Le spaccature dietro la vittoria
Grazie alla minaccia di Trump, in Canada il liberale Mark Carney ha vinto contro la destra di Pierre Poilievre. Ma i giovani sono conservatori, come le aree industriali del Paese. Reportage
Carney non può dimenticare che una fetta consistente di elettorato che costituisce naturalmente il futuro del Paese lo aspetta al varco con diffidenza e che un pezzo non irrilevante della Federazione lo guarda come il rappresentante di un potere centralista e rapace
Arianna Dagnino e Stefano Gulmanelli
Arianna Dagnino e Stefano Gulmanelli hanno lanciato una newsletter qui su Substack che vuole raccontare il Paese in cui vivono e lavorano da anni come giornalisti, il Canada, con un misto di reportage e analisi delle vicende politiche. Appunti ĆØ partner di questo loro progetto.ā
Carney ha vinto, Viva Carney. Lāattuale primo ministro canadese e leader dei Liberal ĆØ riuscito in quella che, solo tre mesi fa, era āMission Impossibleā, ovvero tenere i Liberal al governo per un quarto mandato consecutivo.
Per un soffio, anche se i riconteggi potrebbero cambiare la situazione, non ĆØ riuscito ad ottenere anche la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera, il che gli avrebbe permesso di non dover scendere a qualche compromesso con i progressisti del New Democratic Party (NDP) o con il Bloc QuĆ©bĆ©cois (BQ) per avere quellāappoggio esterno che gli servirĆ per guidare il paese con un governo di minoranza.
Ma la prassi parlamentare e il senso istituzionale in Canada prevedono che a un governo uscito vittorioso dalle urne non si sbarri la strada solo perchƩ non ha i numeri per fare da solo.
Alle successive elezioni, i canadesi non perdonerebbero il partito che ha fatto cadere un governo per puro capriccio o mero calcolo politico. In altre parole, chi ha vinto le elezioni ha diritto a governare, anche senza maggioranza assoluta in Parlamento.
E Mark Carney governerĆ , e potrĆ quindi dar seguito alle promesse politiche fatte in campagna elettorale, ovvero contrastare duramente le minacce che arrivano da sud del confine. Sia quelle allāeconomia nazionale ā con i dazi su auto, alluminio, acciaio e fertilizzanti ā che quelle allāautonomia stessa della nazione, con lāidea di Trump di fare del Canada il 51esimo stato dellāUnione.
Ma per quanto esistenziale, la sfida posta dagli Stati Uniti non ĆØ lāunica su cui il riconfermato Primo ministro dovrĆ concentrarsi.
I giovani vanno a destra
Carney farĆ meglio a non sottovalutare alcuni segnali inequivocabili che arrivano da queste elezioni e che sono tutti riconducibili al consenso ricevuto dai Conservative.
Erano 40 anni (dai tempi di Brian Mulroney nel 1988) che il partito conservatore non otteneva un risultato cosƬ eclatante alle urne. Nemmeno nellāepoca dāoro di Stephen Harper ā il Primo ministro conservatore rimasto al potere per dieci anni (2006 ā 2015) con tre governi consecutivi di cui lāultimo, nel 2011, di maggioranza ā il partito aveva superato la soglia del 40 per cento del voto popolare.
Sono stati infatti il sistema maggioritario e il collasso del partito più a sinistra dello spettro politico (NDP) con assorbimento dei relativi elettori a consegnare a Carney la vittoria e il diritto a governare.
Ma a dover preoccupare Carney, più che la dimensione del voto ottenuto dai conservatori (inferiore a quello Liberal di un risicato 2,5 per cento) è la sua concentrazione in una specifica fascia demografica e la sua distribuzione territoriale nella Federazione.
Iniziamo dalla prima. Anche se impossibili da validare attraverso il voto elettorale che è ovviamente anonimo, i dati più recenti sulle preferenze politiche dei canadesi suddivisi per fasce di età mostrano con chiarezza che i Conservative sono oggi il partito di riferimento dei più giovani.
