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Pronti alla guerra?
Appunti di Geopolitica

Pronti alla guerra?

La Commissione europea raccomanda di poter resistere almeno 72 ore. C’è un rischio di attacco dalla Russia o è allarmismo per spingere il riarmo?

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Stefano Feltri
mar 27, 2025
∙ A pagamento
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Pronti alla guerra?
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Voi cosa portereste nel bunker?

La soluzione più fattibile per un intervento europeo in Ucraina è una missione di peace enforcement simile a quella attualmente presente in Libano. I Paesi europei dovrebbero anche sviluppare le capacità per una missione di supporto non combattente, pronta ad aiutare l'Ucraina nel caso in cui la pace o la tregua venissero violate

Andrea Gilli

La polemica del giorno riguarda un piano della Commissione europea per spingere i cittadini e i governi degli Stati membri a essere pronti in caso di crisi: le famiglie dovrebbero avere scorte di cibo per resistere almeno 72 ore nel caso si presentasse la necessità. “Nuove realtà richiedono nuovi livelli di preparazione”, ha spiegato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

Ma preparazione a cosa? Alle nuove minacce “inclusa la possibilità di un'aggressione armata contro gli Stati membri”. Non viene indicato il nome del potenziale aggressore, ma è chiaro il riferimento alla Russia.

In Italia su social e agenzie subito, invece che discutere del merito, si trasforma la questione nell’ennesimo spunto per alimentare lo scontro tra sedicenti pacifisti e presunti bellicisti, una polarizzazione del dibattito che in questi termini esiste praticamente solo in Italia, che non a caso è uno dei Paesi che ha sempre avuto rapporti più stretti e più amichevoli con la Russia.

Il leader del Movimento Cinque stelle Giuseppe Conte, che sta organizzando una manifestazione contro il governo Meloni ma anche contro il riarmo europeo per il 5 aprile, è il primo a schierarsi: “Ci spingeranno a costruire bunker, ad accumulare scorte e riserve di cibo, medicine. Così forse sarà più facile far digerire ai cittadini un folle piano di riarmo da 800 miliardi di euro”.

Il timore per la Russia

In realtà, questo suggerimento delle 72 ore è di parecchio precedente al piano Rearm Europe, che ora ha cambiato nome in Readiness 2030, cioè “essere pronti nel 2030”. Il suggerimento è contenuto nel rapporto dell’ex presidente finlandese Sauli Niinisto, consigliere speciale della Commissione europea, presentato a fine ottobre 2024.

Il modello sono le politiche adottate in molti Paesi nordici che della guerra sono preoccupati eccome, basta ricordare la rapidità con cui Finlandia e Svezia hanno abbandonato la loro tradizionale posizione di sostanziale neutralità per aderire alla Nato rispettivamente nel 2023 e nel 2024.

Il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa ha detto l’altro giorno che il rischio di un attacco della Russia all’Europa è concreto: “Se la Russia considera i confini dell’Ucraina soltanto una linea sulla mappa, perché dovrebbe rispettare i confini di altri Paesi?”.

Ora, i dibattiti sugli eventi futuri sono per definizione problematici. D’altra parte molti governi europei, per non parlare di noti analisti di geopolitica anche italiani, negavano la possibilità dell’invasione dell’Ucraina ancora mentre la Russia di Vladimir Putin ammassava carri armati al confine.

L’amministrazione Biden, a inizio 2022, era arrivata al punto di desecretare documenti della CIA per dimostrare che le manovre erano in corso, ma gli europei non hanno preso sul serio la cosa fino a quando non è stato tardi.

Dunque, è inutile contrapporre oggi certezze su quello che succederà. Anche perché gli eventi futuri sono condizionati dalle scelte presenti: l’idea stessa di deterrenza è quella di armarsi per aumentare il costo del conflitto armato per l’avversario in modo da evitarlo.

Con gli Stati Uniti pronti a concedere a Putin quello che vuole purché metta fine alla fase attuale di combattimenti in Ucraina, non c’è alcuna deterrenza europea convincente, in questo momento.

Ma per costruire deterrenza in Paesi democratici serve un consenso popolare e un mandato a farlo, come dimostra il caso della Germania dove il cancelliere entrante Friedrich Merz ha chiesto al Parlamento uscente di cambiare la Costituzione per autorizzare nuovo indebitamento per sostenere anche il riarmo.

Quindi sicuramente la comunicazione della Commissione si inserisce in questo scenario: se i cittadini non sono consapevoli che c’è un rischio concreto che il confronto con la Russia non si limiti all’Ucraina, non sosterranno mai politiche di riarmo che sottraggono risorse ad altre voci di spesa di cui vedono una più immediata necessità, come istruzione, sanità, previdenza.

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