Rispondere alla rabbia razzista: il caso Gran Bretagna
Il punto non è che alla base delle rivolte ci fossero notizie false - l'assassino di tre ragazzine non era un migrante - ma che nella società ci siano quelle pulsioni. Per ci sono anche gli anticorpi
Tutto questo può succedere anche in Italia? Sì. Possono succedere sia le rivolte che la reazione civica. La destra di governo ha scelto quella inglese come modello: per anni Matteo Salvini con la Lega ha inseguito Nigel Farage e il suo successo con la Brexit, Giorgia Meloni preferiva l’ex premier Rishi Sunak e il suo piano illegale - e immorale - di deportare i migranti in Ruanda, un po’ come l’Italia vuole fare in Albania
La Gran Bretagna è diventata il laboratorio per discutere della politica della rabbia e di come risponderle. Il dibattito che stiamo avendo qui su Appunti in questa calda estate 2024 non è accademico, non riguarda categorie della filosofia politica, ma della cronaca: come si risponde alla rabbia? Bisogna capirla, assecondarla, contrastarla, reprimerla?
Vorrei provare a usare alcune delle idee che sono emerse nella discussione su Appunti per discutere quello che succede nel Regno Unito, come mi ha sollecitato a fare qualche lettrice (in particolare Silvia Bianco).
I fatti sono semplici e complicati, come spesso accade. Il 29 luglio a un party a tema Taylor Swift - la cantante globale di cui abbiamo scritto su Appunti - tre ragazzine vengono uccise nella città di Southport, nell’Inghilterra del nord. Altri otto ragazzi risultano feriti in modo serio e pure due adulti.
La polizia arresta un minorenne, un ragazzo di 17 anni, del quale non divulga l’identità, come spesso accade in Gran Bretagna dove c’è una tutela degli indagati molto diversa che in Italia (spesso restano coperti perfino i nomi di politici coinvolti in scandali sessuali o di corruzione).
Questa pur apprezzabile riservatezza sulle generalità del colpevole, innesca una serie di speculazioni. Sui social si diffonde la notizia - falsa - che si tratti di un migrante musulmano arrivato con uno degli sbarchi che tanto ossessionano la politica inglese (e che lì chiamano small boat).
La polizia smentisce, dice l’attentatore è nato in Gran Bretagna, che non considerano la strage un atto di terrorismo. Nel frattempo si scatenano proteste contro immigrati e musulmani, due categorie non necessariamente sovrapposte in un Paese con immigrazione e rapporti coloniali secolari.
A Liverpool un giudice decide di divulgare il nome dell’accusato, Axel Rudakubana, ha la pelle nera, certo, ma non è un immigrato e non è un musulmano. È figlio di genitori ruandesi, ma è nato in Gran Bretagna.
Il governo di Keir Starmer, laburista, in carica da un mese, ha promesso una reazione durissima contro queste rivolte che hanno una esplicita matrice razzista e xenofoba. Ci sono stati già oltre 400 arresti.
E’ la politica della rabbia, che mette governi e cittadini di fronte agli scomodi dilemmi che stiamo discutendo qui su Appunti.
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