaggistica che, non avendo a disposizione i messaggi degli utenti in chiaro, non potrebbero mai consegnarli alle autorità giudiziarie neppure sotto tortura.
È lo stesso articolo 8.3 ad informare gli utenti che, una volta ricevuta la segnalazione da parte delle autorità, Telegram potrà fornire anche tutte le informazioni che saranno contenute in un “transparency report” pubblicato su un apposito canale di Telegram.
Gli utenti sono invitati a segnalare il materiale illegale, di cui sono venuti a conoscenza, utilizzando un apposito bot, @searchreport, che è in fase di aggiornamento, ma che sarà presto pefettamente funzionante.
Le segnalazioni saranno valutate e filtrate da un gruppo i moderatori, probabilmente gli stessi che stanno lavorando al miglioramento della funzione di ricerca, allo scopo di disincentivarne un utilizzo per trovare materiali illegali o pericolosi.
Durov ha affermato che i moderatori si avvalgono di sistemi di intelligenza artificiale per identificare e rimuovere "contenuti problematici" dalla funzione di ricerca, che sono state modificate alcune definizioni e che è stata disabilitata la funzione “Persone Vicine” ed è stata sospesa la possibilità di diffondere contenuti multimediali sul blogging anonimo.
La resa di Durov
In un post su Telegram, Durov ha ribadito che queste modifiche hanno lo scopo di dissuadere i criminali dall'abusare della funzione di ricerca che consente di cercare canali e bot pubblici, e che non deve essere usatta per scambiare prodotti illegali, affermando che «Non permetteremo che malintenzionati compromettano l'integrità della nostra piattaforma per quasi un miliardo di utenti».
Al di là di quelli che saranno gli esiti dell’indagine in corso, questa presa di posizione ha il sapore di una resa e, per certi versi, di un’ammissione di colpa. Correre ai ripari, adesso, dimostra l’assoluta arbitrarietà del precedente atteggiamento assunto da Durov negli scorsi anni e la fragilità di un sistema che si basava sulla volontà di un uomo solo, piuttosto che su una solida infrastruttura tecnica di cybersicurezza.
La domanda su che cosa ne sarà di Telegram è quindi più che legittima, insieme a quella della sorte della immensa quantità di dati, in chiaro, nelle mani del suo titolare. Tutto il materiale che è stato condiviso tranquillamente fino ad oggi, da parte di utenti convinti di vivere nel mondo idilliaco della libertà assoluta, adesso potrebbe andare a comporre il transparency report che sarà messo a disposizione dell’autorità giudiziaria, con non pochi effeti secondari.
Il concetto di “sospetto in attività criminali” è molto ampio e può essere interpretato in modo diverso dalle single autorità nazionali non solo a livello semantico, ma sostanziale in relazione al tipo di illecito ravvisato.
Ci sono attività considerate criminali in uno stato e lecite in un altro, con conseguente cortocircuito per il portale che sarà probabilmente costretto a fornire sempre le informazioni richieste, senza fare alcun esame di tipo comparatistico.
Pavel Durov sembra giunto a miti consigli, in una sorta di ravvedimento operoso, per salvare se stesso, ma legato al suo destino c’è quello di molte altre persone e, perfino, delle istituzioni che, in molti paesi del mondo hanno utilizzato Telegram per svolgere i loro compiti. Sembra che il Centro Nazionale di Coordinamento per la Sicurezza Cibernetica (NCCC) dell'Ucraina abbia già vietato l’utilizzo di Telegram da parte delle autorià governative e militari, ravvisando gravi rischi per la sicurezza.
Il cambio di rotta, così netto e temuto, tanto che fin dal momento del suo arresto in Francia sono subito intervenuti governi, come la Russia e gli Emirati Arabi a difesa di Pavel Durov, non fa dormire sonni tranquilli. Che Durov si sia deciso a collaborare per reprimere reati gravissimi, è senz’altro una buona notizia, che questo possa minare la sicurezza di dissidenti politici lo è meno.
La vicenda apre però anche un altro importante capitolo, sempre troppo trascurato, legato allo strapotere delle piattaforme che usano gli utenti a loro piacimento senza rispetto, al punto da cambiare una policy sostanziale come questa, dall’oggi al domani, senza preavviso.
Così, chi si è affidato a Telegram fidandosi delle sue promesse di anonimato, adesso rischia la gogna collettiva e forse la vita, magari per il fatto di essersi ribellato alle norme di un regime dittatoriale che lo etichetta come pericoloso criminale e che adesso potrebbe pretendere di avere tutti i suoi dati.
4.
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Questa sì che è una bella notizia! Son proprio curiosa di vedere gli sviluppi di questa storia. Grazie a Laura Turini che si occupa di questioni interessantissime con professionalità e chiarezza!!!
Perdonami Stefano, ma il profilo Instagram è di rai3 o di radio3?