Le ragioni di uno sciopero
Oggi la protesta di Cgil e Uil per una legge di Bilancio che lascia i lavoratori esposti alle conseguenze dell'inflazione e di una politica che aumenta le disuguaglianze
Giorgia Meloni ha tagliato tutto il tagliabile per trovare le risorse necessarie a dare un piccolo aiuto ai lavoratori dipendenti mentre realizzava una riforma fiscale in puro stile destra
Praticamente ogni venerdì c’è uno sciopero, ce ne siamo accorti tutti. E adesso arriva lo sciopero generale, proclamato da Cgil e Uil, mentre la Cisl non aderisce, secondo uno schema che ormai è consolidato e vede due sindacati più radicali nelle proteste e il terzo più dialogante con il governo.
Il ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha fatto di tutto per trasformare lo sciopero generale in una questione tutta politica, e ha ottenuto dal Garante per gli scioperi la riduzione dello sciopero da otto a quattro ore, per ridurre i disagi e dunque l’impatto della protesta.
Secondo Salvini, il segretario generale della Cgil Maurizio Landini è mosso da ambizioni politiche, porta in piazza i lavoratori che rappresenta per protestare contro una legge di Bilancio che ancora non ha neppure letto e lo fa per ostilità verso il governo Meloni.
Il quotidiano La Verità riassume così le dichiarazioni fatte da Salvini in un'intervista: “Landini scala la sinistra sulla nostra pelle”.
Nell’intervista Salvini parla un po’ di tutto, di canone Rai, politica industriale, auto elettriche. Ma non di salari. E invece è questa la questione strutturale che sta dietro lo sciopero generale: l’inflazione degli ultimi due-tre anni ha compromesso in modo impossibile da ignorare una situazione già critica.
Perché i salari italiani erano stagnanti da anni, per molte ragioni tra le quali la struttura di una economia che è sbilanciata verso settori a bassa produttività, e se non cresce la produttività non crescono i salari. Poi è arrivata l’inflazione, che ha eroso il potere d’acquisto di quei salari stagnanti.
Adesso i rinnovi dei contratti collettivi nazionali devono prima di tutto cercare di recuperare quella erosione, cioè ottenere aumenti nominali (in euro) dei salari soltanto per consentire ai lavoratori di acquistare le stesse quantità di beni e servizi che riuscivano ad acquistare prima dell’aumento dei prezzi. I tempi lunghi di questo processo comportano comunque che ci sia una perdita pesante per molti.
Le ragioni della sofferenza
La Fondazione Di Vittorio, che è un po’ il centro di ricerca della Cgil, nei giorni scorsi ha presentato alcuni numeri che spiegano bene il malessere diffuso.
Lo studio confronta l’andamento reale delle retribuzioni contrattuali negli ultimi tre anni con quello ipotetico che avrebbero avuto se si fossero adeguate pienamente all’inflazione: la differenza su tre anni è di 8078 euro.
Vuol dire che i lavoratori hanno perso oltre 8000 euro in tre anni per effetto dell’inflazione, che scendono a 5.300 per i 14 milioni che hanno beneficiato di uno sgravio sui contributi deciso dagli ultimi due governi, Draghi e Meloni, in quel periodo, cioè tra 2021 e 2024.
Continua a leggere con una prova gratuita di 7 giorni
Iscriviti a Appunti - di Stefano Feltri per continuare a leggere questo post e ottenere 7 giorni di accesso gratuito agli archivi completi dei post.