Perché il G7 sul clima di Torino è importante
Oggi si apre - tra le proteste - il vertice a presidenza italiana. Deve indicare come attuare l'impegno preso alla Cop28 sull'abbandono delle fonti fossili
Il G7 di Torino sarà il primo momento di verifica per valutare come i Paesi del G7 intendono sostenere la propria transizione e allo stesso tempo sostenere questo sforzo a livello globale
Buongiorno e buona domenica,
oggi torniamo a parlare di clima, grazie alla puntuale analisi di Andrea Ghianda del think tank Ecco che ci spiega cosa si deve decidere al vertice G7 di Torino che per ora ha fatto notizia soprattutto per la protesta di Extinction Rebellion che ha occupato il grattacielo di Intesa Sanpaolo.
Per varie ragioni che prima o poi spiegherò meglio, non mi convincono del tutto queste operazioni, in generale non penso che agire sui fornitori di servizi alle aziende inquinanti sia particolarmente efficace, anche se capisco la logica: si punta sul brand più interessato alla propria immagine.
Il punto è che se non sarà Intesa, ci sarà sempre una banca disposta a finanziare il settore oil and gas, così come ci saranno sempre fornitori di macchine per il caffè, di cancelleria, di sicurezza informatica, di macchinari… Al massimo invece che Intesa passeranno a qualcuno che si farà pagare un po’ di più.
Le soluzioni strutturali sono quelle - come i sistemi di carbon pricing Ets e Cbam - che modificano gli incentivi a investire nei fossili, non le forme di pressione dal basso sui fornitori di servizi, in questo caso finanziari.
Detto questo, poiché Intesa Sanpaolo è assieme a Eni forse il più grande inserzionista della stampa italiana, nonché finanziatore di ogni tipo di evento, manifestazione o think tank, per bilanciare un po’ i rapporti di forza credo sia giusto dare visibilità - nel mio piccolo - agli argomenti di Extinction Rebellion.
Questa la parte del loro comunicato che riguarda Intesa:
È la terza azione di Extinction Rebellion in pochi giorni, dopo lo spettacolo inscenato ieri davanti alla sede RAI (per denunciare le pressioni politiche del governo sui media), e il presidio al museo di Intesa Sanpaolo di mercoledì. Extinction Rebellion vuole infatti portare l'attenzione su come i G7 abbiano scelto di continuare a sostenere il consumo di gas, ampliando il divario tra gli obiettivi politici e gli obiettivi basati sulle conoscenze scientifiche.
Come riportato da ReCommon, dal 2015 a oggi, Intesa Sanpaolo ha sostenuto l’industria fossile con 81,6 miliardi di dollari, risultando nella lista delle prime 40 banche a livello mondiale che finanziano l’espansione di multinazionali che operano nel settore. Il Coral North di Eni, al largo del Mozambico, ad esempio, attualmente in fase di approvazione, rientra tra i progetti cosiddetti “bombe climatiche”, ovvero con un potenziale di emissione di oltre un miliardo di tonnellate di CO2.
E un video:
Poi avrei anche delle cose da scrivere sulla novità politica più interessante della settimana, la chat creata da Massimo Giannini intorno al 25 aprile, con dentro un migliaio di persone che possono fare la differenza nel dibattito culturale. Magari ci torno nei prossimi giorni.
Intanto buona domenica,
Stefano
Fare sul serio dopo Cop28
di Andrea Ghianda
Il mondo è attraversato da una molteplicità di crisi. Un concatenarsi di sfide tra loro interconnesse, hanno portato molti esperti a definire questo periodo con il termine ‘policrisi’.
Ma se riavvolgiamo il nastro al 2008, le priorità della comunità internazionale parevano indicare un corso differente per la politica globale.
In alcuni contesti diplomatici ci si interrogava sull’utilità di continuare a finanziare gli eserciti nazionali, per promuovere un nuovo tipo di cooperazione tra gli stati di fronte all’emergere di sfide nuove in campo di sicurezza.
Oggi, il rapido susseguirsi di crisi, in campo economico, sanitario, energetico e geopolitico hanno riportato al centro del confronto politico un discorso che sembrava aver lasciato il passo a un nuovo corso di politica internazionale.
Un elemento comune di queste crisi è il carattere di breve-medio periodo nel quale si sviluppano le loro conseguenze per le persone. Un secondo e fondamentale elemento che le accomuna è l’avere come sfondo una crisi che per sua natura è invece di lungo periodo, quella climatica.
Alla vigilia del G7 Clima, Ambiente e Energia, in programma a Torino da oggi al 30 aprile, viene da chiedersi se, nell’attuale contesto, abbia ancora senso e se ci siano ancora le condizioni per parlare di clima e transizione energetica.
