L’intelligenza artificiale ci ha già superati
Invece che discutere su futuri remoti e distopici bisogna affrontare il fatto che in molti campi gli algoritmi sono meglio di noi - Il nuovo libro di Nello Cristianini
Per quanto riguarda il lavoro, la sensazione di essere superati che oggi prova il traduttore – notando che la macchina fa il suo lavoro in modo efficiente – potrà presto coinvolgere anche radiologi, programmatori informatici, medici, insegnanti e giornalisti
Nello Cristianini
In questi giorni gli sviluppi politici hanno innescato una serie di crolli sui mercati finanziari. I dazi promessi da Donald Trump fanno scendere i titoli azionari negli Stati Uniti e in Europa, la necessità di emettere nuovo debito per finanziare le spese per la difesa in grandi Paesi come la Germania fa salire i rendimenti dei titoli di Stato e dunque riduce i loro prezzi.
C’è soltanto una spinta che va in direzione contraria, che si oppone alle rovinose conseguenze delle scelte degli esseri umani: l’ascesa dell’intelligenza artificiale.
A parte la geopolitica, la variabile decisiva per spiegare l’andamento delle Borse negli ultimi due-tre anni è stata soltanto la scommessa degli investitori sulle potenzialità dell’intelligenza artificiale, sulla rapidità della sua diffusione, dunque sulle prospettive di utili per le aziende che offrono servizi basati su questa tecnologia o vendono i chip necessari ad addestrare gli algoritmi.
L’ossessione per il breve periodo, però, ci ha fatto perdere di vista una questione più generale: mentre OpenAi, Elon Musk, Anthropic e DeepSeek cercano di sviluppare una intelligenza artificiale generale, che sia simile a una mente umana, in molti compiti specifici le macchine sono già superiori a noi.
Soltanto nel 2016 è stata una notizia di rilevanza mondiale il fatto che una intelligenza artificiale di AlphaGo avesse battuto il campione umano Lee Sedol nel complesso gioco del Go, una specie di scacchi. Oggi sarebbe impossibile per un umano battere l’algoritmo, che ha continuato a evolversi.
Nello Cristianini è professore di intelligenza artificiale all’Università di Bath, in Gran Bretagna e firma di Appunti. Nei suoi libri La Scorciatoia e Machina Sapiens (entrambi editi dal Mulino) ha raccontato l’ascesa di questa nuova generazione di intelligenze artificiali. Ora pubblica Sovrumano – oltre i limiti della nostra intelligenza, sempre per il Mulino.
In quali campi l’intelligenza artificiale ha già superato le prestazioni degli esseri umani? Come si sta evolvendo?
L’essere umano si considera capace di risolvere problemi molto diversi tra loro: dal tradurre il latino al fare diagnosi mediche, fino a inventare un nuovo tipo di farmaco. La stessa intelligenza può occuparsi di compiti variati, ed è ciò che oggi si definisce “intelligenza artificiale generale”.
Per arrivare a questa ipotetica intelligenza artificiale generale, al momento si seguono due strade diverse. La prima è la cosiddetta scaling hypothesis (congettura della scala), ovvero l’idea che, aumentando le dimensioni dei modelli attuali, si accresca l’intelligenza generale della macchina.
In questa ipotesi si crede molto, tanto che le grandi aziende hanno investito miliardi di dollari, ritenendo che basti aumentare la scala, senza modificare l’architettura, per ottenere risultati significativi.
La seconda strada, esplorata da poco, riguarda il ragionamento, ossia la capacità delle macchine di formulare veri e propri ragionamenti logici. Entrambi i percorsi potrebbero funzionare, forse in combinazione. Non si tratta di opinioni o sensazioni, ma di vera ingegneria.
Come facciamo a capire se la macchina è più intelligente di noi?
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