Quanto è solido il sistema bancario?
Un anno dopo i fallimenti a sorpresa di Silicon Valley Bank e altri istituti regionali americani, tocca farsi la domanda. Sembra però che vada tutto bene. O quasi
Il fatto che nell’anno intercorso tra i fallimenti bancari della primavera 2023 e oggi non sia successo niente di catastrofico, insomma, non può rassicurarci troppo sul prossimo futuro. Incrociamo le dita
Quindici anni dopo il fallimento di Lehman Brothers, nel marzo del 2023, all’improvviso le banche sono tornate a fallire: negli Stati Uniti alcuni istituti regionali, poco noti ma certo non piccoli: Silicon Valley Bank, Signature Bank, First Republic, Silvergate.
E poi un gigante del credito mondiale, Credit Suisse, in Svizzera, salvata da UBS in un weekend.
Poi del tema banche non si è più parlato, un mese di tempesta, i timori di un nuovo disastro sul modello di quello del 2008, e il rapido ritorno alla normalità.
I messaggi rassicuranti delle istituzioni di supervisione finanziaria erano tutti dello stesso tono: incidenti di percorso possono capitare, la risposta è stata rapida, i danni contenuti. E nessuna banca dell’eurozona, di quelle supervisionate dalla Banca centrale europea, ha vacillato. Il sistema, insomma, è solido.
Un anno dopo i fallimenti bancari del marzo 2023, in effetti, è successo poco, a parte la significativa crescita dei bonus dei banchieri a fronte di risultati positivi con pochi precedenti.
Ma la domanda resta: il sistema bancario è davvero così solido?
All’apparenza sembra andare davvero tutto bene: una dopo l’altra, le grandi banche italiane ed europee annunciano profitti record, dividendi miliardari agli azionisti, grandi piani di riacquisto di azioni proprie per sostenere il titolo in Borsa. Nessun problema all’orizzonte.
Il merito è in gran parte della Bce e dell’aumento dei tassi di interesse: le banche hanno subito alzato i tassi a cui prestano denaro ma non altrettanto al remunerazione sui conti correnti, cioè i tassi che pagano a noi per prestare loro l’attività necessaria a erogare prestiti e mutui. Il margine di interesse è salito, e così i profitti.
Come va in Italia
Il governo italiano ha provato a tassare questi profitti aggiuntivi che considera eccessivi, ma dopo varie polemiche ha disegnato la tassa in modo tale che le banche potevano non pagarla, aumentando invece le riserve. Nessuna banca, infatti, l’ha pagata.
Il Financial Stability Board, un organismo sovranazionale che monitora la stabilità del sistema finanziario, ha da poco pubblicato il risultato della sua analisi dell’Italia e ci ha fatto i complimenti.
Nel 2015, dopo gli anni della recessione seguita alla crisi dell’eurozona, i conti delle banche erano zavorrati da 360 miliardi di crediti deteriorati, i cosiddetti non performing loans, in sigla “npl”.
Sono i crediti che le banche hanno in bilancio ma che difficilmente riusciranno a recuperare, dunque - presto o tardi - vanno svalutati.
A metà 2023 ne erano rimasti soltanto 63,4 miliardi, in percentuale i crediti deteriorati erano scesi dal 16,5 per cento del totale dei prestiti al 2,8 per cento.
E allora perché farsi anche soltanto la domanda se il sistema bancario è davvero solido? Perché anche alla vigilia dei fallimenti del 2023 sembrava che andasse tutto bene, le banche che poi sono crollate in pochi giorni - inclusa Credit Suisse - rispettavano tutti i requisiti di capitalizzazione e gli indicatori di solidità.
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