L’ipnocrazia populista
Più di dieci anni di propaganda hanno messo l’Europa in ginocchio. E’ ora di svegliarsi e di avere il coraggio di guardare la realtà in tutta la sua complessità
La narrativa sull’immigrazione è stata la strategia ipnocratica più forte degli ultimi dieci anni di politica europea, bilanciata a sinistra dalla narrativa Woke che a quella violenza rispondeva con regole di buona condotta, spesso soffocanti
Gloria Origgi
Il filosofo di Hong-Kong Jianwei Xun ha scritto un bel libro intitolato Ipnocrazia. Trump, Musk e l’architettura della realtà (2024), sostenendo che il nuovo potere americano utilizza una nuova tecnica di potere che consiste non nel controllo dei corpi o delle menti, ma nella manipolazione di stati di coscienza collettivi.
Le reti sociali in questo si sono rivelate strumenti preziosissimi per ipnotizzare le masse, facendole reagire a trend collettivi, riuscendo a fare muovere la gente come sciami di insetti, pur lasciando loro l’illusione di avere controllo sui propri pensieri e le proprie opinioni.
Il potere oggi opera direttamente, cioè in modo algoritmico, sulla coscienza, creando stati alterati permanenti attraverso la manipolazione digitale dell'attenzione e della percezione.
Difficile dunque “svegliare” le masse da questo sonno della ragione, perché ogni appello a svegliarsi si trasformerà immediatamente in un nuovo flusso di coscienza collettivo, il Wake, si trasforma in Woke, in moda, trend, frasi o memi ripetuti all’infinito, finte prese di posizioni, finte opinioni.
Vale la pena di rivedere il film premonitore del 2021, Don’t Look Up, in cui la certezza di un fatto catastrofico che sta per colpire la Terra non riesce a creare il consenso, a organizzare l’azione, ma crea un flusso di coscienza collettiva alterata, agitata e inconcludente.
L’orrendo spettacolo della brutalizzazione di Zelensky da parte di Trump e Vance nell’Oval Office venerdì scorso, che si è concluso con la risata di Trump che dice: “Questo sì che fa un bello show televisivo!” è un altro esempio di ipnocrazia all’opera.
Le origini della ipnocrazia
Ma l’ipnocrazia è più vecchia di Trump ed è una strategia resa possibile non solo dalle reti sociali, ma dai poteri autoritari che vogliono controllare, dividere, e rendere impotenti le popolazioni per comandare meglio.
La tecnica è sempre quella: rompere i confini tra realtà e illusione e rendere impossibile la separazione tra vero e falso: laddove esistono miriadi di narrazioni alternative, le nozioni di vero e falso non hanno più senso, perché ciò che è vero in una narrazione sarà falso in un’altra.
La mia impressione è che l’ipnocrazia sia stata attiva in Europa almeno dagli Anni Dieci di questo secolo, con la crescita sempre maggiore dei populismi di destra e sinistra. Il potere delle nuove tecnologie è stato reclutato rapidamente da varie forze politiche populiste (in Italia, per esempio, i Cinque Stelle con il loro teorico Casaleggio) e veri e propri ingegneri del caos (come racconta bene Giuliano da Empoli nel suo libro Gli ingegneri del caos, del 2019), da società private, come Cambridge Analytica, protagonista di un colossale scandalo esploso nel 2018, e da veri e propri businessmen dell’ipnocrazia, primo di tutti Steve Bannon che fu consulente di Trump, della Lega, dei Cinque Stelle, della Le Pen, dei promotori della Brexit e di altri ancora.
Segno dell’ipnocrazia in Europa è l’effetto copia/incolla dei programmi populisti nei diversi paesi europei, che hanno bisogni e aspirazioni molto diversi, ma che martellano tutti lo stesso messaggio.
Il cavallo di battaglia dell’ipnocrazia europea è stata l’immigrazione. L’immigrazione era un perfetto argomento ipnocratico perché la sua salienza, ossia il fatto che i cittadini effettivamente percepiscono persone provenienti da altre culture nelle loro strade, nelle scuole, nei loro spazi pubblici, rendeva la narrativa vendibile come una realtà sotto gli occhi di tutti.
Per dieci anni gli Europei invece di occuparsi di migliorare la fluidità del mercato interno europeo, di fare investimenti industriali, di aumentare le spese militari e imparare a proteggersi o di investire a fondo nella ricerca sull’intelligenza artificiale o in tutte le altre tecnologie di punta di cui abbiamo bisogno, di investire nelle energie pulite e in generale nell’ecologia, hanno ripetuto il mantra collettivo secondo il quale tutti i mali dell’Europa venivano dall’immigrazione.