La risposta è affermativa.
Affrontare la sfida climatica significa realizzare un profondo cambio di paradigma. Talmente profondo da portare con sé mutamenti delle relazioni economiche, politiche e sociali dei prossimi decenni.
I ministri responsabili dell’agenda climatica e energetica delle principali economie occidentali inizieranno il loro confronto – di fatto già avviato nei passati quattro mesi di negoziati portati avanti dagli sherpa – da un punto fermo: l’impegno unanime raggiunto a dicembre alla COP28 di Dubai per l’abbandono progressivo delle fonti fossili: gas, petrolio e carbone.
Il G7 di Torino sarà il primo momento di verifica per valutare come i Paesi del G7 intendono sostenere la propria transizione e allo stesso tempo sostenere questo sforzo a livello globale.
La riunione ministeriale di Torino avvia di fatto il percorso della cosiddetta “strada per Belém”, che si concluderà, per l’appunto a Belém, in Brasile alla Cop30 nel 2025. Momento in cui i Paesi firmatari dell’Accordo di Parigi – a dieci anni dalla storica Cop21 - dovranno presentare nuovi contributi nazionali di riduzione delle emissioni, ovvero gli obiettivi e i piani di decarbonizzazione che saranno attuati da ogni Paese per limitare a 1,5°C il riscaldamento globale.
Da Dubai ad oggi non sono mancati momenti di scambio per la diplomazia climatica, ma di fatto, il G7 di Torino sarà il primo appuntamento che produrrà una dichiarazione pubblica, un comunicato nel quale potremo comprendere il grado di volontà politica per avanzare nell’azione climatica.
Come valutare il vertice
Quali sono quindi gli elementi per giudicare se questo G7 ambiente sarà un successo o meno? Quanto i risultati di Torino influenzeranno gli esiti del Vertice dei Capi di Stato e di Governo in programma in Puglia a giugno?
Innanzitutto si dovrà valutare il grado di ambizione rispetto allo sviluppo di piani di transizione nazionali. Piani che dovranno essere allineati all’obiettivo di contenimento dell’aumento della temperatura di 1,5°C, e dovranno estendersi a tutti i settori dell’economia, compresi quelli più complessi da decarbonizzare: industria manifatturiera nei settori acciaio, plastica e cemento.
In Italia, e nei Paesi europei, questo avviene in parallelo con la finalizzazione dei Piani Nazionali per l’Energia e Clima (PNIEC), che dovranno essere consegnati nella loro versione finale a Bruxelles entro giugno 2023. Piani che tracceranno il percorso verso la definizione dei nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni (NDCs) alla COP30.
Tale percorso di abbandono di carbone, petrolio e gas deve essere accompagnato da un rapido sviluppo delle energie rinnovabili e delle misure di efficienza energetica, le due grandi priorità emerse dalla COP28.
Questo per garantire che la transizione sia sostenibile, garantendo stabilità dei prezzi, e quindi tutela di cittadini, imprese e finanze pubbliche.
In Italia la dipendenza dal gas è costata oltre 90 miliardi di euro tra il 2021 e il 2023, per contenere i danni di una crisi energetica fondata sullo sfruttamento delle fonti fossili.
Passi avanti in questo senso consisterebbero in nuovi obiettivi per lo sviluppo della rete elettrica e delle batterie, infrastrutture e tecnologie abilitanti della transizione del settore elettrico.
Al contrario, un nuovo supporto pubblico per investimenti in gas, oltre ad essere in contraddizione con gli obiettivi climatici, sarebbe dannoso sia per il debito pubblico sia per le bollette di cittadini e imprese, senza apportare reali nuovi benefici per la sicurezza energetica.
Il nodo consumi
Vi è un punto chiave al centro delle discussioni sull’impatto delle scelte di consumo: una transizione capace di affrontare un problema globale, non può limitarsi a politiche su scala locale.
Per questo motivo i Paesi del G7 dovrebbero offrire supporto per facilitare la transizione energetica e la resilienza a livello globale.
Ciò passa da impegni per aumentare i flussi finanziari diretti ai Paesi in via di sviluppo, oltre a una profonda revisione delle regole finanziarie attuali, in particolare per quel che riguarda la gestione del debito e le modalità di accesso ai finanziamenti multilaterali per lo sviluppo.
Nei rapporti con il Sud globale, è inoltre fondamentale che il G7 confermi il proprio impegno per un rafforzamento delle filiere di approvvigionamento delle materie prime critiche per la transizione, che sia in netto distacco dallo sfruttamento predatorio del passato, che è stato troppo spesso la norma nelle relazioni economiche, commerciali e politiche con i Paesi produttori. In questo contesto, il cambio di paradigma appare più che mai necessario.