Un sondaggio di Nanos Research condotto appena prima delle elezioni ha rilevato che il 49,3 per cento degli elettori tra i 18 e i 34 anni ā la cosiddetta Gen Z e i Millennials più giovani ā sostiene il partito conservatore, contro il 30 per cento che preferisce i Liberal.
à un rovesciamento rispetto agli anni precedenti, in cui gli elettori più giovani tendevano a schierarsi con i partiti progressisti.
Quello tracciato dal sondaggio ĆØ un universo a maggioranza maschile, ma con buona presenza femminile e riflette la varietĆ etnica che compone il mosaico canadese. Il motivo per cui le minacce trumpiane non sono bastate a questi elettori per orientarsi verso il candidato che oggettivamente si presenta come il meglio equipaggiato a controbatterle forse va cercato nei meandri della psicologia generazionale.
O forse lo si può più prosaicamente trovare nelle richieste di opportunità avanzate da questa fascia demografica: trovare un buon lavoro, una casa abbordabile, potersi costruire una famiglia e aspirare a un senso di stabilità .
Quelle stesse opportunitĆ che i baby boomer, accorsi in massa al richiamo di Carney, hanno avuto, colto e sfruttato chiedendo ora di vederne protetti i risultati.
Hai voglia a spiegare a questi giovani che tutto ciò cui ambiscono ĆØ ottenibile solo se vengono assicurate le premesse di una nazione indipendente, non ostaggio di un vicino prepotente, con cui risulterĆ difficile ricostruire il rapporto di fiducia che esisteva pre-Trump anche dopo che lāattuale inquilino della Casa Bianca avrĆ sloggiato.
āCombattere Trump lo volevano tutti i partiti. Il come farlo ā lo sappiamo ā ĆØ far crescere il paese,ā dice Lionel, 23 anni, studente di ingegneria alla University of Victoria, āe al riguardo, a parte qualche differenza, le ricette dei due partiti, Liberal e Conservative, non erano poi molto diverseā.
Ć nelle parole che seguono che si apprezza fino in fondo il danno fatto al brand Liberal dal decennio dei governi Trudeau, almeno agli occhi di questa fascia demografica: āE perchĆ© dovremmo fidarci più dei Liberal che dei Conservatives di Pierre Poilievre? Noi siamo cresciuti immersi nelle politiche di Trudeau, ne vediamo gli effetti sulla nostra pelle. PerchĆ© dovrei pensare che con Carney cambierebbe qualcosa? Lui magari ĆØ diverso, ma il partito ā e quelli su cui dovrĆ necessariamente far conto, soprattutto perchĆ© ĆØ nuovo alla politica ā ĆØ lo stessoā.
Un concetto ribadito da Micah, 22 anni, anche lui studente universitario, iscritto a Psicologia alla University del British Columbia, āNegli ultimi anni il costo della vita e i prezzi delle case ĆØ salito senza sosta, e con Trudeau al governo non ĆØ mai sembrato che il partito Liberale avesse intenzione di pensare al nostro futuro, creandone uno alla nostra portataā.
Quello che colpisce ĆØ che traspare in questi ragazzi quasi un rimpianto per essere stati spinti nella direzione che hanno finito per scegliere: āMolti di noi,ā prosegue Micah, āsono cresciuti con lāidea che fosse importante prendersi cura dellāambiente e difendere certi diritti umani, ma in tempi di incertezza economica come questo, sono temi che finiscono in secondo piano. La speranza era che un cambio del partito al governo potesse portare a un vero cambiamento, pur se ha valori non sempre allineati con quelli della mia generazioneā.
In altre parole, il problema ĆØ ancora una volta di credibilitĆ : āCarney sembrava quello meglio preparato per affrontare le sfide di Trump, almeno a giudicare dalle interviste. Ma non ĆØ bastato a superare la preoccupazione che lui potesse rappresentare semplicemente una continuazione di Trudeauā.
Certo, poi ci sono i coetanei di Lionel e Micah che questi dubbi li hanno messi da parte: āA prima vista, le politiche di Poilievre, focalizzate sul dare prioritĆ al Canada e investire sulle nostre infrastrutture, sembrano unāottima piattaformaā, dice Ross, 22 anni, laureando in Economia alla University of British Columbia.