Ore e ore di televisione, in Francia, in Germania, in Italia, in Polonia, in Svezia o altrove a parlare del velo delle donne musulmane, della violenza portata dagli stranieri, delle nostre identità.
Non bastava nessun dato, nessuna statistica che mostrasse che l’impatto dell’immigrazione non è il problema principale dell’Europa, che Paesi come la Spagna che hanno adottato politiche generose e intelligenti sull’immigrazione hanno avuto i migliori risultati economici del continente nel 2024 (a detta per esempio di The Economist, 10 dicembre 2024).
Travolti dall’iperrealtà
La narrativa sull’immigrazione è stata forse la strategia ipnocratica più forte degli ultimi dieci anni di politica europea, controbilanciata a sinistra dalla narrativa Woke che a quella violenza rispondeva con regole di buona condotta, spesso soffocanti, per navigare nelle società multiculturali del futuro.
Il fatto che i discorsi fossero esattamente gli stessi in Paesi come l’Ungheria, che ha pochissima immigrazione, o la Francia o l’Italia avrebbe dovuto sollevare qualche sospetto nei cittadini.
Le contraddizioni palesi di leader che predicano discorsi razzisti e sono sposati con persone provenienti dall’immigrazione, che gridano l’importanza della Nazione essendo residenti in Svizzera (come la leader dell’AfD in Germania) che urlano Dio, Patria e famiglia, senza mai avere avuto una famiglia tradizionale né essere mai entrati in una Chiesa, mostrano che i loro discorsi sono prevalentemente ipnocratici, un cocktail esplosivo di fabbricazione di realtà alternative che mette la gente in uno stato di ipnosi collettiva e fa loro esperire un’allucinazione confortata da alcune loro percezioni quotidiane.
L’Europa deve svegliarsi dall’indottrinamento populista, che sia di destra o di sinistra e che ci ha fatto perdere dieci anni di competitività sui veri problemi.
Le narrative ormai proliferano e non c’è più nessuno che possa avere la presunzione di essere capace di distinguere il vero dal falso con sicurezza.
Ma forse, qualche segno riconoscibile di tentativo di ipnosi può essere distinto dal pubblico ormai sommerso nell’iperrealtà del flusso continuo di informazioni.
Come il vecchio detective Harrison Ford nel film Blade Runner, che deve distinguere tra umanoidi replicanti e veri umani (cosa anch’essa che si rivela più difficile del previsto), forse possiamo ancora distinguere semplicemente guardando la retorica dei nostri politici, chi stia cercando di ipnotizzarci da chi stia cercando di fare vera politica.
Le frasi ripetute all’infinito (l’ “invasione” dei migranti, per esempio), l’incoerenza assoluta tra propositi e etica personale (non si può sventolare la superiorità della famiglia tradizionale se non si ha una famiglia tradizionale), la sospetta applicabilità dello stesso concetto a realtà nazionali molto diverse ed eterogenee, la contraddizione palese tra le condizioni dei Paesi europei a natalità ormai quasi azzerata e il rifiuto di accettare lavoratori stranieri, dovrebbero essere segni evidenti del fatto che un partito politico stia cercando di indottrinarci.
L’autonomia della ragione
Non so se la politica nel mondo dell’iperinformazione possa ancora esistere. La propaganda oggi è dappertutto ed è sempre più difficile distinguerla dal discorso politico legittimo.
Ma se vogliamo restare ottimisti sulla natura umana, sulla sua capacità di autonomia della ragione, il più grande messaggio filosofico dell’Illuminismo, dobbiamo sviluppare strategie ragionevoli per riconoscere chi ci sta infinocchiando.
I discorsi ripetuti fino alla nausea, accompagnati magari da musiche emozionanti, i video TikTok che incitano ad azioni sterili, come diffondere un meme sui social, le soluzioni semplici, le narrative che chiedono solo adesione e mai confronto, sono riconoscibili anche da chi non ha studiato l’economia, la geopolitica o quant’altro.
Più di dieci anni di propaganda populista hanno messo l’Europa in ginocchio. E’ ora di svegliarsi e di avere il coraggio di guardare la realtà in tutta la sua complessità.
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L’Institute for European Policymaking della Bocconi è il think tank fondato da Mario Monti con il quale collaboro, che vuole portare la ricerca accademica nel dibattito europeo.
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E se le masse al momento di scrollare il proprio smartphone trovassero messaggi differenti invece delle narrazioni menzionate nel pezzo?
È sempre il solito articolo teso a far star bene chi lo scrive e gli amici… sempre la solita narrativa scadente di denuncia. Ricordo una tesi imbarazzante da parte della stessa autrice: Kamala ha perso perché donna. Ecco: altri alibi in produzione.