Soltanto inutile e dannoso?
Niente quorum, niente rottamazione della stagione di Renzi, molti più no del previsto al quesito sulla cittadinanza. Con le analisi di Francesca Coin e Andrea Morrone
Lo strumento del referendum abrogativo è stato pensato per dare ai cittadini una leva per contestare leggi approvate dal Parlamento e dalla maggioranza in carica. E' sempre di più diventato uno strumento a disposizione di partiti o di sindacati per lotte politiche, uno strumento della partitocrazia
Andrea Morrone
Ci sono sconfitte, come quella di Jannik Sinner contro Carlos Alcaraz ai Roland Garros, che hanno una dimensione epica. E altre che indicano semplicemente che la battaglia era inutile, perfino dannosa.
Il referendum dell’8-9 giugno si è chiuso come quasi tutti si aspettavano: senza il quorum, anzi con un quorum lontanissimo. L’affluenza è stata al 30,6 per cento. Ma l’analisi dei risultati indica che la consultazione si è rivelata quasi certamente dannosa per i promotori.
La maggioranza del Paese non considera prioritarie le battaglie sul lavoro promosse dalla Cgil, tra i pochi che sono andati a votare, si scopre che il tema dei tempi della cittadinanza per i cittadini extra-comunitari è più divisivo del previsto.
Inoltre, il governo si considera vincitore, la maggioranza del centrodestra vuole riformare il referendum abrogativo per alzare il numero delle firme necessarie a promuoverlo.
Eppure, il segretario della Cgil Maurizio Landini, che è il primo sconfitto di questa battaglia referendaria, sostiene al contempo che c’è una “crisi democratica” in Italia perché molti dal governo hanno promosso l’astensione, ma anche che nonostante questo, tutto sommato, è andata bene perché quelli che hanno partecipato al referendum sono più di quelli che hanno votato per il centrodestra tre anni fa.
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