āMa in questo momento, con le pressioni che ci vengono dagli Stati Uniti, rischia di essere velleitaria. E altre cose che propone ā il taglio a servizi sociali e sanitĆ ā sono per me inaccettabili. Carney appare un leader pragmatico e stabile, con le competenze necessarie per guidare il Canada in questa fase di incertezza.ā
Ma la sua frase conclusiva introduce una sfumatura inaspettata alle sue parole: āĆ ironico, ma per certi versi, oggi Carney rappresenta la scelta più āconservatriceāā.
La spaccatura territoriale
Spostando lo sguardo sulla distribuzione territoriale del voto, ĆØ vero che i liberal si confermano forza dominante in Ontario, la locomotiva economica del paese, portando a casa il 60 per cento dei seggi disponibili e infliggendo una simbolica umiliazione a Poilievre, che perde il suo seggio di Ottawa.
Ma nellāAlberta, la provincia che per le sue risorse minerarie e petrolifere ĆØ un attore decisivo dellāeconomia del Paese, i Conservative dilagano, conquistando lā85 per cento dei seggi.
Il muro blu (il colore dei conservatori) si estende al vicino Saskatchewan, nella cui parte meridionale ā dove vivono i farmer delle Prairies che, assieme a quelli del Manitoba, rendono il Canada una sorta di granaio del mondo ā ci sono solo seggi conservatori.
LāAlberta peraltro ha giĆ una sua storia di contrasti con il governo federale perchĆ© si sente penalizzata a favore delle altre province; non potrebbe ricordarlo meglio Brian Gould, CEO di Aspen Leaf Energy, unāazienda di fracking che opera nello storico campo petrolifero di Leduc: āNon credo che riceviamo un trattamento equo: tra di noi c'ĆØ un senso diffuso di amarezza. Tutto ciò che riusciamo a guadagnare in più finisce per essere risucchiato altrove. Ć come se dessimo da mangiare alla mucca qui, ma il latte andasse tutto a estā.
Se in queste parole qualche over-50 italiano sentisse lāeco delle lamentele portate avanti dalla Lega della prima ora, quella secessionista di Bossi, coglierebbe nel segno. Non a caso, lāAlberta ha il premier più trumpiano del Canada, Danielle Smith, che non ha mai esplicitamente parlato di separazione dal Canada ma ha introdotto una legislazione ā chiamata "Legge sulla sovranitĆ dell'Alberta all'interno di un Canada unito" ā che consente alla provincia di rifiutare lāapplicazione di leggi o politiche federali ritenute dannose per gli interessi dellāAlberta.
Tutto questo mentre una ricerca che risale a poco più di un mese fa certificava che un quinto dei residenti di Alberta e Saskatchewan sarebbero favorevoli a una separazione dalla Federazione o, in subordine, allāunione con gli Stati Uniti.
Uno scenario che un Primo ministro di uno Stato che già deve gestire la peculiarità del francofono Québec e, occasionalmente, i suoi rigurgiti autonomistici, non può permettersi di guardare con leggerezza.
Combattere, proteggere, costruire
Ć ovvio che adesso la prima preoccupazione di Carney ĆØ ā e non potrebbe essere altrimenti ā dar seguito al suo motto elettorale: āFight, Protect, Buildā - Combattere Trump, Proteggere i canadesi, Costruire un Canada solido e autonomo dagli Stati Uniti.
Ma nel far ciò sarà opportuno che non dimentichi che una fetta consistente di elettorato che costituisce naturalmente il futuro del Paese lo aspetta al varco con diffidenza e che un pezzo non irrilevante della Federazione lo guarda come il rappresentante di un potere centralista e rapace.
E farebbe anche bene a ricordarsi che una porzione significativa di quanti lo hanno votato lo ha fatto imponendosi di dimenticare il decennio appena trascorso ed ĆØ andata alle urne in guisa montanelliana, āturandosi il nasoā. Unāaltra delusione targata Liberal e la vittoria a valanga dei Conservatives sarebbe ineluttabile. Lāunico dubbio riguarderebbe il tipo di conservatori che andrebbe al potere. Non ĆØ detto che sarebbe quello tutto sommato potabile dellāattuale Poilievre.
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