Un Nobel per l’intelligenza artificiale?
In questi giorni si consegnano i premi per Fisica, Chimica e Medicina ai vincitori. Che sono esseri umani. Per ora
Possiamo dunque gioire nella speranza che saremo affiancati nell’importante ruolo di trovare una cura per delle malattie che ci resistono da anni? O dobbiamo essere preoccupati all’idea di essere sorpassati in alcuni compiti che preferiamo ritenere esclusivamente umani?
Nello Cristianini
In questi giorni a Stoccolma si consegnano i premi Nobel, e oggi si terranno le lezioni dei premiati per la Fisica, Chimica e Medicina. E’ un buon momento per considerare questa domanda, solo all’apparenza assurda: possiamo immaginare che un giorno un’intelligenza artificiale vinca il premio Nobel per una scoperta scientifica? La risposta potrebbe dipendere da questioni più burocratiche che tecniche.
Il premio è stato istituito dal testamento di Alfred Nobel, che spiegava come usare gli interessi prodotti dall’enorme capitale che lasciava:
“L'interesse deve essere diviso in cinque parti uguali e distribuito come segue: una parte alla persona che ha fatto la scoperta più importante oppure invenzione nel campo della fisica; una parte alla persona che ha fatto la scoperta o il miglioramento chimico più importante; una parte alla persona che ha fatto la scoperta più importante nel campo della fisiologia o della medicina”.
Il testamento continuava indicando anche un premio per la Letteratura, e uno destinato “alla persona che ha fatto di più o di meglio per promuovere l’amicizia tra le nazioni, l’abolizione o la riduzione degli eserciti permanenti e l’istituzione e la promozione di congressi di pace”.
Non è lontano il giorno in cui dovremo decidere che cosa si debba intendere per persona: non solo una persona fisica, a quanto pare, dato che da anni “il premio Nobel per la pace potrà essere assegnato anche a istituzioni e associazioni”.
Il prossimo traguardo per l’IA è quello degli “agenti autonomi”, ovvero dispositivi in grado di perseguire obiettivi complessi nel lungo termine: se si debba attribuire loro lo status di “persona giuridica” è una conversazione già aperta da tempo, e verrà risolta dai Parlamenti quando i tempi saranno maturi.
Ma non dimentichiamo che - per vincere un premio Nobel - una IA dovrà anche essere in grado di dare dei contributi scientifici al livello richiesto, ovvero il massimo livello. Possiamo aspettarcelo?
Già i premi di quest’anno ci indicano un mondo in cui le scoperte scientifiche avvengono in stretta collaborazione con l’IA.
Quello per la chimica viene condiviso da Demis Hassabis e John Jumper di Google DeepMind “per la previsione della struttura delle proteine”, una scoperta descritta dalla Fondazione Nobel con queste parole:
“Fin dagli anni Settanta, i ricercatori avevano cercato di prevedere le strutture proteiche dalle sequenze di amminoacidi, ma questo era notoriamente difficile. Tuttavia, quattro anni fa, ci fu una svolta sorprendente. Nel 2020, Demis Hassabis e John Jumper hanno presentato un modello di intelligenza artificiale chiamato Alpha Fold 2. Con il suo aiuto, sono stati in grado di prevedere la struttura di praticamente tutti i 200 milioni di proteine che i ricercatori hanno identificato”.
Alpha Fold 2 non conosce la chimica in senso tradizionale, ma ha imparato a risolvere quel problema studiando molti esempi di proteine.
L’algoritmo che ha usato per apprendere si chiama Backpropagation, ed è alla base di tecnologie rivoluzionarie come GPT e le automobili autonome. Il suo co-inventore Geoff Hinton riceverà quest’anno il premio Nobel per la Fisica.
Quello per la Medicina verrà assegnato per la scoperta del microRNA, che è avvenuta con metodi tradizionali negli anni Novanta, ma che è stata poi sfruttata grazie a metodi algoritmici che hanno creato vasti database di microRNA: oggi fare studi genomici mediante algoritmi è una prassi che si insegna già all’università.
