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D'accordo con il "reverendo" (questo vecchio termine va ricordato per quello che dirò dopo), riconosco la generalità del malessere, cioè della mancanza di risposte alle domande, in cui siamo calati tutti. Evito di affrontare le cause dei malessere per affrontare il tema. Quando, per amore di perfezione o per fratellanza umana, una persona decide di uscire dalla folla per dedicare l'intera vita a un senso pieno di speranza, uscendo dalla lotta fratricida in corso tra i suoi simili, cambia aspetto, atteggiamento, motivazioni rispetto agli altri. Ma reta uomo come gli altri. Anche le sue prediche non possono evitare la visione che ha della società, verticale o orizzontale. Gli integralisti, ad esempio, ritengono che l'aver incontrato Cristo, Maometto ecc. lo abbia 'cambiato'. E così il prete è un reverendo. Chi invece porta con sè la sua umanità piena di dubbi e di ricerca delle risposte, per avere le quali sa di aver bisogno degli altri, può essere visto come 'normale'.

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Avatar di Leonardo

Bella riflessione. Mi colloco nella categoria di italiano di "varia spiritualità", con atteggiamento di "stima generica" e "curiosità" verso i preti, e provengo da tradizione familiare cattolica di praticanti occasionali. Mi piace la considerazione che la crisi costringe a pensare in modi nuovi.

Vorrei vedere donne nel ruolo di prete, ma sono sicuro di non vederle entro la mia vita "terrena".

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