Muoia Sansone
La crisi politica francese che sta per travolgere il governo Barnier affonda nel ricorso costante alla spesa pubblica per rinviare i problemi. C'è dietro un piano di Macron per gestire la destra?
La Comunità europea è un’invenzione della Francia, che ha cooptato la Germania sconfitta per poter riuscire finalmente dove Luigi XIV e Napoleone avevano fallito. Senza la Francia e la Germania, l’Europa non può esistere
Manlio Graziano
«Muoia Sansone e tutti i filistei!». Questo sembra essere il grido di guerra degli oppositori al piano Barnier per un primo timido raddrizzamento della periclitante situazione finanziaria francese.
Se la Francia non riesce a metter mano al suo deficit e al suo debito pubblico, le conseguenze le pagheranno anche gli elettori del fronte di sinistra e del fronte di destra che stanno cercando – seppur separatamente – di impallinare il governo Barnier e, soprattutto, di far naufragare il suo piano di risanamento.
Quel che sorprende è che qualcuno possa sorprendersi di quello che sta succedendo.
La kermesse parlamentare di lunedì 2 dicembre è stata il quasi inevitabile esito di ultima (per ora penultima: si vedrà quel che succede) istanza della somma di una tendenza di lungo e lunghissimo periodo e di una tendenzucola più corta e più meschina in corso dalla sera della dissoluzione dell’Assemblea nazionale, il 9 giugno scorso.
La tendenza di lungo e lunghissimo periodo riguarda l’uso del denaro pubblico per far fronte a qualunque problema. La scuola non funziona più e alimenta discriminazioni e disuguaglianze? Diamo più soldi ai professori. Gli agricoltori protestano perché non vogliono le misure di salvaguardia dell’ambiente? Diamo più soldi agli agricoltori. L’industria X va male e rischia la bancarotta? Diamo più soldi all’industria X. I casi di violenza domestica crescono fuori controllo? Diamo più soldi a polizia e cellule di soccorso psicologico. E così via.
Per non turbare l’ordine sociale, tutti i problemi, dai più grandi ai più piccoli, sono stati affrontati iniettando denaro pubblico. Cosa chiede oggi il Rassemblement national (ex Fronte nazionale) al premier Michel Barnier? Più soldi ai pensionati. E questo nonostante il fatto che, in Francia, i pensionati siano una delle categorie più protette: Le Monde calcola che se dovessero ricevere quanto hanno pagato in contributi durante l’età lavorativa, oggi prenderebbero dal 30 al 50 per cento in meno di quanto ricevono. Ma neanche qui c’è da stupirsi, se si considera che un iscritto su tre sulle liste elettorali è pensionato, ma è uno su due tra i votanti.
Masochismo demografico
È solo un esempio. Ma significativo, per un paese in cui i tassi di fertilità calano più rapidamente che altrove: secondo l’Istituto di statistica INSEE, dai 2,03 figli per donna nel 2010 (il tasso più elevato tra i paesi di più vecchia industrializzazione), si è passati a 1,68 nel 2023 (vedi grafico).
Continuando a fare la guerra agli immigrati, in Francia come altrove, il peso del mantenimento dei pensionati ricade in modo crescente sul numero decrescente di coloro che lavorano.
Secondo un vecchio (2010) studio dell’INSEE, nel 2007 c’erano in Francia 86 persone in «età inattiva» per 100 in «età attiva», che si prevedeva diventassero 114 per 100 nel 2035 (cioè un numero di «mantenuti» superiore a quello dei «mantenitori»); siccome la situazione demografica si è aggravata più del previsto, è possibile che questo rapporto sia destinato a peggiorare. Il che significa che il compromesso generazionale è sempre più a rischio.
La tendenza di lungo e lunghissimo periodo di ricorso sistematico alla spesa pubblica per far fronte a qualsivoglia problema – cominciata alla fine delle Trente Glorieuses, i trent’anni del miracolo economico post-bellico – è dunque chiara, ed è visibile nel grafico che segue:
A questa tendenza, si diceva, si sommano le tendenzucole meschine messe in moto con lo scioglimento del parlamento dopo le elezioni europee.
La scintilla
Se gli storici del futuro avranno voglia di scavare tra gli archivi per scoprire quale sia stata la scintilla che ha innescato la fase finale della caduta della Francia a metà degli anni 2020, forse allora capiranno le ragioni che hanno spinto Emmanuel Macron a sciogliere l’Assemblea nazionale la sera del 9 giugno 2024. Tra le varie ipotesi che si fanno oggi, piuttosto a tentoni, la meno meschina, appunto, sarebbe che Macron abbia voluto irrobustire la propria maggioranza relativa per prepararsi al pressoché inevitabile assalto peronista alla legge finanziaria del 2025.
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