Perseverare è diabolico
Dopo il flop, il governo ha dovuto smentirsi e riaprire i termini del concordato preventivo. Con spot, slogan e lettere minacciose invita a pagare le tasse, nei fatti incentiva l’evasione
Quanto si guadagna se per un decennio si evade e poi si viene scoperti e si ha la possibilità di trattare su cinque anni e senza troppe sanzioni?
Roberto Seghetti
Dice l’adagio che errare è umano e perseverare diabolico. Ma sul tema delle tasse il governo non aveva altre possibilità che perseverare nell’errore, a meno di non dover ammettere platealmente il fallimento e soprattutto l’inefficacia della politica del fisco amico, cavallo di battaglia del viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ma condiviso da tutte le forze politiche che sostengono il governo.
Da qui la riapertura dei termini per il concordato biennale fino al 12 dicembre e uno straordinario sforzo di comunicazione per convincere le partite Iva che le probabilità di essere pizzicati in fallo se non si accetta il concordato saranno altissime.
Sforzo imponente di parole e di condono, di pubblicità martellante contro gli evasori, di informazioni teoricamente inquietanti sulla capacità di colpire i reprobi, di lettere minacciose, ma che probabilmente non smuoverà gli evasori, perché la polvere da sparo per la lotta all’evasione è stata bagnata dallo stesso governo e questo coloro che sfuggono consapevolmente al pagamento delle tasse lo sanno benissimo.
Tanto che ora il governo teme non solo un secondo fallimento, ma anche che, nel 2025, a conti fatti, si scoprirà che il fisco amico anziché portare più soldi alle casse dello Stato ne ha fatti perdere.
Ma andiamo per ordine e vediamo i primi risultati e, punto per punto, perché ci sono molte probabilità che lo sforzo del governo fallisca di nuovo.
Il primo flop
Il primo tempo del concordato biennale (non rifaccio qui la storia) si è chiuso con l’adesione di oltre 500 mila partite Iva: 400 mila (su un totale di 2,7 milioni) da contribuenti soggetti agli indicatori sintetici di affidabilità) e il resto (su un totale di circa 1,7 milioni di soggetti) da contribuenti che hanno scelto il sistema forfettario. Oggettivamente un flop, dato che con una serie di misure di avvicinamento progressivo governo e maggioranza alla fine hanno offerto a costoro sconti che vanno dal 60 al 70 per cento del dovuto, oltre a un colpo di spugna tombale da ottenere con pochi spiccioli.
L’incasso previsto alla conclusione del primo step è stato di circa 1,3 miliardi di euro in due anni, dopo che per mesi il governo aveva parlato di una montagna di incassi: 425 milioni di euro per il 2024 e 865 per il 2025. Memento: la sola rinuncia a perseguire l’evasione dal 2018 è stata cifrata in 980 milioni di euro dallo stesso governo.
Dopo di che è cominciata la manovra per riaprire i termini e alla fine lo si è fatto ponendo l’ultima linea al 12 dicembre. Nel frattempo, in televisione e in radio sono passate centinaia di volte le pubblicità contro gli evasori, con la minaccia che ora la pacchia sarebbe finita.
Sono state spedite alcuni milioni di lettere ai singoli contribuenti avvertendoli che lo Stato sa quale sia la loro posizione fiscale, invitandoli ad adeguarla. Sono stati minacciati controlli. E infine, sono stati dati numeri sui risultati già raggiunti con i puntuti accertamenti di quest’anno.
Cominciamo da qui, per capire perché le polveri sono bagnate e gli evasori potrebbero approfittarne senza cedere di un passo.
Quante maggiori imposte sono state accertate grazie ai controlli sugli autonomi? Con un po’ di grancassa l’Agenzia delle entrate ha fatto sapere che nei primi 11 mesi dell’anno i controlli sui contribuenti soggetti agli Isa hanno portato all’accertamento di 1,2 miliardi di tasse in più da versare. Bene. E un grazie al lavoro dei funzionari che hanno svolto questo lavoro.
Il risultato, certamente positivo, va tuttavia contestualizzato. Quante imposte sfuggono complessivamente ogni anno allo Stato da questo variegato mondo di contribuenti? Negli anni tra il 2017 e il 2021, ultimo anno di cui si dispongono informazioni, il gap tra il dovuto e il dato ai soli fini dell’Irpef (poi c’è l’Irap e l’Iva) è stato in media di 31,271 miliardi di euro ogni dodici mesi, nonostante il calo dovuto al 2020 e 2021, periodi di pandemia. Governo dixit nell’ultimo aggiornamento della relazione del ministero dell’economia sull’Economia non osservata (settembre 2024).
Cioè quest’anno lo Stato ha fatto emergere con i propri controlli il 4,15 per cento delle imposte che avrebbe dovuto incassare ai soli fini Irpef e che invece sono rimaste nelle casse degli evasori.