Questi tre premi Nobel non sono sono dei casi isolati: ci sono situazioni analoghe nella scienza dei materiali, nella creazione di antibiotici, nell’astronomia e perfino nell’archeologia. E’ di questa settimana la notizia che Google DeepMind ha creato il migliore strumento al mondo per le previsioni meteo: ancora una volta, usando metodi di IA.
Spesso usiamo algoritmi intelligenti in problemi in cui si deve considerare un gran numero di ipotesi, ovvero eseguire uno “screening”. Dobbiamo considerare questo tipo di studi come “contributi scientifici” del massimo livello? O vogliamo insistere che una scoperta avvenuta in questo modo sistematico non sia un segno di creatività scientifica?
Senza sminuire il ruolo di alcuni grandi scienziati, ricordiamo che lo screening sistematico – questa volta effettuato da esseri umani – è alla base di molte scoperte da Nobel, per esempio quella dell’artemisinina come importante trattamento antimalarico (risultata nel premio Nobel del 2015).
Possiamo immaginare un’IA che faccia un passo in più, generando congetture e poi sviluppando piani per verificarle, ovvero progettando un esperimento? Penso che la capacita’ di leggere e collegare milioni di articoli scientifici ci portera’ molto presto in quella situazione.
Non dimentichiamo che proprio il farmaco antimalarico artemisinina è stato scoperto da Tu Youyou durante un enorme processo di screening di candidati, ma era stato inizialmente incluso nella lista perché era menzionato in testi antichi di medicina tradizionale cinese.
Quanta gente è in grado di combinare conoscenze di chimica con quelle di biologia con quelle dei testi tradizionali? Bene, una macchina potrebbe essere di grande aiuto in questo caso.
Sono passati solo due anni dall’introduzione di Chat GPT, e già stiamo iniziando a prendere sul serio i suoi discendenti come strumento di ricerca, Cosa potranno fare tra venticinque anni?
Un gruppo di scienziati dell’Alan Turing Institute del Regno Unito ha già lanciato questa sfida: “Invitiamo la comunità a unirsi a noi nello… sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale in grado di realizzare scoperte scientifiche di qualità Nobel”. Secondo la Turing-Nobel Grand Challenge, questi progressi da parte di un’intelligenza artificiale potrebbero essere compiuti “in modo altamente autonomo a un livello paragonabile, e forse superiore, a quello dei migliori scienziati umani entro il 2050”.
Possiamo dunque gioire nella speranza che saremo affiancati nell’importante ruolo di trovare una cura per delle malattie che ci resistono da anni? O dobbiamo essere preoccupati all’idea di essere sorpassati in alcuni compiti che preferiamo ritenere esclusivamente umani? Questa conversazione avrà luogo molto prima di quello che ci immaginiamo.
Nello Cristianini è autore di Machina sapiens. L'algoritmo che ci ha rubato il segreto della conoscenza (Il Mulino 2024)
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Nello Cristianini è professore di Intelligenza Artificiale all’Università di Bath, è autore anche del volume La scorciatoia (Il Mulino, 2023), e di una serie di saggi e articoli specialistici sul tema dell’intelligenza artificiale, apprendimento automatico, analisi del linguaggio, conseguenze sociali dell’adozione delle tecnologie intelligenti.
Certo fa una certa impressione: mentre diamo Nobel alla IA o, meglio, ai ricercatori vicini all'intelligenza artificiale, siamo sempre pù impotenti rispetto alla stupidita e bestialità naturali dell'uomo, sempre più immerso nelle sabbie mobili di povertà diffusa, guerre, dittatori, clima impazzito e migrazioni bibliche che vogliamo gestire con il cucchiaino.
No, please, meno IA, soprattutto se questa é incapace rispetto all'aumento della stupidita naturale umana
Francesco Del Zotti