Nei dibattiti diplomatici sul clima degli ultimi anni è emerso un tema ingombrante, il classico elefante nella stanza: come finanziare la transizione. A Baku, alla COP29 di novembre, si discuterà del nuovo obiettivo collettivo di finanza per il clima (New Collective Quantified Goal on Climate Finance - NCQG).
Tradotto: il budget che sarà messo a disposizione per i Paesi in via di sviluppo e vulnerabili per sostenere gli investimenti necessari a ridurre le emissioni, per l’adattamento e per le perdite e i danni dagli impatti del cambiamento climatico. Dopo gli incontri primaverili della Banca Mondiale e del Fondo Monetario internazionale, che possiamo definire deludenti, considerando i modesti progressi e l’assenza di impegni ambiziosi per affrontare seriamente le sfide globali, il G7 dovrà fornire slancio anche su questo fronte.
L’Italia, come presidenza di turno, è chiamata ad un ruolo di guida. In questo senso non potrà ignorare il legame fra i temi del G7 e la sua strategia di cooperazione allo sviluppo per l’Africa attraverso il Piano Mattei.
Il rischio più grande per l’Italia è quello di dedicare troppa attenzione politica a tecnologie marginali per la decarbonizzazione dell’economia, come i biocombustibili, o del tutto assenti nel sistema italiano, come il nucleare, invece di puntare su soluzioni realmente trasformative per i cittadini e le imprese italiane, come rinnovabili e efficienza.
I biocombustibili avranno un impatto limitato per la decarbonizzazione dei trasporti. Anche raggiungendo le aspirazioni del Governo al 2030, spinte dalle priorità di Eni come primo produttore nazionale, questi raggiungerebbero appena il 15 per cento dei consumi.
Senza considerare l’aggravarsi della dipendenza energetica dalle importazioni: già oggi quasi la metà delle biomasse per la produzione di biocarburanti provengono da Cina e Indonesia. Puntare oggi sul nucleare per l’Italia sarebbe la scelta meno pragmatica e meno economica.
Già oggi tecnologie immediatamente disponibili e con ricadute positive su occupazione locale, come impianti fotovoltaici ed eolici, reti elettriche a batterie, sono più economiche del nucleare, permettendo di decarbonizzare il settore elettrico italiano al 2035, in linea con il preciso impegno G7 che vige dal 2022, in modo sicuro.
La ministeriale di Torino è dunque un momento importante per scegliere come accelerare il futuro tecnologico dei Paesi G7 e porre le basi per nuove relazioni diplomatiche.
Sbagliare ora per conservare interessi costituiti e puntare su tecnologie dai bassi benefici rischia di tradursi in marginalità e irrilevanza nelle dinamiche di mercato del 21esimo secolo e perseguire un modello di sviluppo che fino ad oggi è stato causa dell’esacerbarsi delle tensioni internazionali.
Il cambio di paradigma per le relazioni internazionali, economiche e sociali, può e deve partire dal clima.
Appunti è possibile grazie al sostegno delle abbonate e degli abbonati. E’ con il loro contributo che Appunti può crescere e svilupparsi anche con progetti ambiziosi come La Confessione. Se pensi che quello che facciamo è importante, regala un abbonamento a qualcuno a cui tieni.
Il sondaggio: si può votare questo Pd?
E’ ancora aperto il sondaggio per abbonati all’interno di questo post. Nonostante tutte le delusioni della stagione di Elly Schlein, anche alle europee di giugno bisognerà scegliere il male minore e votare per il Partito democratico? La comunità di Appunti si sta esprimendo.
Il mio nuovo libro
C’è il mio nuovo libro lo trovate qui. E ne ho scritto qui.
Appunti è possibile grazie al sostegno delle abbonate e degli abbonati. E’ con il loro contributo che Appunti può crescere e svilupparsi anche con progetti ambiziosi come La Confessione. Se pensi che quello che facciamo è importante, regala un abbonamento a qualcuno a cui tieni.
Il Podcast: La Confessione
Ascolta La Confessione, il podcast di inchiesta che rivela per la prima volta da dentro come funziona il sistema di copertura e insabbiamento degli abusi sessuali nella Chiesa cattolica italiana.
Un podcast realizzato da Stefano Feltri, Giorgio Meletti e Federica Tourn, realizzato grazie al sostegno della comunità di Appunti. Con la collaborazione di Carmelo Rosa e la consulenza per musiche ed effetti di Stefano Tumiati.