Appunti - di Stefano Feltri

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Rischiamo un'altra crisi dell'euro?

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In Francia il governo Barnier cade perché non c'è una maggioranza possibile per approvare misure che garantiscano la sostenibilità di un debito fuori controllo. Come in Italia nell'estate 2011

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Stefano Feltri
dic 05, 2024
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Rischiamo un'altra crisi dell'euro?
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Un meme diffuso sui social dal gruppo di estrema destra dei Patrioti

Una cosa hanno in comune la Grecia del 2009, e ancor più l’Italia del 2011 con la Francia del 2024: un problema di volontà politica nel garantire la sostenibilità del debito pubblico.

La crisi politica permanente della Francia, certificata dalla caduta del governo Barnier dopo quattro mesi, può causare una nuova crisi dell’euro come quella del 2011-2012? Alla fine questa è la domanda che vale la pena porsi in queste ore confuse mentre la politica francese collassa, di nuovo, su sé stessa.

Per rispondere bisogna considerare due aspetti. Il primo è quanto è grave la situazione delle finanze francesi, la seconda è la possibilità di un contagio al resto della zona euro.

Partiamo dal primo punto. La Francia spende ogni anno, quasi 55 miliardi di euro di interessi, questo è il costo del debito che è arrivato vicino al 110 per cento del Pil. E’ stato più alto in passato, nel 2020, il primo anno della pandemia, era al 115 per cento.

L’andamento del debito francese in rapporto al Pil

Ma in quella fase il tasso di interesse sui titoli a dieci anni, gli Oat equivalenti ai nostri Btp, era addirittura negativo, cioè sotto zero, mentre oggi è intorno al 2.9 per cento. Che non sembra neppure tanto ma è pure sempre lo stesso costo che il debito francese aveva durante i mesi più drammatici del 2011-2012, quando il problema era la Grecia.

A proposito di questo, nei giorni scorsi ha fatto notizia il fatto che il costo del debito della Francia avesse superato per la prima volta quello della Grecia.

Certo, la Grecia di oggi è stata dolorosamente risanata da austerità e riforme e non è più quella che rischiava di uscire dall’euro un decennio fa, ma neppure la Francia di oggi è quella che negli anni dell’eurozona era nelle mani criticabili e criticate ma salde di Nicolas Sarkozy.

Ritorno all’estate 2011

Una cosa hanno in comune la Grecia di allora, e ancor più l’Italia del 2011 con la Francia del 2024: un problema di volontà politica nel garantire la sostenibilità del debito pubblico.

Forse qualcuno ancora ricorda che a innescare la caduta del governo Berlusconi e la crisi dello spread che portò poi al governo Monti fu la scelta della Lega allora guidata da Umberto Bossi di non appoggiare una impopolare riforma delle pensioni proposta dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti nell’estate del 2011.

Quella scelta convinse i mercati che in Italia non c’era la volontà politica per adottare le misure necessarie a rendere sostenibile il debito e dunque l’Italia andava guardata con lo stesso sospetto riservato alla Grecia.

Nel giro di quattro mesi, invece della riforma delle pensioni bocciata dalla Lega, il governo Monti fu costretto a varare la drastica riforma Fornero, scritta in pochi giorni, per evitare il crollo definitivo di credibilità dell’Italia sui mercati finanziari e scongiurare la bancarotta, che era un rischio concreto.

Anche i francesi sono preoccupati per una paralisi dell’economia dovuta a una crisi da debito: la sera prima del voto decisivo sulla sfiducia al governo Barnier, le trasmissioni di approfondimento francesi discutevano se a gennaio le pensioni possono essere pagate anche nel caso non venga approvata alcuna legge di Bilancio, se i dipendenti pubblici riceveranno gli stipendi, quali tasse saliranno in automatico e quali detrazioni fiscali salteranno.

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