Come dire: per recuperare l’intero gap nel solo settore Irpef ci vorrebbe un quarto di secolo, sempre che, nella battaglia tra guardie e ladri, i ladri si facciano prendere sempre.
Ma attenzione: accertare e incassare sono due cose diverse. L’esperienza indica che chi viene colto sul fatto accetta di avviare una procedura di pagamento che, grazie alle depenalizzazioni, agli sconti di sanzione e alla rateazione fino a 10 anni previste da questo governo, è molto meno impegnativa di prima.
Poi, come ha rilevato più volte la Corte dei conti, accade che, pagate le prime rate, il contribuente colpito scompaia di nuovo, in attesa di un nuovo accertamento, del riavvio delle pratiche.
Ecco dunque una cosa sulla quale riflettere per capire di che cosa si stia parlando: brr, che paura può fare una cosa del genere a uno che, anno dopo anno, concorda con il proprio commercialista come nascondere quanto deve pagare? Quanto si guadagna se per un decennio si evade e poi si viene scoperti e si ha la possibilità di dover trattare su cinque anni e senza troppe sanzioni?
Non solo. Nota è la carenza di organico dell’Agenzia delle entrate, così come è nota la propensione delle forze politiche di questo governo a proporre condoni, colpi di spugna, rottamazioni ad ogni piè sospinto e altrettanto conosciuta è la contrarietà del governo delle destre ad usare fino in fondo l’incrocio tra le banche dati (vedi l’inabissamento del redditometro). Il rischio è oggettivamente basso assai. Ragione per la quale la pubblicità sulla pacchia che è finita per gli evasori è sembrata ad occhi un po’ più smagati perfino un po’ comica.
Lo stesso governo pensa d’altra parte che porterà a casa poco altro. Tanto che dopo mesi di gran cassa sull’uso degli ingenti fondi che sarebbero stati mirabilmente incassati con questo concordato per abbattere le tasse sui redditi medi, ora l’iniziativa viene spostata al 2025.
Anche questa è una tecnica consolidata: prometti, ottieni tanti titoloni sui quotidiani e sui Tg, poi, puf, tutto scompare nel nulla. Ma resta l’idea che tu volevi fortemente tagliare le tasse.
Ma serve a qualcosa?
In questo caso poi, a parte la possibilità di un secondo flop sul concordato, ci sarà da capire se, invece di guadagnarci, lo Stato ci avrà addirittura rimesso: il concordato prevede che l’amministrazione proponga al contribuente di pagare, grazie anche a un forte sconto, le imposte su un imponibile più alto di quello dichiarato nell’anno precedente, ma che nei fatti è molto inferiore alla stima totale del fisco sulla base di banche dati e medie di settore e di luogo.
I contribuenti che hanno già accettato, e gli altri che lo faranno entro il 12 dicembre, in realtà potrebbero dunque aver accettato perché hanno già previsto un notevole progresso di fatturato per il 2024 e il 2025, tale da coprire la richiesta dell’Agenzia delle entrate (a pagamento ridotto) e di avere tasse zero e niente controlli su tutto l’incasso che va oltre.
Senza contare che tutto il terrore sparso a piene mani con montagne di lettere può aver smosso contribuenti che pensano di aver fatto qualche errore o di aver evaso qualcosina, ma certamente non ha smosso la volontà di chi, consapevolmente, ha puntato sull’evasione, cioè di coloro che lo Stato dovrebbe proprio andare a individuare e far pagare.
Vedremo. Ma c’è da sperare che il sistema dell’informazione mantenga viva la memoria e faccia il punto nel 2025, senza lasciarsi imboccare, pezzetto per pezzetto, con notizie, temi e promesse che non abbiano riscontro nella realtà.
Sull’effetto vero del concordato e della politica del fisco amico come sull’effettivo risultato della conferma del cuneo fiscale. Con le buste paga di gennaio e febbraio gli effetti saranno chiari.
Lo spot pubblicitario un poco comico non è destinato agli evasori, bensì agli elettori babbei delle destre al potere, che così credono che gli evasori facoltosi saranno presto nelle catene... ha, ha, ha...
l'Italia è una repubblica fondata sul ...concordato, sulla sanatoria , sulla rottamazione , sull'amnistia e via di questo passo. Non riusciamo ad investire somme decenti sulla scuola e sulla sanità e per questo ci neghiamo uno sviluppo futuro accettabile soprattutto per i giovani. L' opposizione ogni tanto batte qualche colpo ma una campagna martellante su questa indecenza è del tutto assente anche perché poi avrebbe una parte della società contro . E quindi , come nel servizio di Report , se ci danno interessi superiori alla media rispetto a quelli dati alla gran parte dei cittadini fessi, allora accomodiamoci anche noi . Se deputati e senatori sono diminuiti ma le spese sono sempre le stesse , anzi infiliamo di nascosto un emendamento per aumentare i contributi ai partiti possiamo esprimere la meraviglia per il ritrarsi dei cittadini dall' andare a votare ? Buon Natale